03 novembre 2014 09:46

Al di là delle apparenze, la politica ucraina di Vladimir Putin è chiarissima.

Solo le sue manifestazioni sono contraddittorie: per settimane ha minacciato di bloccare le forniture di gas a Kiev, per ostacolare i rifornimenti dell’Unione europea. Poi all’improvviso ha firmato un accordo accettabile per tutti che allontana ogni timore, almeno fino alla prossima primavera. Ha riconosciuto la legittimità delle elezioni politiche ucraine, che avevano dato una schiacciante maggioranza a chi vuole un avvicinamento all’Europa. Infine, il 2 novembre ha approvato l’organizzazione di elezioni presidenziali nelle due regioni dell’est nelle mani dei secessionisti filorussi.

Putin prende decisioni e lancia dichiarazioni contraddittorie, ma in realtà continua a perseguire un obiettivo perfettamente coerente, che è quello di volere la botte piena e la moglie ubriaca.

Poiché non cerca una completa rottura con l’Europa e con gli Stati Uniti, e ancora meno uno scontro militare, Putin non marcia su Kiev, non chiude i rubinetti del gas e non mette neanche in dubbio la regolarità delle elezioni ucraine. Su questi terreni ad alto rischio rispetta le regole e le consuetudini internazionali.

Ma il presidente russo non vuole neppure ammettere che la sua linea aggressiva e l’annessione della Crimea hanno portato la maggioranza degli ucraini ad allontanarsi dalla Russia, un paese con il quale avevano profondi e antichi legami. E, soprattutto, non vuole dichiararsi sconfitto davanti alla sua opinione pubblica.

Così Putin continua a sostenere, armare e finanziare i secessionisti delle regioni di Donetsk e di Lugansk, lasciando a loro il compito di chiarire ad alta voce il suo pensiero.

Eletto il 2 novembre presidente della regione di Donetsk, Aleksandr Zakharčenko spiega che la sua ambizione è quella di “costruire un nuovo stato – che diventerà legittimo dopo queste elezioni – e di recuperare i territori dell’est attualmente sotto controllo ucraino”.

I territori in questione sarebbero la fascia costiera che, lungo il mare d’Azov, porta alla Crimea e che permetterebbero alla Russia di stabilire un collegamento stradale con la penisola e di formare sul suo fianco occidentale un nuovo stato di fatto sul quale esercitare un protettorato.

È in corso una nuova divisione dell’Ucraina. Per questo i combattimenti non sono mai finiti nelle regioni orientali del paese, dove la Russia sta portando nuove truppe e armi su camion senza targa.

Sul breve periodo Putin sta vincendo: è difficile immaginare che qualcuno possa impedirgli di portare a termine la sua impresa. Ma sul medio e lungo periodo il presidente russo isolerà il suo paese dall’Europa e lo metterà nelle mani della Cina. E quando l’economia sarà nel caos anche la sua posizione personale sarà in pericolo.

(Traduzione Andrea De Ritis)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it