19 giugno 2018 17:09

Il 18 giugno il ministro dell’interno Matteo Salvini ha annunciato un censimento su base etnica dei rom in Italia, suscitando molte critiche, ma raccogliendo anche molto consenso nell’opinione pubblica in un paese in cui l’antiziganismo, cioè il discorso di odio verso i rom, è molto diffuso. Il ministro del lavoro Luigi Di Maio ha subito preso le distanze dal suo alleato di governo e ha detto: “Se è incostituzionale, non si può fare”.

Mentre Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, ha chiarito che “una schedatura su base etnica è vietata in Italia”, Salvini su Twitter ha ribadito la sua volontà di andare avanti con il progetto, su cui i funzionari del ministero starebbero già lavorando.

Molti politici e analisti hanno sottolineato che il censimento di un gruppo di persone, in base alla loro etnia, evoca pagine nere del passato, come la circolare dell’8 agosto 1926 quando il ministro dell’interno del governo guidato da Benito Mussolini ordinò “l’epurazione dal territorio nazionale delle carovane di zingari”, oppure la schedatura degli ebrei che ottant’anni fa coincise con l’approvazione delle leggi razziali. In una sola frase, insomma, il ministro dell’interno ha espresso tre concetti controversi: la possibilità di fare un censimento su base etnica, l’espulsione dei rom irregolari e il discorso discriminatorio verso i rom italiani.

Le norme violate
Il censimento su base etnica dei rom è contrario innanzitutto all’articolo 3 della costituzione italiana che stabilisce: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Inoltre viola una serie di norme internazionali tra cui: l’articolo 9 del regolamento europeo sui dati personali (Gdpr), che stabilisce che è vietato “il trattamento di dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica”. La schedatura è contraria inoltre agli articoli 8 e 15 della Convenzione europea dei diritti umani (Cedu).

L’avvocato Salvatore Fachile dell’Associazione italiana studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ricorda che “La corte di Strasburgo nel caso Sand and Marper vs Regno Unito ha stabilito che ‘l’identità etnica dell’individuo’ rientra nella definizione di vita privata e familiare e che le impronte equivalgono a dati personali”. È utile ricordare che tra il 2009 e il 2011 anche il ministro dell’interno leghista Roberto Maroni organizzò una schedatura su base etnica dei rom. Per questa ragione, l’Italia fu condannata dalle autorità europee.

“Si trattò di una vera e propria schedatura – ricorda Carlo Stasolla di Associazione 21 luglio – con tanto di foto, impronte digitali, rilievo dell’altezza e dei tatuaggi”. Il comitato europeo dei diritti sociali (Ceds) con una decisione del 2009 ha dichiarato all’unanimità la violazione da parte dell’Italia del principio generale di non discriminazione di cui all’articolo E della Carta sociale europea e di altri diritti tra cui il diritto all’abitazione.

Il 18 maggio 2010 la corte di Strasburgo, esprimendosi nel caso Udorovic vs Italia, ha criticato l’incapacità dei tribunali italiani di pronunciarsi nel merito degli aspetti discriminatori del piano emergenza nomadi di Maroni. Questa incapacità, spiega Fachile, “è stata considerata come una violazione dell’articolo 6 della Cedu”, secondo cui “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale”. Per il censimento del 2009 il Consiglio di stato ha condannato il governo italiano a risarcire gli schedati con 18mila euro ciascuno, conclude Stasolla. Poi nel 2013 è arrivata la condanna del tribunale di Roma che ha riconosciuto un risarcimento di ottomila euro a un cittadino che era stato schedato nel 2010 nel piano emergenza nomadi del governo di centrodestra.

Azioni impraticabili e discriminatorie
Il censimento annunciato dal ministro dell’interno dovrebbe servire, secondo Matteo Salvini, a rimpatriare i rom di origine straniera che sono presenti in maniera irregolare sul territorio italiano. Tuttavia i rom stranieri con il permesso di soggiorno scaduto sono pochissimi, fa notare Stasolla. L’Italia è uno dei paesi dell’Unione europea in cui abitano meno rom (tra le 120mila e le 180mila persone, lo 0,2 per cento della popolazione).

La maggior parte dei rom che vivono in Italia sono di nazionalità italiana, un altro gruppo importante è costituito dai rom romeni – che sono cittadini dell’Unione europea e quindi possono muoversi liberamente – e infine c’è un piccolo gruppo di rom che provengono dall’ex Jugoslavia: circa tremila di loro sono apolidi, cioè non hanno cittadinanza e passaporto, condizione conseguente alla dissoluzione della Jugoslavia. E infine molti di loro hanno un permesso di soggiorno regolare.

Gli espellibili sarebbero pochissimi. Il ministro dell’interno, infine, ha espresso un principio discriminatorio molto forte dicendo che “purtroppo ci dobbiamo tenere i rom italiani”. Sempre Carlo Stasolla dell’Associazione 21 luglio fa notare che “si tratta di cittadini italiani da più di mezzo millennio, ‘italianissimi’ fino al midollo. Quasi tutti abitano in case ordinarie, lavorano, pagano le tasse. Qualcuno ha anche acquisito notorietà per aver combattuto nella Resistenza come partigiano”.

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