Chi se lo ricorda, dalla scuola, il duello tra il prode Orlando, armato di spada, e il re Cimosco, dotato di ferro cavo e fuoco, vale a dire di archibugio ( L’Orlando furioso , canto IX)? Il cinema ha provato a rifarlo in un paio di capolavori, ma la velocità verbale con cui il paladino piomba sul re fellone, mozzandogli la testa malgrado si faccia forte di un’arma nuova, è incomparabile. Orlando, subito dopo la vittoria, va saggiamente a gettare l’archibugio nel profondo del mare, al fine di cancellare dal mondo le armi da fuoco – robaccia per vili che ammazzano a distanza – e contenere la ferocia degli uomini dentro l’arte dell’uccisione da vicino, con le durlindane. Ma il tempo passa, e con il tempo i poemi, i romanzi, i film, tanto massacro, tanta distruzione. Accendiamo la tv e finiamo dentro la serie televisiva Vigil . Qui ci ricordiamo che, finita in fondo al mare, l’arma maldetta di Cimosco – un ferro che spara palle – è diventata un sottomarino caricato a missili nucleari. Orlando s’era illuso. Il re codardo ha stravinto, ora ha al suo servizio ferrobugi pronti per l’attacco atomico o il contrattacco. Nell’attesa però, in modo arretrato, con le vecchie armi della tradizione, si seguita a uccidere marcando confini di comodo tra imperi e religioni, rivendicando la proprietà su risorse che invece sono di ogni essere umano, innanzitutto dei deboli e gli inermi.

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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero | Abbonati