12 giugno 2016 16:10

Il 12 giugno 50 persone sono state uccise e 53 sono rimaste ferite in una sparatoria in una discoteca gay di Orlando, in Florida. È la strage con più vittime della storia degli Stati Uniti, ha detto il presidente Barack Obama in un messaggio alla nazione.

L’attentato è stato rivendicato dal gruppo Stato islamico sulla radio Al Bayan, il network ufficiale del gruppo. “Uno dei soldati del califfato in America è riuscito a entrare in raduno dei crociati in un locale notturno per omosessuali a Orlando, in Florida, dove ha ucciso e ferito più di cento di loro prima di essere ucciso”, ha dichiarato il gruppo. Ma non è chiaro se lo Stato islamico abbia organizzato l’attacco o se se ne stia semplicemente attribuendo il merito.

La polizia federale statunitense (Fbi) ha aperto un’indagine per terrorismo, ma non ha specificato se interno o internazionale. Il movente della strage è ancora sconosciuto. Non ci sono prove però che l’attentatore di Orlando fosse in contatto con terroristi oltreoceano.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Cos’è successo

  • L’attacco è cominciato verso le 2 del mattino (le 8, in Italia), quando un uomo armato di fucile d’assalto è entrato al Pulse, un locale gay lungo la Orange avenue. Nella discoteca era in corso una serata di musica latina. In quel momento nel locale c’erano circa trecento persone. Secondo la polizia, l’uomo aveva addosso un dispositivo che poteva essere un esplosivo.
  • C’è stata una sparatoria con l’agente in servizio nei pressi dell’ingresso del club. Alcuni dei presenti sono riusciti a scappare. I gestori del Pulse hanno scritto su Facebook di correre via dall’edificio. L’attentatore è riuscito a impedire che alcune persone uscissero e si è barricato all’interno con gli ostaggi.
  • La polizia e le forze speciali hanno circondato e isolato la zona. Dopo circa tre ore, alle 5 del mattino, mentre da dentro arrivavano messaggi e telefonate disperate degli ostaggi, hanno deciso di fare irruzione.
  • Le teste di cuoio (gli Swat) hanno avuto uno scontro a fuoco con il sospetto attentatore, che è stato ucciso. La polizia ha dichiarato che c’è stata anche “un’esplosione controllata”.
  • Quando l’intervento degli Swat si è concluso, nel locale erano rimasti a terra i corpi di varie persone: all’inizio la polizia ha detto che erano “circa venti”, poi ha alzato il bilancio a cinquanta. Non è chiaro se e quante siano state uccise nell’assalto della polizia.
La polizia ha isolato la zona attorno al Pulse, lungo la Orange Avenue di Orlando, in Florida, 12 giugno 2016. (Kevin Kolczynski, Reuters/Contrasto)

Chi era l’attentatore

  • L’aggressore era Omar Mateen, un cittadino statunitense di 29 anni di origine afgana nato a Fort Pierce, una città nella contea di St. Lucie a due ore di macchina da Orlando.
  • Mateen era noto all’Fbi già dal 2013, quando era stato interrogato perché aveva dichiarato ad alcuni colleghi di avere dei legami con il gruppo Stato islamico. L’inchiesta era stata chiusa dopo che l’Fbi aveva scoperto che questi legami non esistevano. Mateen era stato interrogato altre due volte nel 2014, perché sospettato di aver avuto contatti con Moner Mohammad Abu-Salha, uno statunitense responsabile di un attentato suicida in Siria.
  • Secondo l’Fbi, Mateen aveva “delle inclinazioni” verso il radicalismo islamico. Poco prima dell’attacco al Pulse, il 29enne ha fatto una telefonata al 911, rivendicando la sua militanza nello Stato islamico.
  • Stando a diverse testimonianze raccolte dai mezzi d’informazione statunitensi, Omar Mateen in passato aveva dato segni di squilibrio. Il padre, Seddique Mateen, ha dichiarato che il figlio aveva “l’odio nel cuore” e che recentemente era andato in escandescenze dopo aver visto due gay baciarsi per strada a Miami. Un suo ex collega, intervistato dalla Nbc, ha dichiarato che era razzista, bellicoso e “tossico”.
  • Dopo la sparatoria l’ex moglie di Mateen, Sitora Yusufiy, ha parlato con i giornalisti in Colorado, rivelando che l’uomo era violento e “bipolare”. Yusufi ha dichiarato di aver subìto violenze domestiche e di essere stata tenuta lontana dalla sua famiglia d’origine con la forza.

La polemica sulle armi

  • Negli Stati Uniti da tempo è in corso un dibattito sull’eccessiva proliferazione delle armi da fuoco. Lo stesso presidente Obama, nel suo intervento dopo l’attentato, ha ribadito la necessità di regolamentare la vendita delle armi nel paese.


  • Uno degli aspetti a sollevare più polemiche è stato il fatto che Mateen è riuscito a comprare il fucile nonostante l’Fbi avesse fatto degli accertamenti su di lui per possibili legami con gruppi terroristici.
  • Il commissario di New York, Bill Bratton, ha criticato la National rifle association, la potente lobby statunitense delle armi, che nei mesi scorsi ha fatto campagna per permettere anche nelle persone presenti nelle no fly list del governo statunitense di comprare armi.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it