10 novembre 2017 17:11

Dopo le vittorie dell’esercito iracheno a Mosul e a Kirkuk è salita la tensione tra l’attuale primo ministro Haider al Abadi e il suo predecessore, Nuri al Maliki. L’8 novembre i soldati dell’esercito siriano, affiancati dai combattenti di Hezbollah, si sono incontrati con quelli dell’esercito iracheno e le milizie sciite Hashd al shaabi sul confine tra i due paesi, dopo aver sconfitto il gruppo Stato islamico nella loro ultima enclave, Abu Kamal.

Nonostante i successi militari, per la prima volta nei suoi incontri con la stampa settimanali Al Abadi sembrava arrabbiato, in particolare con Al Maliki. “Dopo la nostra vittoria a Mosul sembra scontento”, ha detto Al Abadi del suo predecessore, “come se avesse subìto una sua sconfitta personale”. I due politici sono arabi sciiti, della stessa coalizione e dello stesso partito, Al Dawa, ma sono arcinemici. La tensione tra i due è salita in vista delle prossime elezioni, previste per il 12 aprile 2018.

La popolarità di Al Abadi è cresciuta negli ultimi tempi grazie alla vittoria di Mosul e al modo in cui ha gestito la questione del referendum nel Kurdistan iracheno. Il premier ha detto che le elezioni non sono ancora una priorità, ma in realtà lo sono già. Ha promesso di aprire un’inchiesta per trovare i responsabili della disfatta dell’esercito iracheno di fronte all’avanzata jihadista a Mosul nel 2014. E Al Maliki è il primo della lista.

Scandali pericolosi
Davanti a una folla di pellegrini nella città santa sciita di Najaf ha inoltre promesso che lancerà una dura battaglia alla corruzione non appena sarà finita la lotta al terrorismo. E sembra che lo farà davvero: in parlamento si discute già degli ultimi due grandi scandali di corruzioni che hanno coinvolto il ministero della difesa e quello dell’interno. Molti dei contratti messi in discussione sono stati firmati negli otto anni in cui Al Maliki era primo ministro.

Dall’altra parte, Al Maliki è ancora molto potente e ha molti sostenitori in parlamento. Dal punto di vista militare è appoggiato dalle principali milizie filoiraniane.

La lotta tra i due non è solo una questione personale, ma s’iscrive nello scontro tra l’Iran e gli Stati Uniti, da una parte, e quello tra l’Iran e l’Arabia Saudita, dall’altra. Al Abadi sa che non può ignorare l’influenza iraniana in Iraq, e ha scelto Teheran come ultima tappa di un suo viaggio nella regione, dopo l’Arabia Saudita, la Turchia e la Giordania.

Le elezioni sono ancora lontane, ma la pressione interna sta salendo di pari passo con le turbolenze regionali.

(Traduzione di Francesca Sibani)

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