10 ottobre 2018 14:06

“Viaggerai tra il tempo e le sue ombre”, “i nostri anni hanno già visto tutto”, “il tempo va e non lo puoi fermare”. Nei testi delle canzoni di 8, il nuovo disco dei Subsonica in uscita il 12 ottobre, il tema del tempo ricorre in modo quasi ossessivo. L’ottavo disco della band torinese, arrivato dopo quattro anni di pausa e progetti solisti, e anticipato dal singolo Bottiglie rotte, ha riportato il gruppo “al punto di partenza”, per citare le parole del cantante Samuel.

L’album non si chiama 8 solo perché è l’ottavo lavoro della band, ma anche perché l’8 è uno dei simboli più antichi e discussi dalla numerologia e rappresenta l’infinito. Questo spiega anche perché la conferenza stampa di presentazione del disco si è tenuta in Puglia a Castel del Monte, uno splendido edificio del tredicesimo secolo sull’altipiano delle Murge occidentali, costruito durante il regno di Federico II. Il castello si sviluppa su una pianta ottagonale circondata da otto torri ottagonali e il numero otto ricorre diverse volte in altri particolari architettonici, oltre che nelle decorazioni interne.

I Subsonica hanno fatto ascoltare i brani all’interno del cortile del castello, commentandoli insieme a un gruppo di giornalisti seduti su sedie di plastica trasparenti mentre gruppetti di turisti facevano capolino incuriositi. Si sono presentati sorridenti e rilassati, a dispetto del luogo comune che vuole rapporti tesi all’interno del gruppo, e con un abbigliamento vintage: il cantante Samuel, con cappello, occhiali da sole e felpa rossa era il più appariscente. 8 è stato registrato a Torino in sei mesi, tra gennaio e giugno 2018, e mixato a Londra con la produttrice Marta Salogni.

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L’ascolto è cominciato con Jolly Roger, il brano che apre il disco e ne è di fatto il manifesto sonoro, con quelle chitarre un po’ funk e la sezione ritmica robusta. Il pezzo sembra uscito fuori da una serata ai Murazzi, mentre racconta “la notte sopra un mixer”. In Punto critico, un brano con una classica progressione alla Subsonica, il suono anni novanta diventa il veicolo sui cui far viaggiare la critica sociale degli anni duemila, con versi sospesi tra ironia e contestazione e giochi di parole in stile Microchip emozionale (“Saldi, vetrine, shish kebab” e “Patria, nazione, liposuzione” sono tra i versi più riusciti), anche se il pezzo non ha la forza degli anni d’oro.

“È la prima volta che la musica entra dentro queste mura a forma di ottagono che creano un punto d’incontro tra il cielo e la terra”, dice Max Casacci, chitarrista e autore di gran parte dei brani della band, subito dopo aver preso la parola nel cortile di Castel del Monte. Come tanti presenti, anche lui spesso alza lo sguardo per sbirciare le mura del castello. “Abbiamo scelto di far partire il disco dagli anni novanta, perché un gruppo che rimane fedele a se stesso può rimanere protagonista del suo tempo anche se gli anni passano”, spiega Casacci, “non è un caso che nel ritornello di Jolly Roger, che ho scritto insieme a Samuel, ripetiamo più volte: ‘Adesso siamo qui’. Anche dal punto di vista politico secondo noi ci sono diversi punti di contatto tra il periodo in cui abbiamo cominciato a fare musica e il presente. I giovani di oggi hanno tanti motivi per riscoprire l’impegno politico: sono esclusi dalle leve del potere e non possono essere consolati né da questa sinistra che si autorottama né dal populismo”.

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“Ci abbiamo messo poco tempo a registrare 8, ma non è stato facilissimo. Ci siamo trovati insieme in studio dopo più di due anni di lontananza gli uni dagli altri, eppure ci sembrava non fosse passato nemmeno un secondo dall’ultima prova”, spiega il tastierista Boosta, che insieme a Samuel e Casacci firma i pezzi della band.

Quindi 8 è un disco nostalgico? Sì, in gran parte lo è. Ma non c’è da stupirsi: i Subsonica non sono più dei ragazzini e sono sulle scene da più di vent’anni. Max Casacci ha 54 anni, Samuel 46 e Boosta 44. E forse è per questo che le citazioni (e le autocitazioni) oggi sono la cifra stilistica più evidente della loro musica. Nel testo di Fenice per esempio è omaggiata Ancora tu di Battisti, mentre nel brano L’incubo, dove c’è il featuring del rapper torinese Willie Peyote, si tira ballo una “solitudine dei numeri primi” che fa pensare al romanzo di Paolo Giordano.

A proposito di presente, il rap sembra essere il genere che ispira di più la band. Oltre a Willie Peyote, nei ringraziamenti del disco compare anche il rapper sardo Salmo, che la band ha incontrato in occasione di un concerto a Olbia. “Abbiamo suonato insieme, a casa sua, a Olbia. Ci ha detto che ogni nostro pezzo è un singolone. Quella sera abbiamo fatto amicizia. Sta facendo un lavoro molto importante sulla musica, facendo conoscere un mondo che fino a qualche tempo fa era sotterraneo”, spiega Samuel.

Tra i pezzi più toccanti e personali c’è sicuramente Le onde, dedicato alla scomparsa di Carlo Rossi, ingegnere del suono e storico collaboratore della band morto nel 2015 in un incidente stradale. “Era una figura di riferimento fondamentale per la musica torinese e per quella italiana. Dedicare un brano a lui poteva risultare pretenzioso ma la cosa, nata spontaneamente al pianoforte e da una melodia di Boosta, è stata successivamente arricchita da ampi spazi strumentali, capaci di rendere sostenibile il peso dell’argomento. Che è la perdita di una persona cara, ma che è anche il nostro interrogarci sul significato di quello che succede dopo”, ha spiegato il gruppo.

A dicembre i Subsonica partiranno per un tour europeo in nove città, mentre a febbraio cominceranno i concerti nei palazzetti italiani. Il gruppo non ha voluto svelare quale sarà la scenografia, ma ha detto che “giocherà con il repertorio”, facendo dialogare i brani nuovi con i classici del suo repertorio. Anche in questo caso, sarà tutta una questione di cortocircuiti temporali.

“Il concerto è uno spazio sacro. Il live resta un’esperienza unica, perché ha bisogno di un’azione fisica da intraprendere. È un posto neutro, dove ci si incontra, tutti immersi nella stessa musica”, commenta Boosta sul finire della conferenza stampa. Da uno degli archi sul cortile si affaccia un gruppo di ragazzini. Alle spalle dei giornalisti, ancora seduti, i turisti asiatici scattano foto, probabilmente chiedendosi cosa sta succedendo.

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