26 novembre 2017 13:21

Le elezioni statali e locali che si sono svolte negli Stati Uniti tra settembre e novembre hanno dimostrato il potenziale politico di una coalizione emergente formata da donne, neri, ispanici e attivisti lgbt. Le vittorie più significative sono arrivate lontano dalle roccaforti progressiste, spesso in stati e in città dove storicamente le minoranze sono state sotto attacco e ancora oggi rischiano di perdere diritti conquistati faticosamente: un nero transgender è entrato nel consiglio municipale di Minneapolis; una donna di origini ispaniche governerà a Topeka, in Kansas; un sikh è diventato sindaco di Hoboken, in New Jersey; candidate transgender e altre di origine vietnamita sono entrate nei parlamenti statali; e un rifugiato liberiano sarà sindaco di Helena, in Montana.

È in questo contesto che bisogna osservare la nascita di una nuova generazione di sindaci afroamericani nel sud del paese, in stati – come Louisiana, Alabama e Mississippi – che più di tutti hanno sofferto le conseguenze della schiavitù, della guerra civile e della segregazione razziale. Molti di questi sindaci sono giovani, quasi sempre distanti dalle posizioni dei dirigenti del Partito democratico e spesso hanno cominciato le loro carriere politiche come attivisti nei quartieri a maggioranza nera, quelli dove generalmente le risorse e le infrastrutture sono poche e la criminalità e gli omicidi da parte della polizia sono sopra la media.

Gli abitanti di New Orleans accusano i politici di voler fare cassa criminalizzando le persone

L’ultima vittoria in ordine di tempo è stata quella di LaToya Cantrell, che il 18 novembre è diventata la prima donna a essere eletta sindaca di New Orleans. Sarà anche la prima sindaca a non essere legata alle storiche alleanze politiche della città. Cantrell è nata a Los Angeles e si è traferita in Louisiana solo nel 1990, per frequentare la Xavier university, un college che fa parte della rete di istituti storici per afroamericani. È andata a vivere a Broadmoor, un quartiere operaio a maggioranza nera. Come per molti dei candidati neri che si sono imposti a New Orleans negli ultimi anni, la sua storia politica comincia nel 2005, nei mesi dopo l’uragano Katrina, che causò quasi duemila vittime, colpendo in modo particolare i quartieri neri. Poche settimane dopo il passaggio dell’uragano le autorità comunali proposero di radere al suolo Broadmoor, che era stato inondato da tre metri d’acqua, e costruirci sopra un parco.

Come presidente della Broadmoor improvement association, Cantrell convinse gli abitanti a tornare nel quartiere e a ricostruirlo, e insieme ad altri attivisti si oppose ai piani del comune. Alla fine riuscirono a raccogliere cinque milioni di dollari per tenere in vita il quartiere e farlo ripartire. In campagna elettorale Cantrell ha messo l’accento sull’edilizia popolare, sulla riduzione della criminalità e sullo sviluppo delle infrastrutture dei quartieri poveri, e dopo la vittoria ha promesso che eliminerà le telecamere piazzate sulle strade, che negli ultimi anni sono state una fonte di introiti significativa per il comune, ma sono molto criticate dai residenti, che accusano i politici di voler fare cassa criminalizzando le persone.

Birmingham, in Alabama, una delle città statunitensi con il passato razziale più difficile e un simbolo del movimento per i diritti civili degli anni sessanta, ha eletto il sindaco più giovane della sua storia recente. Randall Woodfin, un nero di 36 anni, ha sconfitto William Bell, un politico della vecchia generazione di leader afroamericani, con una campagna elettorale obamiana: una vasta coalizione che metteva insieme giovani bianchi, neri di tutte le età (che rappresentano il 73 per cento della popolazione) e ispanici, quartieri poveri e zone benestanti, e una strategia che ha sfruttato molto i social network e le piccole donazioni. Woodfin era stato pubblicamente sostenuto da Bernie Sanders, il senatore socialista del Vermont che l’anno scorso ha sfidato Hillary Clinton alle primarie democratiche e oggi sta coltivando una schiera di candidati radicali in molti stati del paese.

Woodfin governerà una città in costante declino demografico (ha perso più del 3 per cento della popolazione negli ultimi dieci anni) ed economico: la disoccupazione è in aumento e il 29 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il doppio della media nazionale.

Un sindaco rivoluzionario
E poi c’è Chokwe Antar Lumumba, un nero di 34 anni che a luglio è diventato il sindaco di Jackson, capoluogo e città più popolosa del Mississippi. “Non sono un progressista, sono un rivoluzionario”, ha detto in un’intervista al Guardian. Leggendo la sua storia, prima ancora che le sue proposte elettorali, si capisce cosa intenda. Lumumba ha ereditato il suo nome dal padre, che in realtà si chiamava Edwin Taliaferro ma lo cambiò in Chokwe Lumumba a fine anni sessanta, quando entrò nella Republic of New Africa (Una), un movimento di nazionalisti neri che volevano creare uno stato a maggioranza afroamericana nel sudest degli Stati Uniti.

Nel 1971 una delegazione dell’Rna partì dalla sede di Detroit, in Michigan, diretta a Bolton, una cittadina a sud di Jackson, in Mississippi, dove il gruppo voleva creare un base da cui diffondere il suo messaggio. In estate ci fu uno scontro tra gli attivisti e la polizia, che causò la morte di un agente e l’arresto di molti membri dell’Rna. Lumumba tornò a Detroit, dove diventò avvocato e negli anni difese Geronimo Pratt, leader delle Pantere Nere condannato a 27 anni di carcere, ma poi scagionato e risarcito con cinque milioni di dollari, e il rapper Tupac Shakur. A Jackson intanto andavano in scena i capitoli più tragici di quel periodo di tensioni razziali: nel 1963 in città fu ucciso Medgar Evers, uno degli attivisti neri più influenti dell’epoca, e folle di bianchi inferociti assalivano chiunque arrivasse in città per contestare la segregazione.

Negli anni novanta Lumumba disse alla famiglia che aveva degli “affari in sospeso”, in Mississippi, e costrinse moglie e figli a seguirlo al sud. All’epoca Chokwe Antar aveva dieci anni, e visse il trasferimento come uno schock. Jackson era una città dove di fatto la segregazione razziale era ancora in vigore (nonostante le leggi e le sentenze che tra gli anni cinquanta avevano obbligato lo stato a integrare le scuole e i locali pubblici) e non si poteva parlare di razzismo perché era un tema offensivo.

Si è messo in moto un processo di desegregazione, che però non è mai sfociato nell’intregrazione

Con gli anni la situazione è migliorata, si è messo in moto un processo di desegregazione, che però non è mai sfociato nell’integrazione. Semplicemente, i bianchi se ne sono andati: nel 1970 costituivano il 60 per cento della popolazione, oggi invece i neri sono l’80 per cento. La fuga dei bianchi è coincisa con l’aumento della povertà: come Flint, in Michigan, Jackson ha un problema di contaminazione dell’acqua potabile causato dal deterioramento delle infrastrutture, ed è in una situazione di grave indebitamento che ha messo di fatto la città sotto il controllo delle autorità statali.

Lumumba, che come suo padre è laureato in legge, ha vinto le elezioni a giugno sull’onda della rabbia dei cittadini per questa situazione (ha conquistato il 93 per cento dei voti), e ora pensa che l’unico mondo per invertire la tendenza sia attuare un programma realmente radicale e ricostruire il rapporto tra il municipio e la comunità: uno degli strumenti, secondo il sindaco, sono la assemblee del popolo, incontri che si tengono ogni tre mesi e in cui i cittadini prendono la parola per criticare o mettere al corrente della situazione i loro rappresentanti politici.

Citando Malcol X, Lumumba parla dell’autodeterminazione e di unità tra le comunità delle varie città a maggioranza nera ed economicamente depresse. Ma il suo radicalismo è accompagnato e mitigato da un approccio flessibile in campo economico: “Saremo una città favorevole agli investimenti”, ha detto al Guardian, “vogliamo che le aziende vengano in città e facciano tanti soldi”.

La sua vittoria, come quelle di Woodfin e Cantrell, nasce da condizioni molto particolari, ma è anche il risultato di un radicalismo sempre più diffuso in stati dove storicamente la politica è dominata dai bianchi conservatori, come Alabama, Mississippi e Louisiana. E il cui obiettivo è lanciare un messaggio ai politici nazionali, non tanto a Donald Trump e ai repubblicani, ma piuttosto ai leader del Partito democratico, che negli ultimi anni sembrano aver perso di vista i problemi che preoccupano le comunità nere in tutto il paese: la mancanza di infrastrutture e servizi nei posti dove vivono; le politiche urbanistiche e immobiliari che danneggiano in vari modi i quartieri a maggioranza nera, creando di fatto una nuova segregazione; i rapporti con la polizia, in molte comunità percepita come una forza di occupazione; il fatto in molte città gli afroamericani siano multati e sanzionati per infrazioni minori in modo sproporzionato rispetto ai bianchi.

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