03 novembre 2014 14:21

Martedì sera ho scoperto che i migliori felafel di Londra sono serviti in un ristorante indiano di proprietà di un ebreo israeliano e di un palestinese di Jaffa (cittadino israeliano). Ogni tanto litigano, ma poi fanno pace per il bene del locale, uno dei primi ristoranti arabi di Londra. È stato aperto alcuni decenni fa da una famiglia irachena ebrea e comunista. Perseguitata dalle autorità di Baghdad, la famiglia era emigrata in Israele, ma non si era trovata bene e si era trasferita in Inghilterra.

Queste informazioni non avrebbero trovato posto nel mio articolo se non fosse per la circostanza in cui le ho raccolte: l’incontro a Londra di due amici palestinesi dopo 31 anni. L’ultima volta che i due si erano incontrati era stato in una prigione israeliana nel 1983. Erano stati condannati all’ergastolo per aver condotto azioni armate contro gli israeliani.

Facevano parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e ancora oggi sono legati alla sinistra. Sono stati liberati grazie a scambi di prigionieri con Israele: Y, originario di Nablus, nel 1983; M, di Gaza, nel 1985. Il gruppo di prigionieri di cui faceva parte Y è stato immediatamente deportato in Algeria. Y non è più potuto tornare nella sua città, nemmeno per una visita alla madre malata. M è stato più fortunato: è tornato a casa, ma poi è finito nuovamente in prigione durante la prima intifada.

Y, un economista, si è stabilito a Londra vent’anni fa. M invece è partito per l’Europa quando Hamas ha preso il potere nella Striscia di Gaza. Ma durante l’ultima guerra M era di nuovo a Gaza. Avrebbe potuto andarsene, ma ha scelto di restare rischiando la morte, come tutti gli altri abitanti.

“Israeliani e palestinesi pagano un prezzo molto alto per l’attuale situazione. Perché gli israeliani non capiscono che farla finita con le guerre è anche nel loro interesse?”, mi ha chiesto Y. Ho apprezzato le sue parole, ma non sono d’accordo. Noi israeliani non stiamo affatto pagando un prezzo alto per l’occupazione e la colonizzazione.

Poi abbiamo discusso della soluzione a due stati, concordando sul fatto che sia irrealizzabile. “Sono convinto che solo la nascita di un movimento congiunto di israeliani e palestinesi possa cambiare le cose, mettendo fine all’occupazione”, ha detto M. Sono assolutamente d’accordo con lui.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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