15 giugno 2023 09:27

È un caso scuola che dovremmo insegnare ai futuri diplomatici: un esempio di cinismo o di realismo, a seconda di come lo si voglia analizzare, nonché un modello delle contraddizioni e degli imbarazzi del nostro tempo.

Mohammed bin Salman, principe ereditario saudita, è arrivato il 14 giugno a Parigi accompagnato da un codazzo consistente. Resterà addirittura una decina di giorni in Francia, dove possiede un castello. Il suo programma è piuttosto fitto, da un incontro con Emmanuel Macron all’Eliseo alla partecipazione a un vertice sul finanziamento per i paesi in via di sviluppo, previsto per la prossima settimana.

Ma l’obiettivo principale di Mbs (come è soprannominato) è l’esposizione universale del 2030, che spera di ottenere per il suo paese. La decisione dovrà essere presa tra qualche mese, ed è a Parigi la sede dell’organizzazione che assegna le megafiere mondiali. Bin Salman farà attività di lobbying per accaparrarsi un progetto che potrebbe aggiungere alla lunga lista dei trofei che il regno ha conquistato nel campo dello sport, della cultura e dell’intrattenimento. Ma Mbs non è un semplice visitatore straniero. La sua presenza crea problemi di coscienza per nulla facili da risolvere.

Misfatti da non ignorare
La vicenda di Jamal Khashoggi sarà per sempre un’ombra che aleggia sul principe. Secondo la Cia, infatti, è stato lui a ordinare l’assassinio del giornalista saudita all’interno del consolato del suo paese a Istanbul, nel 2018, in circostanze particolarmente atroci. La morte di Khashoggi ha scosso l’opinione pubblica a causa dei dettagli macabri. Per avere un’idea dell’orrore di cui parliamo basta vedere il documentario The dissident, disponibile su Netflix.

Ma non è tutto: il primo atto di rilievo compiuto da Mbs quando ha ricevuto i pieni poteri, nel 2017, è stato quello di scatenare una guerra in Yemen contro i miliziani huthi, considerati vicini all’Iran. Il paese è stato raso al suolo e la guerra si è conclusa senza altri risultati se non la distruzione e i massacri. Il principe preferirebbe essere considerato un modernizzatore di un regno estremamente conservatore, ma chi può ignorarne i misfatti?

Di recente l’Arabia Saudita si è emancipata dalla tutela di Washington e ha consolidato l’alleanza con la Cina

All’inizio di questo articolo ho parlato di contraddizioni e imbarazzi, che in effetti in questa vicenda abbondano. Arrivato alla Casa Bianca, Joe Biden aveva promesso che avrebbe trasformato l’Arabia Saudita in un paese paria, anche perché Khashoggi era rifugiato negli Stati Uniti. Ma alla fine il presidente statunitense ha dovuto fare un passo indietro. I rapporti di forze gli erano tutt’altro che favorevoli.

Di recente l’Arabia Saudita si è emancipata dalla tutela di Washington, ha concordato una spettacolare alleanza con la Cina (qualche giorno fa sono stati firmati contratti per miliardi di dollari) e si è riavvicinata all’Iran. Ora Bin Salman visita per dieci giorni Parigi, dove viene accolto senza alcuna remora.

Ma nel momento in cui i “valori”, i “princìpi” e la lotta contro l’impunità sono sventolati nel caso dell’Ucraina, il pudore rispetto all’Arabia Saudita è inquietante, e di sicuro non contribuirà a far cambiare idea ai paesi del sud globale convinti che l’occidente continui a usare due pesi e due misure nei suoi rapporti con il resto del mondo.

Mbs, dal canto suo, può contare sulle garanzie che gli offre la potenza finanziaria del suo paese e anche sulla sua giovane età. A 37 anni, sarà ancora in forze quando i suoi critici saranno caduti nell’oblio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Della nuova strategia dell’Arabia Saudita nel campo dello sport e dell’intrattenimento parla la puntata di oggi del podcast di Internazionale Il Mondo.

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