23 settembre 2019 18:15

È stato raggiunto un accordo per il ricollocamento dei migranti al vertice che si è svolto alla Valletta il 23 settembre e a cui hanno partecipato i ministri dell’interno di Francia, Germania, Italia, Finlandia e Malta. L’accordo, che per il momento coinvolge solo quattro paesi ed è una bozza, sarà discusso con gli altri ministri dell’interno dei paesi membri dell’Unione europea il 7 e l’8 ottobre in Lussemburgo. La proposta sarà presentata dalla Finlandia, che ha la presidenza di turno dell’Unione europea. Ecco i punti dell’intesa sulla base di quello che ha dichiarato la ministra italiana Luciana Lamorgese al termine del vertice, non è circolata ancora la bozza dell’accordo.

  • I migranti che arrivano in Italia e a Malta e che sono soccorsi lungo la rotta del Mediterraneo centrale saranno redistribuiti nei diversi paesi europei nel giro di quattro settimane dall’approdo, superando il principio di paese di primo ingresso previsto dal Regolamento di Dublino. Per ora non sono stabilite quote di ricollocamento, che dipenderanno da quanti paesi aderiranno all’intesa.
  • Sarà previsto un meccanismo di rotazione volontaria dei porti di sbarco. Tuttavia se l’offerta dei porti di sbarco sarà volontaria, i porti principali rimarranno quelli italiani e maltesi.
  • I paesi europei potranno aderire all’intesa su base volontaria, ma per quelli che non aderiranno potrebbero essere previste delle sanzioni.
  • L’accordo riguarda i migranti che sono soccorsi in mare dalle organizzazioni non governative e dai mezzi militari, ma non riguarda i migranti che arrivano autonomamente e quelli che arrivano in Europa attraverso altre rotte come quella del Mediterraneo occidentale (Marocco-Spagna) e quella dell’Egeo (Turchia-Grecia).
  • La ministra dell’interno italiana Luciana Lamorgese si è detta soddisfatta dicendo che “l’Italia non è più sola e arrivare in Italia o arrivare a Malta vuol dire arrivare in Europa e su questo c’è ampia condivisione da parte di tutti”. La ministra ha confermato che rimarrà in piedi l’accordo che l’Italia ha sottoscritto con la Libia nel febbraio 2017 che prevede il finanziamento e l’addestramento della cosiddetta guardia costiera libica, un corpo formato da ex miliziani ed ex trafficanti che è stato accusato da diversi rapporti internazionali di aver violato i diritti umani e che solo qualche giorno fa è stato accusato di aver ucciso un rifugiato sudanese, intercettato in mare e riportato indietro a Tripoli.

I punti critici

Gli analisti rilevano alcune criticità nelle prime indiscrezioni che trapelano sull’accordo che riguarda esclusivamente la rotta del Mediterraneo centrale e solo una minoranza dei migranti arrivati lungo questa rotta. Nel 2019 infatti su quasi settemila migranti arrivati in Italia lungo la rotta del Mediterraneo solo l’8 per cento è stato soccorso da mezzi navali, mentre la maggior parte dei migranti è arrivata in maniera autonoma direttamente sulla costa. La rotazione dei porti di sbarco su base volontaria, richiesta dall’Italia, inoltre contraddice alcune norme internazionali che prevedono che i naufraghi siano fatti sbarcare il più velocemente possibile dopo il soccorso in mare. Infine Grecia e Spagna (che sono i due paesi con più arrivi via mare nel 2019) potrebbero contestare l’accordo che riguarda solo i migranti arrivati in Italia e Malta lungo la rotta del Mediterraneo centrale, inoltre la volontarietà dell’accordo pone dei dubbi sulla sua efficacia sul lungo periodo e nel caso di un’eventuale maggiore pressione migratoria. La posizione del governo italiano sugli accordi con la Libia e sul ruolo della guardia costiera libica rimane problematica: sono infatti largamente documentate le sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani compiute dai guardacoste nel paese nordafricano.

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