26 ottobre 2018 17:15

Italiani brava gente. Amnesie e memorie del colonialismo è una mostra video collettiva, inaugurata il 23 ottobre alla Fondazione Volume! di Roma. Il progetto fa dialogare tre opere molto diverse tra loro, che hanno però l’obiettivo comune di decostruire l’immaginario del colonialismo italiano in Africa, una fase cominciata subito dopo l’unità e proseguita in epoca fascista.

Le campagne militari in Somalia, Eritrea, Etiopia e Libia sono state brutali e hanno creato una retorica razzista basata su una presunta inferiorità fisica e mentale del colonizzato e la presunta superiorità dei colonizzatori, gli italiani, quella brava gente che “in fondo” ha solo portato civiltà in posti che civili non erano, diffondendo il falso mito di un colonialismo docile, all’italiana appunto.

In una forma diversa e complessa, questa narrazione sopravvive ancora oggi, basta leggere i quotidiani, anche a giorni alterni.

Ecco perché secondo Vasco Forconi, curatore e ideatore della mostra, bisogna smontare un linguaggio cresciuto nella paura dell’altro e che ha generato l’attuale violenza nel discorso politico. L’idea di Italiani brava gente nasce da alcune domande essenziali: “Quale ruolo può giocare l’arte per sostenere un processo di decolonizzazione nella sfera pubblica italiana? E come può decostruire quegli immaginari che silenziosamente avvelenano il nostro presente?”.

Il trailer della mostra


Le tre opere video in mostra alla Fondazione Volume! danno un contributo decisamente interessante alla questione, offrendo prospettive diverse sull’amnesia collettiva del colonialismo italiano.

Il percorso comincia con The remains of the father di Bridget Baker, artista sudafricana che realizza performance, installazioni e video sulla riappropriazione della memoria. L’opera racconta la giornata lavorativa di una giovane ricercatrice eritrea impegnata a tradurre A contribution to the birth of the colonial style di Giovanni Ellero, etnologo italiano che ha vissuto in Eritrea dal 1936 al 1941. Una narrazione lenta e frammentata, tra finzione e documentario, che riporta alla luce un archivio privato di memorie coloniali.

La lingua di Menelik è il giocattolo evocato dal collettivo Fare Ala e Wu Ming 2 in Viva Menilicchi!. Il racconto prende vita nelle strade di Palermo in cui si intrecciano il ricordo della contestazione degli anarchici contro le politiche coloniali del regno d’Italia, nel 1896, con gli episodi più recenti di violenza e omertà nei confronti di immigrati.

In Black rain Alterazioni Video e Luca Babini usano l’ironia e la scorrettezza per affrontare il tema della xenofobia e dei flussi migratori sull’isola di Lampedusa. Il loro linguaggio è pop, inaspettato e lascia lo spettatore incredulo, proprio come gli abitanti colpiti dalla misteriosa pioggia nera.

Italiani brava gente alla Fondazione Volume!. (Giorgio Benni, Per gentile concessione di Fondazione Volume!)

La mostra fa parte della rassegna romana Videocittà e rimarrà aperta fino al 3 novembre.

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