13 marzo 2018 17:27

La fotografa Mayumi Suzuki ha perso i suoi genitori nel terremoto che l’11 marzo 2011 ha colpito la costa orientale della regione di Tōhoku, nel nord del Giappone. Il padre e la madre sono tra le migliaia di persone disperse a Onagawa, una piccola città di pescatori, dove la fotografa è nata e cresciuta.

Il padre di Suzuki gestiva uno studio fotografico nello stesso edificio in cui abitava con tutta la famiglia. “Dove c’erano le foto e la camera oscura erano rimaste solo macerie”, racconta la fotografa. Piano piano Suzuki è riuscita a recuperare delle foto, una delle macchine fotografiche del padre e un lavoro che aveva fatto su alcuni operai in California. “Le foto recuperate erano molto rovinate dalla polvere, dall’acqua e dal fango. Ma quei segni mi facevano pensare alle cicatrici lasciate nella mia città dal terremoto”.

Sono stati quegli oggetti ritrovati a spingere Suzuki a cominciare il suo progetto The restoration will. “Che messaggio volevano lasciare i miei genitori mentre stavano morendo? Cosa direbbero del fatto che sono diventata una fotografa? Scattare foto con l’obiettivo di mio padre è stato un modo per affrontare queste domande; ho avuto la sensazione di poter continuare a parlare con loro”, racconta la fotografa.

Il lavoro di Suzuki è in mostra, fino al 3 maggio, nella galleria Spazio Labò, a Bologna, che l’ha prodotta e curata. The restoration will è diventato anche un libro pubblicato alla fine del 2017 da Ceiba editions.

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