Un massacro di civili attribuito ai ribelli delle Forze democratiche alleate (Adf) e intensi combattimenti tra forze governative e ribelli dell’M23: il 24 ottobre è stata una giornata di violenze nella provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

In mattinata si è diffusa la notizia di un nuovo massacro compiuto dalle Adf nel territorio di Beni, nella parte nord della provincia, in cui sono morte almeno ventisei persone.

In origine costituite da ribelli ugandesi di religione musulmana, le Adf sono attive nel Nord Kivu dalla metà degli anni novanta. Nel 2019 hanno giurato fedeltà al gruppo Stato islamico.

La settimana scorsa le Adf sono state accusate di aver ucciso tre persone, tra cui due turisti stranieri, nel parco nazionale Queen Elizabeth, nel vicino Uganda. L’attacco è stato poi rivendicato dal gruppo Stato islamico.

Tra il 23 e il 24 ottobre un commando armato delle Adf ha attaccato un quartiere periferico di Oicha, saccheggiando le case e uccidendo gli abitanti.

“Abbiamo portato ventisei corpi all’obitorio”, ha dichiarato all’Afp Darius Syaira, un funzionario del territorio di Beni. La cifra è stata poi confermata da un portavoce dell’esercito.

Poco dopo alcuni manifestanti hanno incendiato dei veicoli che trasportavano aiuti umanitari. “Non abbiamo bisogno di aiuti ma di sicurezza”, ha detto un manifestante.

Morto un soldato keniano

Nella parte sud della provincia si sono invece intensificati i combattimenti tra i gruppi armati filogovernativi e i ribelli dell’M23. Alcuni scontri sono stati segnalati ad appena venti chilometri da Goma, che ha più di un milione di abitanti.

Non è disponibile un bilancio delle vittime, ma è stata segnalata la morte di un soldato keniano di una forza regionale dell’Africa orientale.

“I combattimenti sono in corso a Kibumba da questa mattina”, ha dichiarato all’Afp una fonte della sicurezza, che ha chiesto di mantenere l’anonimato.

“I ribelli si stanno scontrando con i ‘wazalendo’”, ha aggiunto la fonte, riferendosi al termine informale usato per definire i gruppi armati filogovernativi.

Ufficialmente l’esercito congolese aderisce a un cessate il fuoco concordato con una missione regionale di mediazione, ma secondo alcuni testimoni è coinvolto nei combattimenti contro l’M23.

Nel pomeriggio un portavoce dell’esercito ha accusato i ribelli “sostenuti dal Ruanda” di aver attaccato una postazione militare.

“Di fronte a questa provocazione, l’esercito ha preso tutte le misure necessarie”, ha aggiunto. Secondo un’altra fonte della sicurezza, l’esercito ha impiegato anche un caccia Sukhoi-25.

Duecentomila persone in fuga

In un rapporto pubblicato il 23 ottobre, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) ha affermato che dal 1 ottobre quasi duecentomila persone sono state costrette a lasciare le loro case nei territori di Rutshuru e Masisi.

I combattimenti, segnalati anche nel territorio di Nyiragongo, hanno causato decine di vittime, anche tra i civili.

L’M23 (Movimento 23 marzo) è una ribellione a maggioranza tutsi che ha preso le armi alla fine del 2021 e si è impadronita di alcune aree del Nord Kivu.

Da qualche tempo è stata schierata nella regione una forza dell’Africa orientale, che si è aggiunta a quella delle Nazioni Unite.

L’est della Repubblica Democratica del Congo è in preda alle violenze da quasi trent’anni.