10 giugno 2015 18:21

L’aggressione a una ragazza di quindici anni da parte di un agente di polizia di McKinney, in Texas, ha provocato indignazione e proteste, come era già successo negli ultimi mesi dopo altri abusi commessi dalla polizia contro gli afroamericani. La stampa statunitense spiega che dietro l’assurda incursione degli agenti durante una festa in piscina a McKinney ci sono dinamiche razziali – passate e presenti – molto simili a quelle affrontate dalla maggioranza delle città del sud degli Stati Uniti. Una storia fatta di tentativi di integrazione imposti dall’alto (soprattutto dai tribunali) che sono stati sistematicamente vanificati dalla resistenza delle amministrazioni locali e dalle pratiche immobiliari che hanno di fatto imposto una nuova segregazione.

The Atlantic spiega che McKinney è una delle città con il più alto tasso di crescita economica degli Stati Uniti, e i suoi cittadini appartengono a etnie e comunità molto diverse. La segregazione dovrebbe essere un fatto del passato, ma in realtà persiste.
Nel 2009 l’amministrazione comunale è stata costretta ad accettare un accordo in tribunale dopo essere stata accusata di aver impedito di la costruzione di case popolari in alcune zone della città sulla base di pregiudizi razziali. Dal processo è emerso che nella città esiste una rigida separazione tra le varie comunità. “McKinney è tagliata in due dall’autostrada 75, che crea una divisione geografica che riflette in parte anche la distribuzione demografica: a est dell’autostrada il 49 per centro della popolazione è composta da bianchi, mentre a ovest i bianchi sono l’86 per cento”.

Il video della Reuters.


E la distribuzione delle piscine pubbliche e private – e l’accesso a queste strutture – è un buon punto da cui osservare questa spaccatura. “Tutte le tre piscine comunali si trovano nella zona est. Quella dove è avvenuta l’incursione della polizia si trova invece a ovest, a Craig Ranch, un quartiere residenziale fatto di abitazioni monofamiliari e che ospita un community center con due piscine, un parcheggio e un parco giochi”. Secondo le testimonianze raccolte da BuzzFeed, i disordini che hanno causato l’intervento della polizia sono cominciati quando una donna bianca ha detto ad alcuni adolescenti neri di tornarsene nella Section 8, un quartiere di case popolari che si trova a est dell’autostrada 75. “In realtà”, spiega sempre l’Atlantic, “molti degli afroamericani che stavano partecipando alla festa erano residenti di Craig Ranch, mentre gli altri si erano regolarmente procurati un pass per entrare”.

Questo pregiudizio riflette una situazione che non riguarda solo la città texana e che ha radici lontane: “All’inizio negli Stati Uniti le piscine comunali erano luoghi pubblici a cui tutti avevano accesso. Negli anni venti del novecento ci fu una vera e propria proliferazione di strutture comunali, e molte zone del paese i governi locali, allarmati dalla possibilità che donne e uomini di razze diverse potessero nuotare nella stessa piscina, cominciarono a imporre una rigida segregazione. Negli anni cinquanta, mentre i neri lottavano per mettere fine alle discriminazioni, le piscine pubbliche diventarono frequenti terreni di battaglia. Nel 1957 a Marshall, in Texas, un nero fece causa al comune che aveva imposto la segregazione nella nuova piscina. Quando il giudice fece capire che il comune avrebbe perso la causa, i cittadini, pur di non accettare l’integrazione, votarono a grande maggioranza per vendere ai privati tutte le strutture ricreative”.

Situazioni simili si verificarono in tutto il paese, con il risultato che nella seconda metà del novecento in molte città – soprattutto al sud – rimasero poche piscine comunali mentre aumentarono quelle private, finanziate dalle tasse di cittadini che vivono in quartieri ricchi a maggioranza bianca e che, come quelli che il 5 giugno hanno chiesto alla polizia di intervenire, mal sopportano la presenza di persone che (apparentemente) non fanno parte della loro comunità.

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