Aspettando Nomadland, il film di Chloé Zhao che a partire dal Leone d’oro sta dominando la stagione dei grandi premi, è quasi doveroso recuperare il primo film della regista. Ed è incredibile che ci sia voluto tanto per vederlo, perché a parte qualche tocco alla Malick, è una rappresentazione profondamente intelligente e coinvolgente della vita vera in cui attori non professionisti sono usati in ruoli molto vicini a quelli che “interpretano” nella realtà. Il film è ambientato a Pine Ridge, in South Dakota (dove nel 1890 si svolse il massacro di Wounded Knee che sterminò una tribù di sioux lakota). John Reddy e Jashaun St. John interpretano Johnny e Jashaun, un adolescente lakota e la sua sorellina, le cui vite vengono sconvolte quando l’assente padre, ubriaco, muore in un incendio. Al funerale incontrano tutta una serie di fratellastri e, come dice Johnny al fratello (che è in prigione), sembra che il padre sia tornato improvvisamente nelle loro vite proprio ora che è morto. Questo ci aiuta a capire la determinazione di Johnny a lasciare la riserva per raggiungere la sua ragazza a Los Angeles e provare a costruirsi una vita in California. Il dolore emotivo di Jashaun per essere stata abbandonata pulsa in tutto il film, e la sua presenza e le sue innocenti avventure danno calore a tutta la storia. Il talento di Zhao come autrice è già evidente nel suo film di debutto. E in sei anni ha scalato incredibili vette creative.
Peter Bradshaw, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati