L’obiettivo è “costringere gli stati europei a ridurre le loro emissioni di gas serra”: il 27 settembre sei giovani portoghesi porteranno trentadue paesi davanti alla Corte europea dei diritti umani, sperando di creare un precedente giuridico che rafforzi la lotta alla crisi climatica.

Di età compresa tra undici e ventiquattro anni, i ricorrenti hanno vissuto in prima persona gli incendi che nel 2017 hanno distrutto decine di migliaia di ettari di vegetazione e causato più di cento vittime in Portogallo. I roghi hanno aumentato la loro consapevolezza delle conseguenze del riscaldamento globale.

“I governi europei non ci proteggono”, dice André Oliveira, quindici anni, uno dei sei ricorrenti. “Il Portogallo è in prima linea nella crisi climatica in Europa. Le ondate di caldo sono sempre più gravi. Se continua così arriveremo a trenta gradi a febbraio”.

Oliveira e i suoi compagni accusano i ventisette paesi membri dell’Unione Europea, ma anche la Russia, la Turchia, la Svizzera, la Norvegia e il Regno Unito, di non fare abbastanza per ridurre le emissioni di gas serra. Sostengono che questo alimenti il riscaldamento globale e influisca sulla loro vita e sulla loro salute.

Dal punto di vista legale i sei giovani portoghesi denunciano violazioni del “diritto alla vita” sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e anche dell’accordo di Parigi sul clima del 2015.