13 marzo 2015 10:34

Ha attirato qualche attenzione anche della stampa quotidiana un articolo pubblicato in febbraio dal Journal of Neuroscience. Lo hanno scritto per presentare una loro ricerca Narender Ramnani, professore di psicologia della University of London, Matthews App, ricercatore a Oxford, ed Elise Lesage, giovane ricercatrice dell’università di Birmingham. La ricerca, pur su un campione limitato, ma rigorosa nel metodo, tratta un tema innovativo. Nella coppia insegnante-alunno è il polo dell’apprendente che ha generato riflessioni e indagini dai tempi di Pavlov, Vygotskij, Piaget alle neuroscienze contemporanee.

La strumentazione elettromagnetica delle indagini cerebrali ha cominciato a dirci cose sul cervello dell’apprendente, ma non su quel che succede nel cervello di chi insegna. Proprio questo invece è oggetto delle indagini dei tre ricercatori. Nel cervello di chi insegna e (si badi) lo fa cercando di capire sul campo quanto il discente sta o non sta capendo si attivano non solo i circuiti cerebrali del linguaggio e del calcolo, ma specificamente la corteccia cingolata anteriore, situata nella regione superiore della superficie mediale dei lobi frontali. Quest’area fa cogliere, in modo inconscio, i rischi di fallimento a cui si è esposti nello svolgersi di un’esperienza, segnala se le cose non stanno andando bene e suggerisce di aggiustare il tiro. Nel caso del docente, lo aiuta a tener d’occhio l’effettiva comprensione e assimilazione di quello che sta insegnando.

Questo articolo è stato pubblicato il 6 marzo 2015 a pagina 92 di Internazionale, con il titolo “Il circuito dell’insegnante”. Compra questo numero | Abbonati

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