04 agosto 2016 11:24

Potreste chiamarmi l’eterno campione olimpico, sempre in cerca di un nuovo record da battere. Solo che per me non si tratta correre dietro agli atleti, ma solo di fotografarli.

Il mio lavoro consiste nel trovare mezzi innovativi per scattare foto spettacolari dei principali eventi sportivi come le Olimpiadi. Sono circa 15 anni che faccio questo lavoro, che mi ha permesso di mettere per la prima volta una macchina fotografica dietro il palo di una porta di calcio o di programmare una rete di apparecchi robotizzati per cogliere l’azione in luoghi dove i fotografi non erano mai andati prima.

E per i Giochi olimpici di Rio avremo qualche bella sorpresa.

Le foto che scattiamo oggi in occasione di eventi sportivi come le Olimpiadi sono semplicemente stupefacenti se paragonate a quelle che scattavamo vent’anni fa.
Prendiamo per esempio il nuoto: una volta i fotografi osservavano le azioni solo dall’alto della piscina.

L’allenamento del nuotatore giapponese Kosuke Hagino per le Olimpiadi di Rio, il 2 maggio 2016. (Toshifumi Kitamura, Afp)

Oggi possono guardarle anche da sotto.

La gara dei 200 metri stile libero maschili ai Campionati mondiali di nuoto di Kazan, in Russia, il 4 agosto 2015. (François-Xavier Marit, Afp)

Ci sono poi il calcio e l’hockey. In passato si vedevano i goal allo stesso modo degli spettatori, dalle gradinate oppure dal campo di gioco.

Una partita della Uefa champions league a Mönchengladbach, in Germania, il 25 novembre 2015. (Patrick Stollarz, Afp)

Adesso invece è possibile vedere il goal nel momento stesso in cui il pallone entra in rete.

La semifinale di calcio alle Olimpiadi di Londra, il 7 agosto 2012. (Luis Acosta, Afp)

Ma per rendere possibile tutto questo sono stati necessari dei progressi tecnologici. In passato noi fotografi avevamo a disposizione solo noi stessi e le macchine fotografiche. Oggi abbiamo macchine robotizzate che ci permettono di raggiungere posti che prima erano inaccessibili per un fotografo. La macchina può stare in fondo alla piscina o essere attaccata a un braccio metallico che permette di cogliere l’azione sia da sotto che da sopra.

A Rio de Janeiro le macchine saranno posizionate sopra i ring di pugilato, i tatami di judo, le pedane di scherma e i tavoli da ping pong, per scattare foto originali e innovative.

Ma la tecnologia è solo una parte di questo progresso; altrettanto importanti sono la creatività, il duro lavoro e un’enorme preparazione.

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In questa rivoluzione, l’Afp è da anni all’avanguardia. Abbiamo cominciato nel 2002 installando delle macchine fotografiche dietro i pali in occasione dei mondiali in Giappone e in Corea del Sud. Siamo stati i primi a farlo.

Oggi avere una macchina dietro la porta è ormai indispensabile.

Due anni dopo, alle Olimpiadi di Atene, siamo stati i primi ad avere una macchina fotografica stagna nella piscina.

Nel 2016 avete probabilmente già visto molte foto subacquee di nuotatori o tuffatori, per gli standard di oggi è una cosa normale. Dodici anni fa, invece, era qualcosa di rivoluzionario.

Una gara di nuoto sincronizzato ai Campionati mondiali di nuoto di Kazan, in Russia, il 1 agosto 2015. (François-Xavier Marit, Afp)

All’epoca si trattava di una macchina comandata a distanza. In altre parole, si metteva una macchina fotografica in un contenitore stagno in fondo alla piscina con tutte le regolazioni – diaframma, Iso, tempi di scatto – già predisposte.

Quando il nuotatore passava sopra la macchina il fotografo schiacciava un pulsante per scattare qualche foto, circa cinque al secondo. Ma erano fatte alla cieca e non era possibile nessuna regolazione.

Oggi una cosa del genere sembra appartenere all’età della pietra. Ormai il sistema di scatto robotizzato ci permette di seguire l’azione, di cambiare le regolazioni e di fare anche dodici scatti al secondo.

Un’atleta giapponese durante le gara dei 200 metri femminili ai Campionati mondiali di nuoto di Kazan, in Russia, il 6 agosto 2015. (François-Xavier Marit, Afp)

Invece di avere un fotografo che orienta la macchina fotografica in funzione dell’azione, abbiamo un fotografo seduto davanti a una consolle degna di un aereo, che pilota uno strumento distante diverse centinaia di metri. Possiamo essere seduti in una tribuna stampa o in un campo da gioco, e scattare le foto dell’incontro di ping pong che si sta svolgendo nell’edificio accanto attraverso la macchina automatizzata.

