28 ottobre 2010 00:00

Più di tre mesi fa, quando Guillermo Fariñas ha bevuto il primo bicchiere d’acqua dopo 134 giorni senza toccare alimenti solidi né liquidi, molti hanno pensato che i momenti più critici fossero finiti. Alcune settimane dopo, però, è stato operato alla cistifellea.

Il dramma di Fariñas (che gli amici hanno ribattezzato Coco), il suo dolore fisico e il pericolo per la sua salute non sono ancora superati. Ma la causa che l’ha spinto a questo lungo sacrificio – la scarcerazione di 52 detenuti della primavera nera del 2003 – ha trovato una soluzione. Questo esile abitante di Santa Clara è stato sul punto di morire per le persone che sono in carcere e per quelle che potrebbero finirci.

Ha chiuso il suo stomaco al cibo, perché in un paese che punisce la protesta civile, il corpo è l’unico terreno di protesta che ci è rimasto. Fariñas ha lottato e ha vinto attraverso il suo organismo debilitato da diversi scioperi della fame. Tra i dolori postoperatori e le attenzioni dei suoi parenti, questa settimana il dissidente cubano ha ricevuto il premio Sakharov dal parlamento europeo. A 48 anni, dopo aver passato diverso tempo come soldato nella guerra di Angola, Fariñas ha ricevuto il premio con la stessa umiltà con cui un giorno si è rifiutato di mangiare.

“Lo rifarei”, mi ha detto per telefono dopo aver saputo la notizia. Lo immagino un’altra volta nel letto di un ospedale rifiutandosi di mangiare e sono convinta che, se non saranno aperte tutte le celle, lo farà davvero. C’è di più: so che vincerà anche questa volta.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 870, 29 ottobre 2010*

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