06 ottobre 2022 09:48

Trent’anni fa, al termine della guerra fredda, François Mitterrand aveva avuto l’intuizione di associare gli ex paesi comunisti d’Europa alla Comunità europea, e a Praga si era svolto un vertice per fondare una confederazione. Ero presente e ricordo bene come fosse stato un fallimento tanto cocente quanto prevedibile. Le nuove democrazie volevano soprattutto aderire alla Nato, l’ombrello di sicurezza statunitense.

Il 6 ottobre, sempre a Praga, si svolgerà il primo vertice della Comunità politica europea, che persegue lo stesso obiettivo indicato tre decenni fa: offrire una cornice politica a tutto il continente, ai 27 paesi dell’Unione ma anche a quelli che non ne fanno parte, candidati o meno all’adesione.

La vera differenza con la confederazione è che nel 1991 Mitterrand aveva voluto invitare l’Urss in agonia di Michail Gorbačëv. Oggi è la guerra scatenata da Vladimir Putin, successore indiretto di Gorbačëv, ad aver fatto precipitare gli eventi. Putin ha costretto gli europei a reinventare l’organizzazione del continente.

Inizi modesti
Quando l’idea della Comunità politica è stata ventilata per la prima volta, a Strasburgo lo scorso giugno, Emmanuel Macron aveva parlato di garanzie di sicurezza collettiva. Gli inizi, però, saranno più modesti: non ci sarà nessuna struttura e nemmeno un segretariato.

La comunità sarà un quadro politico in cui tutto il continente siederà attorno a un tavolo per discutere questioni chiave, compresi il Regno Unito che non fa più parte dell’Ue e la Turchia che non ne farà mai parte, ma anche la Georgia e i paesi dei Balcani, che vivono su polveriere permanenti.

Sarà un luogo politico nel senso più nobile del termine. E forse questo sarà anche il suo limite

Il vantaggio è doppio: da un lato mostrare a Putin che la sua guerra non divide l’Europa malgrado le diverse sensibilità, dall’altro creare un luogo di dialogo che in precedenza non esisteva. L’Azerbaigian e l’Armenia saranno presenti nonostante siano divisi da tutto, così come la Turchia e la Grecia, attualmente ai ferri corti.

Nell’ambito della Comunità i paesi potranno parlarsi senza i limiti burocratici dei negoziati di adesione. Sarà un luogo politico nel senso più nobile del termine. E forse questo sarà anche il suo limite.

La Comunità potrebbe prefigurare un’evoluzione del continente. Da decenni si parla di Europa a geometria variabile, senza però mai realizzarla. Jacques Delors, grande presidente della Commissione di Bruxelles, ne discuteva già negli anni ottanta e novanta.

La Comunità politica europea potrebbe essere il cerchio più largo di questa geometria variabile, con meccanismi di solidarietà e cooperazione senza vincoli. Un secondo cerchio sarebbe quello dei 27 paesi dell’Unione europea. A questo proposito alcuni leader immaginano già, in un futuro più lontano, un gruppo ancora più ristretto di paesi disposti ad accettare una maggiore condivisione di sovranità.

Per compiere un’evoluzione di questo tipo, però, è indispensabile uscire non solo indenni ma anche rafforzati dalla prova della guerra in Ucraina. È la sfida dell’Europa davanti a una minaccia che non era prevista ma che, come osserviamo da sette mesi, ha spinto il continente a fare passi da gigante.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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