L’intelligenza del mondo non è cosa da prendere alla leggera. È necessario trascegliere nella ressa dei fatti, comporre un coerente quadro d’insieme, saperlo leggere evitando di prendere fischi per fiaschi. Il mondo, si sa, è sempre più immondo e basta un erroruccio di decifrazione perché dalle sue fogne dilaghino vecchi e nuovi liquami. Di qui la tradizionale presenza, di lato ai governanti, di oracoli, teste d’uovo, reti di computer stupefacenti. Sbagliare nella lettura, oggi più che mai, con gli odi che si sono accumulati, con i pregiudizi che si fanno beffe dei giudizi, con la potenza distruttiva che c’è negli arsenali, è pericolosissimo. Segnala che lì dove si comanda, malgrado il dispiego di tecniche della preveggenza, si è spesso più ciechi, a est come a ovest, di chi non vuole obbedire e protesta. Biden, è noto, ha ammesso che gli Stati Uniti, dopo l’11 settembre, si sono mossi con sguardo appannato. Bene, ma attenzione. Ne deriva che non solo gli strateghi americani, ma quelli dei paesi satelliti, i coltissimi fabbricanti di opinione pubblica, tutto l’occidente che conta ha sbagliato e governa nell’errore sommando i propri disastri a quelli d’oriente. Con una frase un po’ vaga, insomma, Biden ci ha messo di fronte agli orrori di una pessima, opportunistica intelligenza del mondo. Meglio pensare alla solita gaffe di un vecchietto malconcio in campagna elettorale?

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Questo articolo è uscito sul numero 1536 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati