04 febbraio 2016 09:25

“Il negoziato non è fallito”, assicura Staffan de Mistura, l’emissario dell’Onu incaricato di gestire la trattativa, ma in realtà tutto lascia pensare il contrario, anche perché il dialogo di Ginevra è ufficialmente sospeso dal 3 fino al 25 febbraio.

Il problema principale è che nessuna delle richieste avanzate dall’opposizione in cambio della sua partecipazione al negoziato con il regime è stata soddisfatta. Non c’è stata nessuna liberazione delle donne e dei bambini detenuti nelle prigioni di Bashar al Assad; l’assedio di almeno quindici centri abitati dove la popolazione è scientificamente affamata dall’esercito siriano non è stato interrotto e i russi hanno dichiarato che non fermeranno i loro bombardamenti perché, dicono, colpiscono solo le postazioni dei jihadisti.

Una data non casuale

L’opposizione non poteva far altro che ripetere che, senza questi gesti di buona volontà, qualsiasi dialogo è impensabile. Staffan de Misura non poteva più pretendere che il negoziato fosse ancora in corso, e la data che ha fissato per la ripresa del dialogo non è causale.

Prima del 25 febbraio tutte le potenze coinvolte nel conflitto si incontreranno nuovamente a Monaco l’11 febbraio e avranno due settimane per precisare una posizione comune, sempre che riescano a trovarne una.

Gli attacchi russi hanno permesso all’esercito siriano di riguadagnare terreno

Non è impossibile che ciò accada, ma è indispensabile che Vladimir Putin dia prova di lucidità evitando di forzare troppo la mano.

Dopo tre mesi in cui non sono riusciti a modificare le linee del fronte, ora gli attacchi russi hanno permesso all’esercito siriano di riguadagnare terreno, soprattutto attorno ad Aleppo. Assad ne ha beneficiato e può presentarsi al negoziato in posizione di vantaggio. È per questo che i russi non vogliono interrompere né ridurre gli attacchi aerei, ma cosa accadrebbe se la manovra di Mosca rischiasse seriamente di provocare la sconfitta dei ribelli?

I paesi sunniti, Arabia Saudita in testa, fornirebbero ai ribelli le armi (compresi i missili terra-aria) di cui avrebbero bisogno per contrattaccare e la Russia si ritroverebbe invischiata in Medio Oriente contro l’universo sunnita.

Uno scenario di questo tipo non sarebbe affatto favorevole per un paese che ha crescenti difficoltà economiche. È per questo che Putin potrebbe aprire la porta a un compromesso, ma ancora non ci siamo arrivati. Cosa possiamo fare nell’attesa?

Non molto, a parte contare i morti al largo delle coste greche e nelle città siriane. Forse però potremmo affrontare il problema delle morti per fame nelle città assediate, perché niente ci impedisce di inviare viveri e medicinali. L’Europa, a cominciare dalla Francia, potrebbe almeno alleviare le sofferenze della Siria.

Sarebbe comunque più onorevole, intelligente ed efficace che rafforzare le frontiere interne provocando l’implosione dell’Unione europea.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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