19 dicembre 2019 16:30

Tony Ray-Jones
Tony Ray-Jones, RRB Photobooks/Martin Parr Foundation
“Fatti coinvolgere di più (parla con le persone)”, “resta sul soggetto (sii paziente)”, “non fare foto noiose”: queste sono alcune delle annotazioni che Tony Ray-Jones scriveva sul suo taccuino. Negli anni sessanta è andato su e giù per il Regno Unito con un camper e una macchina fotografica alla ricerca della vera essenza degli inglesi. Nonostante la morte prematura – a 31 anni per leucemia – ha guardato il suo paese con un occhio inedito, costruendo delle immagini in cui elementi apparentemente contrapposti creano un’armonia perfetta di umorismo e tristezza. Il suo lavoro è stato un esempio per i fotografi britannici che sono venuti dopo di lui, primo fra tutti Martin Parr.

Quello che resta
Alberto Gandolfo, Silvana editoriale
Il fotografo palermitano Alberto Gandolfo comincia nel 2017 il suo personale viaggio attraverso ventisette fatti di cronaca italiani degli ultimi 50 anni. Ventisette fatti che ci raccontano un’Italia ingiusta e ci ricordano chi di ingiustizia è morto. Da Giuseppe Pinelli, anarchico erroneamente accusato della strage di Piazza Fontana e morto precipitando dalla finestra della questura di Milano nel 1969, fino a Stefano Cucchi, giovane romano deceduto mentre era sotto la custodia delle forze dell’ordine. Ventisette fatti che rinnovano la rabbia e la voglia di giustizia. Gandolfo è andato a trovare uno per uno i familiari delle vittime di questo elenco troppo lungo e tragico per guardarli negli occhi e chiedergli con garbo cosa significa “restare”. Quello che resta è un libro fotografico dove l’estetica cede il passo alla memoria e dove la fotografia ritorna al suo ruolo di documento, Gandolfo sceglie per i suoi ritratti la fotografia istantanea e un piccolo formato in bianco e nero per costringerci ad avvicinarci e a guardare negli occhi insieme a lui chi ha passato la vita a lottare per i propri cari e per noi tutti.

Héroes del brillo
Federico Estol, Hormigón Armado e El Ministerio Ediciones
Ogni giorno tremila lustrascarpe si aggirano in cerca di clienti per le strade di La Paz ed El Alto, in Bolivia. Per non essere riconosciuti indossano dei passamontagna. Li usano come maschere per proteggersi dalle discriminazioni. Queste maschere improvvisate li rendono invisibili, ma allo stesso tempo li definiscono come tribù urbana. Nei loro quartieri nessuno sa che fanno i lustrascarpe. A volte lo nascondono alle loro stesse famiglie. Per tre anni, Federico Estol ha lavorato con sessanta lustrascarpe e l’ong Hormigón armado. Insieme hanno creato quest’originale progetto sugli eroi della brillantezza.

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I know how furiously your heart is beating
Alec Soth, Mack
Alec Soth è uno dei grandi narratori visivi americani, guardare le sue fotografie restituisce il piacere che a volte ti può dare un racconto breve e perfetto letto sul New Yorker o l’incanto dei versi di una poesia. Il suo ultimo libro prende infatti il titolo dal verso di una poesia di Wallace Stevens, uno dei più raffinati poeti statunitensi del novecento, The gray room. Soth, dopo un periodo di pausa dal suo lavoro di fotografo, è tornato con un piccolo capolavoro: I know how furiously your heart is beating è un libro di commovente bellezza che parla dell’intimità che si può creare tra due sconosciuti in una stanza. Una serie di ritratti e interni luminosi, scattati in diversi posti del mondo che diventano nello sguardo di Soth uno solo: quello di un cuore che batte fortissimo insieme a un altro.

Howling winds
Vasantha Yogananthan, Chose commune
È il quinto capitolo del progetto per cui, dal 2013, Vasantha Yogananthan viaggia dal nord al sud dell’India spingendosi fino allo Sri Lanka per seguire l’itinerario dell’eroe di Rāmāyaṇa, il poema epico risalente a più di duemila anni fa, considerato un testo sacro della religione induista. Sfogliando il libro ci si immerge nei colori della sabbia, della terra, del blu di alcune pareti, colti in una dimensione a metà strada tra finzione e realtà. Vacche e scimmie spesso hanno il manto dipinto, come se avessero dei poteri magici. Sono gli animali che vanno alla ricerca della principessa Sita rapita da un demone.