I comandi di una macchina Mark Roberts motion control. (François-Xavier Marit, Afp)

Abbiamo cominciato a fare largo uso della robotica in occasione delle Olimpiadi di Londra nel 2012. Prima che i Giochi cominciassero, avevamo cercato di ottenere l’autorizzazione a mettere dei fotografi sul tetto degli stadi e dei palazzetti, ma gli organizzatori ci avevano detto che non era possibile. Inoltre, molte sale non fornivano delle postazioni accessibili. Così l’unica soluzione era quella di utilizzare un sistema robotizzato.

Oggi lavoriamo soprattutto con Nikon e con la Mark Roberts motion control, che producono quasi il 90 per cento dei robot per questo genere di applicazioni.

A Rio apparecchi robotizzati o telecomandati saranno utilizzati in quasi tutte le discipline, dall’atletica alla pallamano. Noi avremo circa venti macchine fotografiche robotizzate, incluse tre macchine sottomarine nelle piscine, e circa trenta macchine telecomandate.

Queste innovazioni ci hanno permesso di conoscere gli sport sotto una prospettiva molto diversa, e quindi di scattare foto particolarmente emozionanti.

La tecnologia non si ferma mai. In queste Olimpiadi stiamo lavorando su diverse cose che preferiamo non rivelarvi adesso.

Oggi i robot sono più facili da usare e più semplici da prendere in mano. A Londra eravamo solo in due a utilizzarli. A Rio avremo tre persone che si occuperanno esclusivamente delle macchine robotizzate e, se necessario, gli altri fotografi potranno dare una mano.

Per anni in questo campo siamo stati dei pionieri. Fino a Londra avevamo l’esclusività della robotica per le foto sottomarine. Poi ci hanno raggiunto anche gli altri.

A dire il vero mi fa molto arrabbiare fare tanti sforzi in questo campo e non poterne avere l’esclusività. Ma la nostra realtà è questa: puoi avere un’idea geniale, metterla in pratica e poi vederla usare dagli altri. Bisogna quindi dare sempre il massimo, continuare a riflettere ed essere sempre più creativi per fare qualcosa di diverso. Come gli sport di cui ci occupiamo, anche noi dobbiamo continuare a evolvere, a migliorarci. Così cerco sempre di proporre qualcosa di diverso, una prospettiva particolare, qualcosa che permetta di distinguerci dagli altri.

Ovviamente non usiamo questa tecnologia solo nello sport. Quest’anno, per esempio, abbiamo montato una macchina fotografica robotizzata sopra il tappeto rosso di Cannes e Antonin Thuiller, il fotografo che la comandava, ha potuto fare un lavoro incredibile. La macchina scattava le foto delle star un attimo prima di salire i gradini, dopo aver posato per gli altri fotografi. Si tratta di un momento particolare, in cui sono sole, un po’ più rilassate, e questo ci ha permesso di ottenere degli scatti veramente belli.

Occuparsi delle Olimpiadi implica dei preparativi enormi. Sono arrivato a Rio circa tre settimane prima dell’inizio delle gare, per organizzare e preparare tutte le strutture. Per eventi come questo, sono necessari mesi di preparazione.

Il fotografo francese François-Xavier Marit installa una macchina fotografica subacquea sul fondo della piscina durante le Olimpiadi di Pechino, il 14 agosto 2008.

(Martin Bureau, Afp)

Funziona in questo modo: diverse settimane prima delle manifestazioni sportive tutte le grandi agenzie fanno una riunione con gli organizzatori, presentiamo loro le nostre richieste e loro ci dicono quello che è possibile. Si tratta di una grande riunione con tutti gli interessati. Poi cerchiamo di ottenere degli incontri privati con gli organizzatori, per chiedergli delle postazioni o dei punti di vista particolari che non vogliamo far conoscere ai nostri concorrenti, per ottenere qualcosa di creativo. E alla fine, con quello che abbiamo a disposizione, cerchiamo di fare il nostro meglio.

Nel nostro settore alcuni sono contrari ai robot perché dicono che finiscono per sostituire i fotografi, per togliere l’elemento umano, l’aspetto creativo della fotografia. Ma non è vero.

Le macchine fotografiche robotizzate sono semplicemente un’estensione del fotografo. Con la tecnologia di oggi il fotografo pilota il robot ma continua a fare le regolazioni che ha sempre fatto– tempo di posa, diaframma, inquadratura. E, ovviamente, è lui a decidere la tempistica, il momento dello scatto. Le macchine fotografiche di oggi fanno tra le dodici e le quattordici foto al secondo, ma come vi dirà qualunque fotografo professionista, la qualità sta tutta nel sapere cogliere l’attimo, è qui l’esperienza è fondamentale.

Per questo l’occhio del fotografo professionista continuerà a essere fondamentale. I robot non sono concorrenti dei fotografi, ma solo un nuovo strumento, come un nuovo obiettivo o una nuova macchina. Stiamo rivoluzionando la fotografia, ma anche con queste innovazioni i fondamentali non sono cambiati: calcolo, anticipazione, momento giusto e soprattutto sorprese.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Questo articolo è stato pubblicato sul blog Making-of dell’Agence France-Presse. Nel blog, giornalisti e fotoreporter raccontano il loro lavoro.

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