Il 28 maggio la camera dei deputati ha approvato all’unanimità (in seguito i parlamentari dell’opposizione hanno ammesso di non aver compreso tutti i dettagli del testo e quindi di aver sbagliato a votare) la mozione Baldelli, un documento che propone al governo delle soluzioni al problema dei debiti della pubblica amministrazione verso i suoi fornitori.

Attualmente lo stato italiano deve circa 57 miliardi di euro a migliaia di imprese, non è puntuale nel pagamento delle fatture e in alcuni casi provoca il fallimento del fornitore con la conseguente perdita di posti di lavoro (nel 2017 la Commissione europea ha anche avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia sull’attuazione della direttiva sui ritardi di pagamento). Tra le altre cose, la mozione invita il governo (non è stata approvata alcuna legge e spetta all’esecutivo decidere cosa fare) “a dare ulteriore seguito al processo di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, anche valutando di assumere iniziative per l’ampliamento delle fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione, oltre che la cartolarizzazione dei crediti fiscali anche attraverso strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio”. In sostanza la camera dei deputati propone di accelerare la possibilità per le aziende di compensare i loro crediti deducendoli dalle tasse dovute allo stato. In più propone che lo stato cartolarizzi i suoi crediti fiscali, cioè li usi come garanzia nell’emissione di titoli di stato con cui pagare i fornitori. La mozione, in particolare, suggerisce l’emissione di titoli di stato di piccolo taglio, i cosiddetti minibot.

I minibot potrebbero trasformarsi in una sorta di tassa occulta sulle aziende

La scelta di indicare i minibot come soluzione e soprattutto la natura giuridica di questi titoli non è affatto chiara e ha suscitato molte polemiche. Il 6 giugno Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea (Bce), ha illustrato la questione in questi termini: “O sono moneta, e quindi sono illegali, o sono debito, e quindi aumentano il debito pubblico. Nient’altro”. Anche il ministro dell’economia Giovanni Tria si è espresso dicendo che a suo parere non è soluzione praticabile.

In base alle regole di contabilità pubblica accettate a livello internazionale, i debiti della pubblica amministrazione non sono conteggiati nel debito pubblico, perché in teoria sono compensabili con altri crediti vantati dallo stato. Usare i minibot per estinguerli, quindi, vuol dire far rientrare quei 57 miliardi nel debito pubblico. In questo caso, come dice Draghi, i minibot sono semplicemente nuovo debito. Sarebbero peraltro inutili, visto che si possono emettere altri titoli già usati normalmente o che comunque un fornitore potrebbe rivalersi direttamente sulle tasse dovute allo stato. Inoltre, è probabile che un’impresa che cerchi di incassare soldi contanti rivendendo i minibot a una banca riceva meno del valore nominale del titolo: in questo caso i minibot si trasformerebbero in una sorta di tassa occulta sulle aziende.

Ma allora che senso ha proporli? A questo punto resta la seconda opzione indicata da Draghi: i minibot sono di piccolo taglio, non hanno né tassi d’interesse né scadenza e in teoria possono essere scambiati, quindi potrebbero diventare una moneta parallela all’euro. Se è così, si tratterebbe di una violazione dei trattati comunitari e di un passo decisivo verso l’uscita dell’Italia dalla moneta unica, un obiettivo perseguito più o meno apertamente da diversi esponenti dei partiti al governo, convinti di risollevare le sorti dell’economia italiana e mantenere le loro promesse elettorali facendo nuovi debiti, possibilmente con una moneta propria sganciata dalle regole e dai vincoli dell’Europa.

Questa prospettiva da paesi di Bengodi, però, si scontrerebbe con la durezza della realtà: molto probabilmente la nuova moneta non godrebbe di grande credibilità sia tra i cittadini comuni, che potrebbero sperimentare presto una sua forte svalutazione rispetto al più affidabile euro, sia verso gli investitori, che sarebbero ancora meno disponibili di oggi a prestare soldi allo stato italiano, aprendo la strada verso la sua insolvenza. A quel punto i minibot potrebbero rivelarsi molto dannosi oltre che inutili.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it