13 gennaio 2016 09:32

Spesso si è detto che Barack Obama è quanto di più simile ci sia negli Stati Uniti a un socialdemocratico europeo. Tuttavia, nel suo ultimo discorso sullo stato dell’unione pronunciato martedì, una sorta di testamento politico, il presidente è apparso più vicino all’incarnazione più recente di una sinistra occidentale ovunque in crisi.

Inizialmente Obama ha criticato tutti quelli che hanno paura “dello straordinario cambiamento che viviamo”, quelli che ci invitano a “temere l’avvenire” e a “ripristinare dogmi di un passato glorioso e tranquillo”. Il presidente ha ricordato che al cambiamento non bisogna rispondere con “la paura” ma con “la fiducia in ciò che siamo e in ciò che difendiamo”. In questo modo Obama ha attaccato Donald Trump, ma potrebbe aver inteso anche le nuove estreme destre europee che vendono la nostalgia di un passato mitizzato e ci invitano e chiuderci in qualcosa che non esiste più.

A questa inutile nostalgia Obama ha opposto l’analisi del tempo presente, che offre nuove possibilità al genere umano anche se minaccia l’occupazione con l’automazione delle mansioni e permette “alle grandi imprese di trasferirsi dove più gli conviene, tradendo le proprie radici, concentrando i patrimoni al vertice della scala sociale e lasciando ai lavoratori salari più bassi”.

Queste non sono parole di un uomo della sinistra tradizionale, ma di un rappresentante delle nuove sinistre radicali, di un indignato spagnolo

A questo lato oscuro del cambiamento il presidente vorrebbe rispondere con il taglio del costo dell’istruzione, con quella che in Francia si chiama formazione permanente e con l’estensione delle coperture sociali nei momenti di rottura di carriere professionali che non sono più lineari come un tempo.

Prevenendo le consuete accuse di “socialismo” da parte della destra americana, Obama ha ribadito i meriti e la necessità di un settore privato forte pur sottolineando che non sono le classi medie ma le grandi aziende a ostinarsi a non pagare le tasse, così come non sono stati gli aiuti sociali a provocare la crisi del 2008 ma l’immoralità di Wall street.

Queste non sono parole di un uomo della sinistra tradizionale, ma di un rappresentante delle nuove sinistre radicali, di un indignato spagnolo. Obama ha comunque mantenuto il suo approccio originale, invitando al consenso, all’impegno civico e all’uguaglianza, indispensabili per mantenere una democrazia forte. Questa rivalorizzazione della politica è senz’altro una notizia positiva.

Il messaggio della mobilitazione comune

Per quanto riguarda il resto del mondo, Obama ha definito la lotta contro il gruppo Stato islamico una priorità assoluta, pur relativizzando la minaccia. Poi è andato oltre. Secondo Obama l’essenziale è una dottrina in base alla quale gli Stati Uniti devono sempre agire (anche da soli se necessario) quando sono minacciati i loro interessi o quelli dei loro alleati, ma non devono intervenire in tutti i paesi in crisi perché altrimenti non farebbero che indebolirsi.

All’interventismo sistematico il presidente oppone la mobilitazione del mondo contro i pericoli comuni, le grandi coalizioni e l’uso della diplomazia e delle sue sanzioni. Questo è il messaggio che Obama lascia in eredità.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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