07 aprile 2016 17:57

Lo spazio ex Enel di Piacenza ospita una mostra antologica su Gianni Croce (1896-1981), fotografo che negli anni dell’avanguardia futurista e dell’ascesa del fascismo è stato un innovatore del linguaggio fotografico e un narratore del novecento piacentino.

Originario di Lodi, Croce arriva a Piacenza nel 1921. Apre uno studio nel centro storico della città, in corso Vittorio Emanuele, dove lavora fino agli anni sessanta. Nonostante le sue immagini raccontino la storia dei luoghi in cui ha vissuto, il fotografo non è stato mai interessato al realismo: la sua attenzione era catturata dalle sperimentazioni italiane ed europee.

Tra le sette sezioni in cui è suddivisa la mostra, l’architettura è l’argomento con cui Croce mette alla prova il gusto per la sperimentazione. I principali edifici costruiti a Piacenza tra le due guerre (il liceo Gioia di Mario Bacciocchi, il liceo scientifico di Luigi Moretti e la galleria Ricci Oddi) sono ripresi nei loro dettagli che suggeriscono al fotografo impressioni, giochi visivi e astrazioni dalla realtà.

Nei ritratti invece Croce alterna storie e personaggi di provincia, poveri e aristocratici, sempre aderenti al loro ruolo sociale. Anche nei ritratti il fotografo non cerca la realtà ma vede questi soggetti come se fossero testimoni di un’epoca idilliaca dove la bellezza è l’elemento più importante.

Nella mostra (aperta dal 9 aprile al 29 maggio) trovano spazio anche la serie Sabato fascista, sugli eventi che si svolgevano ogni sabato durante il ventennio, e Città invisibile, dove Croce si sofferma su scorci paesaggistici privi di esseri umani per concentrarsi su luci e ombre. Alla ripresa economica degli anni cinquanta e sessanta è dedicata la serie Minimi sguardi.

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