19 febbraio 2016 12:23

Duemila anni fa l’Anonimo del Sublime invitava a non fidarsi del giudizio dei “mediocri irreprensibili” e spiegava che nelle grandi opere “c’è sempre qualcosa di trascurato”. Memori di questo due professori di lettere francesi, Anne Boquel ed Etienne Kern, sono andati a caccia degli sbagli nei maggiori scrittori: da Balzac, che scriveva clientelle per clientèle, a Stendhal (“le cinque lettere del cognome BRULARD”), da Hugo, che scriveva dissoude per dissout, ad Alexandre Dumas (“Ah! – esclamò don Manuel in portoghese”). Ma soprattutto agli errori ortografici va la loro attenzione. Non sono i soli. Le Monde ospita ripetuti interventi in materia (9 gennaio, 4 febbraio), temperati da una punta di ironia.

Dal 2008 opera in rete un Projet Voltaire che, sulla base di 84 regole da rispettare, misura gli alti e bassi della correttezza ortografica. Metà degli scriventi ne viola gran parte. I clienti sono due milioni, soprattutto scuole. Il baromètre Voltaire rilascia certificazioni ai più rispettosi. Il francese scritto ha sue regole anche grammaticali diverse dal francese parlato, al punto che secondo André Martinet è una vera seconda lingua. Non è detto che chi parla bene scriva bene e viceversa. Le Monde eccepisce: Voltaire aveva un’ortografia assai libera. Perché tirarlo in ballo? Forse in memoria di suoi versetti famosi: “Nous tromper dans notres entreprises / c’est à quoi nous sommes sujets: / au matin je fais des projets / et le long du jour des sottises”.

Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2016 a pagina 95 di Internazionale, con il titolo “Ortografia alla prova”. Compra questo numero | Abbonati

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