22 giugno 2023 10:10

“La Francia ha dato prova di grande creatività diplomatica”, ha dichiarato un leader europeo non francese con sincera ammirazione. Il mese scorso la Comunità politica europea, un’istituzione proposta da Emmanuel Macron, aveva tenuto il suo secondo vertice in Moldova. Ora tocca al summit di Parigi per un nuovo patto finanziario mondiale, che si apre il 22 giugno alla presenza di una cinquantina di capi di stato e di governo tra cui alcuni pesi massimi come il primo ministro cinese Li Qang e il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva.

È comprensibile che la notizia riceva una tiepida accoglienza tra l’opinione pubblica. D’altronde a cosa servono questi “aggeggi”, per riprendere la definizione sprezzante del generale De Gaulle nei confronti dell’Onu? In effetti il bilancio dei grandi raduni diplomatici non è stato sempre glorioso. Ricordiamo ancora l’accordo di Parigi sul clima, ma anche tutta una serie di delusioni e promesse senza seguito. Oggi, tra l’altro, lo stato del mondo non alimenta certo l’ottimismo.

Ma a ben vedere la posta in gioco è notevole ed è legata agli squilibri mondiali, che senza dubbio meritano l’attenzione che si riserverebbe a un malato grave.

La povertà di nuovo in crescita
Prima di tutto c’è l’aspetto più concreto, quello dei meccanismi di finanziamento dei paesi più poveri che hanno subìto un triplo shock: quello del covid-19 (da cui non si sono ancora ripresi), quello della guerra in Ucraina che fa impennare l’inflazione e i tassi d’interesse e infine quello della crisi climatica, più strutturale.

Due giorni fa la premio Nobel per l’economia Esther Duflo ha dichiarato ai microfoni di France Inter che la povertà, dopo essere stata ridotta sensibilmente in tutto il pianeta, ha ripreso a crescere. Secondo la Banca mondiale 14 dei 28 paesi più poveri rischiano di andare in default prima della fine del 2023. L’argomento sarà al centro del vertice e già la sera del 22 potrebbe arrivare un annuncio riguardante uno dei paesi africani più direttamente coinvolti.

L’evento vuole dimostrare che è possibile aiutare l’Ucraina e al contempo anche i paesi più poveri

Ma esiste anche un aspetto politico, conseguenza diretta della spaccatura emersa a causa della guerra in Ucraina tra il mondo occidentale e quello che è chiamato “sud globale”.

Una delle accuse rivolte all’occidente è quella di adottare “due pesi e due misure”: mobilitazione senza limiti per l’Ucraina e disinteresse per le altre crisi; vaccini anticovid per il nord e snervante attesa per il sud.

La riunione di Parigi è organizzata dalla Francia e da Barbados, lo stato insulare la cui prima ministra, Mia Mottley, è particolarmente attiva. L’evento vuole dimostrare che è possibile aiutare l’Ucraina e al contempo anche i paesi più poveri. Almeno, questa è la teoria.

Il passaggio ai fatti sarà più difficile, perché le filosofie cambiano a seconda che ci si trovi a Washington, in Europa o a Pechino (non dimentichiamo che la Cina è ormai il primo creditore dei paesi in via di sviluppo). I rappresentanti del “sud globale” ripartiranno da Parigi convinti di aver fatto sentire la propria voce? O cederanno alle sirene russe e cinesi che cantano l’egoismo e la decadenza dell’occidente?

In ballo ci sono i rapporti di forza geopolitici ma anche e soprattutto il destino di milioni di uomini e donne travolti dalle crisi mondiali. E i problemi sono appena cominciati.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it