08 maggio 2020 13:00

In India i poveri e i migranti pagano per gli errori del governo

Sedici persone sono morte la mattina dell’8 maggio vicino alla città di Aurangabad, nell’India centrale, investite da un treno mentre dormivano sui binari. Erano lavoratori migranti che cercavano di raggiungere la stazione più vicina, dove speravano di poter salire su un treno per tornare nei loro villaggi di origine.

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Secondo il New York Times, si tratta delle “ultime vittime legate al lockdown indiano per il coronavirus e agli sforzi per riaprire alcuni settori dell’economia”. Quando è stato imposto il lockdown il 24 marzo e le fabbriche e le industrie sono state chiuse, molti migranti hanno perso la loro fonte di guadagno e non hanno avuto altra scelta che tentare di rientrare nei loro villaggi, molti a piedi dato che i trasporti erano stati sospesi. In India ci sono 40 milioni di lavoratori migranti, molti dei quali si trasferiscono dai villaggi nelle grandi città per lavorare come domestici, autisti, operai o venditori di strada.

Il lockdown è stato esteso per altre due settimane a partire dal 4 maggio, ma alcune restrizioni sono state allentate. Il governo ha annunciato che ai migranti sarebbe stato consentito di rientrare alle loro case con autobus e treni speciali.

I mezzi d’informazione locali hanno riferito che i migranti investiti dal treno erano stati licenziati da una fabbrica di acciaio in seguito al lockdown. Dopo aver camminato per 36 chilometri lungo i binari verso la stazione di Aurangabad, si erano fermati a riposare, pensando che i treni fossero ancora fermi. Il giorno prima undici persone erano morte nella fuga di gas in una fabbrica chimica.

Diversi commentatori hanno accusato il governo di Narendra Modi di non aver pianificato il lockdown, di usare la crisi per ripulire la sua immagine e di non preoccuparsi delle sofferenze delle persone più in difficoltà.

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