Una donna di 23 anni incinta è stata trasferita d’urgenza nella notte tra il 10 e l’11 aprile. Si chiama Osumah e ha avuto un attacco epilettico, così il comandante della nave Alan Kurdi, dell’ong tedesca Sea-Eye, ha chiesto lo sbarco immediato e il ricovero della donna nigeriana. A suo marito invece è stato impedito di seguirla ed è rimasto a bordo insieme ad altre 62 persone, mentre la motovedetta maltese portava sulla terraferma la donna. Da otto giorni, i naufraghi soccorsi il 3 aprile dalla nave umanitaria sono bloccati al largo di Malta, in attesa che si concluda una trattativa tra il governo maltese e l’Unione europea per il ricollocamento dei profughi.

“Possiamo solo sperare che Osumah possa presto stare meglio, qui a bordo non potevamo più aiutarla”, dice Werner Czerwinski, il capitano della nave, che con gli altri sedici membri dell’equipaggio da giorni chiede un porto di sbarco al governo italiano e a quello maltese. “Le persone mi chiedono quanto dovranno rimanere a bordo e perché ci vuole così tanto tempo. Hanno paura della prossima fase di maltempo. Molti di loro hanno avuto il mal di mare e si sono ripresi solo lentamente. Hanno visto che due donne sono crollate e hanno dovuto essere portate via d’urgenza. Questa non è una condizione adeguata per persone che hanno vissuto esperienze così terribili e non è una condizione adeguata nemmeno per il mio equipaggio”.

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La portavoce di Sea-Eye, Carlotta Weibl, ha detto che le condizioni a bordo sono critiche e che per giorni la nave è stata lasciata senza rifornimenti. Solo il 9 aprile un’imbarcazione dell’ong maltese Moas ha potuto raggiungere la nave Alan Kurdi portando cibo, acqua, medicine, vestiti, coperte, biancheria intima. “Abbiamo cercato di alleviare la loro sofferenza in attesa di una risposta che venga dall’Europa, per noi è un messaggio di speranza”, ha detto la fondatrice e direttrice del Moas Regina Catrambone.

“La situazione è molto difficile, ieri c’era molto vento e non era semplice fare il trasbordo da una nave a un’altra”, continua Catrambone. “Le persone stanno male a causa del mare grosso, abbiamo portato medicinali per il mal di mare, ci sono persone per terra, la nave è piccola”, spiega la fondatrice di una delle prime organizzazioni umanitarie a operare soccorsi nel Mediterraneo centrale nel 2014. “Queste navi non sono adatte a ospitare a lungo molte persone a bordo”, afferma. “Ci sono due bambini: Emanuel di otto anni e una bambina di otto mesi, bisogna intervenire subito”.

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Dopo il soccorso in acque internazionali, la Alan Kurdi aveva fatto rotta sull’Italia e si era avvicinata alle coste di Lampedusa, ma il 4 aprile il ministero dell’interno aveva diffuso una direttiva, firmata dal capo di gabinetto Matteo Piantedosi, indicando come “passaggio non inoffensivo” l’eventuale ingresso nelle acque italiane da parte della nave che batte bandiera tedesca. Secondo la direttiva e per il governo italiano il diritto marittimo internazionale non sarebbe valido in questo caso e l’eventuale sbarco dei naufraghi sarebbe un problema per “il buon ordine e la sicurezza dello stato”.

Intanto il 10 aprile un’imbarcazione senza motore, con venti persone a bordo che aveva dato l’allarme alla piattaforma internazionale AlarmPhone, è rimasta alla deriva per quindici ore, senza ricevere soccorsi. Alla fine è intervenuta una motovedetta libica che ha riportato le persone intercettate nei centri di detenzione libici, che sorgono in molti casi in zone interessate dal conflitto che si è riacceso negli ultimi giorni tra i due governi libici rivali.

Le organizzazioni internazionali e le organizzazioni umanitarie avevano chiesto che si prestasse soccorso all’imbarcazione avvistata anche da Moonbird, l’aereo dell’ong SeaWatch. AlarmPhone aveva informato le sale operative della guardia costiera di Tunisi, Roma e La Valletta. Ma alla fine le persone sono state riportate in un paese che non può essere considerato “porto sicuro”, secondo la legislazione internazionale.

Intanto si susseguono le chiamate di soccorso, ma non ci sono navi umanitarie nel Mediterraneo centrale. Il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura l’11 aprile ha dato la notizia di un’imbarcazione in difficoltà con 90 persone a bordo nel canale di Malta, tra Porto Empedocle e Pozzallo.

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