Jamais je ne t’oublierai
Carolle Bénitah, L’Artiere
Come dice il titolo del suo libro, la fotografa marocchina Carolle Bénitah non vuole dimenticare. Ecco perché ha costruito un album di famiglia che racconta la vita dei suoi genitori quando erano giovani, prima di sposarsi. Per farlo ha usato delle foto trovate nei mercatini: feste di compleanno, scene al mare o nei parchi, ritratti di famiglia. E poi sui volti e sui corpi delle persone fotografate ha applicato delle foglie d’oro. Le foglie per Bénitah sono il simbolo di una mancanza, della perdita di alcuni ricordi. Queste strisce o sfere dorate nascondono alcuni dettagli, ma sono anche molto luminose e sembra quasi che riflettano la nostra immagine mentre le guardiamo.

La famiglia, 2017. (Carolle Bénitah, Per gentile concessione della galleria Bildhalle)

Model city: Pyongyang
Cristiano Bianchi e Kristina Drapić, Thames & Hudson
Le immagini degli edifici e dei paesaggi urbani di Pyongyang, in Corea del Nord, raccontano il passato e il presente della città attraverso la sua architettura. Quasi completamente ricostruita dopo la guerra di Corea (1950-1953), la capitale nordcoreana doveva essere una città modello, basata sulla juche, l’ideologia ufficiale nordcoreana, incentrata sul concetto di autosufficienza. Inspirandosi ai colori fittizi dell’arte di propaganda, gli architetti Cristiano Bianchi e Kristina Drapić hanno modificato in postproduzione il colore dei cieli. Creando così un contrasto straniante, in cui la parte reale (gli edifici) sembra finta e la parte alterata (il cielo) sembra vera. Una metafora dell’utopia stessa di Pyongyang.

Slant
Aaron Schuman, Mack
Un giorno, sfogliando un giornale locale di Amherst, nel Massachusetts, Aaron Schuman rimane colpito da una sezione in particolare: i resoconti della polizia su segnalazioni, crimini e qualsiasi altro evento abbia spinto qualcuno a chiamare il 911. I testi sono brevi e asciutti, nel tipico stile dei documenti redatti dalla polizia, ma spesso brillano per la loro follia. C’è una donna che crede di essere stata spiata dagli alieni per dieci anni, vicini preoccupati da un tizio che ha una scimmia verde in casa, strane luci nel cielo “più luminose di una stella ma meno della Luna”. Schuman ritaglia alcuni pezzi della rubrica e li accosta alle sue foto, pensate come se fossero delle risposte ai testi. Facendo riferimento alle rime inclinate (slant rhymes, appunto) di Emily Dickinson – la più famosa cittadina di Amherst – crea una sequenza dissonante tra immagini e parole, con cui riflette sull’America di Trump, paranoica e ostaggio delle notizie false. Come scriveva Dickinson, “dì tutta la verità ma dilla obliqua”.

Slant. (Aaron Schuman, Mack)

The pillar
Stephen Gill, Nobody books (con un testo di Karl Ove Knausgård)
Stephen Gill ha puntato la sua fotocamera su un palo piantato nel terreno, in un paesaggio piatto e aperto, con alberi e case visibili in lontananza, sotto il vasto cielo svedese. Grazie a un sensore di movimento, la fotocamera ha scattato in automatico, documentando l’attività degli uccelli nella campagna di fronte alla casa del fotografo. Il risultato, frutto della sapiente selezione di Gill, è un libro poetico e sorprendente. Quando si dice che l’editing è tutto!

Segni migranti
Mario Cresci, Postcart
“Le immagini di questo mio archivio si sono accumulate una sull’altra in una continua comunicazione iconografica affidata soprattutto a una vasta produzione di manifesti e a progetti di grafica coordinata, studio di marchi e loghi per piccole e medie imprese artigianali, nuove riviste di settore e libri di fotografia”, scrive Mario Cresci per spiegare l’idea alla base di questo volume, appena pubblicato da Postcart. Le 624 pagine del libro raccolgono la sua esperienza nella grafica e nella fotografia in vent’anni di vita e lavoro a Matera. Un lavoro di squadra, che nelle stesse intenzioni di Cresci, vuole essere un contenitore di creatività e conoscenza.

The coast
Sohrab Hura, Ugly Dog (autoprodotto)
Il sottotitolo dell’ultimo libro di Sohrab Hura è “dodici racconti paralleli”, o meglio dodici variazioni della stessa storia assurda in cui si inserisce una sequenza di foto scattate tra la terra e il mare, sulla costa appunto, in situazioni reali che però estrapolate dal loro contesto assumono la forma di un incubo. Testo e immagine costruiscono insieme una narrazione allucinata e non lineare, segnata dai colori forti e dai flash notturni. The coast interpreta i modi in cui si esprime la violenza nella società indiana e denuncia l’indifferenza della classe politica.

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Workforce
Michele Borzoni, L’Artiere edizioni
Buscando a Bolívar
Pietro Paolini, Landskrona, Editorial RM, Witti Kiwi
Bitter leaves
Rocco Rorandelli, Gost books
Tre nuovi bei libri arrivano dal collettivo di fotografi Terraproject.
In Workforce, Michele Borzoni traccia una mappa dell’attuale panorama lavorativo italiano. Adottando un approccio analitico, che rimanda alla cosiddetta Scuola di Düsseldorf, Borzoni propone delle foto dai colori tenui dove spesso domina il vuoto. Metafora dei vuoti nel mercato del lavoro, che esclude milioni di cittadine e cittadini. Sulla copertina in tessuto azzurro del libro di Pietro Paolini, tre sagome dorate fluttuano come nuvole. Sono le mappe in silhouette di Bolivia, Ecuador e Venezuela, i paesi che tra il 2004 e il 2014 Paolini ha attraversato in lungo e in largo, nel tentativo di cogliere, spesso con poesia e un pizzico di ironia, quel che resta del sogno bolivariano. Le bitter leaves, le foglie amare, di Rocco Rorardelli sono quelle della pianta di tabacco. Per quasi dieci anni il fotografo ha viaggiato in India, Cina, Indonesia, Stati Uniti, Germania, Bulgaria, Nigeria, Slovenia e Italia per documentare l’impatto dell’industria del tabacco sulla salute umana, l’economia, e l’ambiente. Un lavoro a 360 gradi che esplora ogni aspetto della questione, dal lavoro minorile nei campi all’attività delle lobby.

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Scelti da Christian Caujolle

Una vera novità
Ultimo sur
Rodrigo Gomez Rovira, Éditions Xavier Barral
È un viaggio dall’altra parte del mondo in cui si mescolano le fotografie di Rodrigo Gómez Rovira e quelle di suo nonno, che nel 1938 si trasferì con la famiglia nella Terra del fuoco, in Cile, dopo la grande riforma agraria. Quarant’anni dopo, la generazione successiva andò in Francia per sfuggire alla dittatura. Solo negli anni novanta il fotografo Rodrigo Gómez Rovira decise di tornare in Cile alla ricerca delle sue origini e della storia della sua famiglia. Il libro è una forma di memoria dell’oggi, una riflessione sul tempo e un elogio alla fine del mondo. Una scrittura intimista e un oggetto commovente.

Sorprese a prezzi economici
Mak Remissa, Philong Sovan, Ti Tit, Les éditions de l’œil
Non c’è un editore che possa pubblicare questi tre fotografi cambogiani nel loro paese. Nessuno di loro – che abbiamo pubblicato su Internazionale qui, qui e qui – aveva fatto dei libri finora. L’iniziativa dell’Éditions de l’oeil di consacrare tre fanzine a tre autori di tre generazioni diverse è più che benvenuta. Tre piccole opere di 36 pagine, in edizioni limitate di 100 esemplari e dieci copie firmate a 100 euro ciascuna.

Chine 1948-1949/1958. (Henri Cartier-Bresson)

Un classico rivisitato
Chine 1948-1949/1958
Henri Cartier-Bresson, Delpire
Henri Cartier-Bresson non ha mai voluto rieditare le sue opere classiche. Il catalogo della mostra che la sua fondazione ha consacrato ai suoi viaggi in Cina non è quindi un fac simile dell’originale del suo libro _D’une Chine à l’__autre_ (Delpire, 1954). Ma una rilettura di due grandi viaggi dell’autore in Cina, durante la rivoluzione e dieci anni dopo. Dispiace solo che nel nuovo volume non sia stata messa abbastanza in risalto la prefazione di Jean-Paul Sartre che compariva nella versione originale.
In Italia il libro è pubblicato da Contrasto.

Una riscoperta storica
Variétés, Éditions Actes Sud
È stata una delle esposizioni storiche più riuscite delle ultime edizioni del festival Les rencontres d’Arles, in Francia. Il catalogo che l’ha accompagnata fa scoprire la ricchezza di questa rivista d’arte, la Revue mensuelle illustrée de l’esprit contemporain, fondata a Bruxelles, che ha attratto i migliori autori surrealisti – Breton, Philippe Soupault e Aragon tra gli altri – e che pubblicò ampiamente Man Ray, Germaine Krull, Berenice Abbott, László Moholy-Nagy e Florence Henri.

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