27 gennaio 2016 17:53

La fotografia ha sempre sollevato interrogativi sul suo valore di testimonianza e documentazione. E fin dalla sua invenzione si riflette sull’oggettività e l’autenticità del suo linguaggio.

Se la fotografia giornalistica e quella documentaria trovano uno spazio di discussione all’interno di esposizioni e pubblicazioni a livello internazionale, la fotografia giudiziaria difficilmente esce dagli archivi dei tribunali o da altri luoghi legati a questioni giuridiche o militari.

La mostra Sulla scena del crimine. La prova dell’immagine dalla Sindone ai droni, ospitata da Camera Centro italiano per la fotografia di Torino, propone una riflessione sulle condizioni in cui una foto passa da una prospettiva soggettiva allo status di prova e, quindi, raggiunge un’oggettività assoluta. Grazie alle immagini legate a undici casi giudiziari, dal 1900 ai nostri giorni, racconta il ruolo fondamentale che le fotografie hanno assunto in alcuni dei più grandi processi della storia.

“A partire dal 1880 le fotografie hanno cominciato a essere usate come prove durante i processi”, racconta Jennifer Mnookin, una delle curatrici del progetto. Le immagini di questo tipo “non devono mostrare né il punto di vista del fotografo né alcuna empatia”, spiega la giornalista francese Alice Agrain.

Tra i casi esposti ci sono quelli di Alphonse Bertillon, il criminologo francese che ha inventato il metodo delle foto segnaletiche dei criminali.

Accanto a lui, il suo discepolo, Rodolphe A. Reiss, che ha introdotto la maniera di fotografare la scena del crimine da un piano più largo a uno sempre più stretto, ancora oggi usato dalla polizia scientifica.

E poi, Clyde Snow, l’antropologo statunitense che ha svolto un ruolo fondamentale per il processo d’identificazione dello scheletro di Josef Mengele, il medico che faceva esperimenti di eugenetica sui prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz.

Infine Eyal Weizman e la sua organizzazione Forensic architecture occupano un ruolo centrale nella mostra, nella parte dedicata ai fatti più recenti. Il suo lavoro di decrittaggio di un video di 22 secondi, girato con un drone, ha provato la veridicità di un attacco contro dei civili, mostrando come oggi la fotografia giudiziaria sia spesso sostituita da altre tecnologie che mettono insieme la potenza visiva, una migliore precisione e una maggiore oggettività.

La mostra a Torino sarà aperta fino al 1 maggio 2016.

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