Metti una sera a cena i Verdena, i Dirty Projectors e un archeologo spaziale, in un tempo e in un luogo non meglio precisati, e probabilmente direbbero che l’ultimo album che stanno ascoltando è Next big niente dei Bud Spencer Blues Explosion, album sperimentale che Cesare Petulicchio e Adriano Viterbini hanno pubblicato dopo cinque anni di meditazioni sonore. In questa cena, l’archeologo spaziale deve recuperare manufatti che gli dicano qualcosa su come una tradizione musicale discesa dal blues, che si è sciolta nella psichedelia e poi confusa con l’elettronica, a un certo punto abbia deciso di compiere uno scarto, affidandosi a tanti glitch o piccoli infarti del suono per tentare qualcosa di alternativo.

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Non ha senso parlare di novità, che ormai si riferisce solo a una condizione produttiva, a una cosa appena fatta e non alla nascita di una possibilità inedita. Questa è proprio alternativa, è la scelta di scartare una strada per prenderne un’altra, in assetto parallelo rispetto a certe aspettative. Il tentativo di scarto dei Bud Spencer Blues Explosion ha dei meriti fisici, oltre che cerebrali: le dieci tracce di Next big niente si appropriano dell’attenzione e anche del bisogno di perdersi nel movimento da parte di chi ascolta. E sono avvantaggiati anche da un camuffamento delle parole, il loro contributo alla rarefazione della lingua che attraversa la musica italiana (questo vale per la trap quanto per il pop sperimentale). Sinuoso, mosso e straordinariamente leggero nonostante l’esperienza di chi suona, Next big niente riesce a trascendere la banale gravità del presente. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati