25 ottobre 2016 09:50

Era già deciso dall’inizio del mese, dopo l’estromissione, il 1 ottobre, del segretario generale Pedro Sánchez, che si opponeva a questa possibilità. Il 23 ottobre i socialisti spagnoli hanno ufficialmente deciso di non opporsi alla formazione di un governo della destra minoritaria, e ora la loro scomparsa appare solo una questione di tempo.

I socialisti, dice qualcuno, non avevano scelta, ed è vero. Non avevano scelta perché il loro paese non gli avrebbe perdonato un ritorno alle urne per la terza volta in un anno, uno scenario che avrebbe prolungato una crisi senza soluzione.

I socialisti hanno scelto il male minore per la Spagna e per se stessi, ma al contempo hanno riconosciuto di essere stati emarginati dall’ascesa della sinistra di Podemos e di essere incapaci di formare una maggioranza.

La crisi ha una ragione semplice
È un’ammissione da cui è difficile riprendersi, tanto più che la socialdemocrazia non se la passa male soltanto in Spagna. Dei socialisti francesi meglio non parlare. I socialdemocratici tedeschi si spengono lentamente governando con la destra, e nemmeno un’alleanza con Die Linke, l’estrema sinistra, gli permetterebbe di ritrovare la maggioranza. I laburisti britannici sono totalmente spaccati tra i deputati social-liberali e una base affetta da una nostalgia, minoritaria dal punto di vista elettorale, per le grandi lotte operaie del passato.

La socialdemocrazia è in crisi profonda in tutta Europa, e il motivo è semplice. Partigiani inflessibili del compromesso tra il capitale e il lavoro, i socialdemocratici non possono ritrovare la forza che avevano nel dopoguerra perché oggi i dipendenti non hanno più la possibilità di imporre concessioni sociali al capitale.

Ormai gli europei non vogliono più sentir parlare di Europa unita

Questo perché una nuova rivoluzione industriale ha smantellato le grandi fortezze operaie e perché la riduzione delle distanze permette al capitale di sfuggire alle leggi nazionali andando a cercare altrove terreno fertile per i suoi investimenti. L’unico modo che avrebbero i dipendenti e la socialdemocrazia per modificare questa situazione sarebbe quello di favorire l’emergere di una potenza pubblica europea, le cui dimensioni continentali potrebbero piegare anche le più grandi aziende. Ma ormai gli europei non vogliono più sentir parlare di Europa unita.

Per loro il progetto europeo si identifica con l’austerità e con l’indebolimento dello stato e dei servizi sociali. Confondono l’idea stessa di unità europea con le politiche che la maggioranza dei governi liberisti ha trasformato nella politica dell’Unione.

La sfiducia nell’Europa è tale che l’estrema sinistra si rallegra che sia stato bloccato l’accordo di libero scambio con il Canada, nonostante non esista alcun rischio di concorrenza al ribasso per lo stato sociale con un paese dove i dipendenti sono tutelati tanto quanto lo sono in Europa. Si tratta di un buon accordo, ma dato che a firmarlo sarebbe l’Europa si pensa male, e questo nonostante la salvezza della sinistra passi inevitabilmente per l’unità dell’Europa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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