L’Europa sta affrontando una delle estati più secche che si ricordino. Gli allarmi sulla siccità sono scattati in gran parte del continente, mentre gli incendi hanno costretto migliaia di persone ad abbandonare le loro case e la portata dei grandi fiumi è ai minimi storici. Una devastante ondata di caldo sta mettendo a dura prova la produzione agricola e la resistenza della natura. “Stiamo assistendo a una siccità senza precedenti in gran parte dell’Europa”, sottolinea Carlo Buontempo, direttore del Copernicus climate change service dell’Unione europea.

La siccità ha già complicato la produzione alimentare e di energia idroelettrica, aggravando la pressione sui mercati dovuta alla guerra in Ucraina. Molte amministrazioni comunali hanno chiesto ai residenti di ridurre il consumo di acqua potabile. Ma le cose potrebbero mettersi molto peggio. Anche se c’è ancora la possibilità che la tendenza climatica s’inverta e un agosto umido porti un po’ di sollievo, la fase più calda dell’anno è appena cominciata e le previsioni sono terribili. “In alcuni settori dell’agricoltura i danni si fanno già sentire. Le foreste sono indebolite. Dovrebbe succedere qualcosa di straordinario per trasformare il 2022 in un buon anno”, spiega Fred Hattermann, idrologo dell’istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam, in Germania.

I bollettini meteo annunciano un caldo torrido in gran parte dell’Europa. Nel Regno Unito il servizio meteorologico ha emesso un allarme rosso senza precedenti e il termometro ha superato i quaranta gradi, per la prima volta nella storia del paese.

Queste temperature prosciugheranno ulteriormente lo strato superficiale del terreno, che ha già perso gran parte della sua umidità. Le ondate di calore possono spingere gli alberi e gli arbusti a cercare l’acqua più in profondità per sopravvivere, consumando le falde da cui dipendono gli agricoltori, l’industria, le città e la natura durante i periodi asciutti. Questa pressione può portare al collasso di interi ecosistemi, spiega Niko Wanders, professore ed esperto di fenomeni idrologici estremi dell’università di Utrecht, nei Paesi Bassi: “Per riprendersi da questi effetti non basta una settimana. Servono anni”.

Alpi senza neve

Nella valle del Po, che ospita un terzo della popolazione italiana ed è una delle principali aree per la produzione alimentare in Europa, negli ultimi duecento giorni è piovuto poco o niente. Il più grande fiume d’Italia si è ritirato, lasciando dietro di sé una cicatrice di sabbia che attraversa i campi. Il governo italiano ha dichiarato lo stato d’emergenza in gran parte del nord.

Quest’inverno sulle Alpi è mancata anche la neve che alimenta i bacini idrici e le dighe idroelettriche. Secondo l’Afp in Italia la produzione di energia idroelettrica è diminuita del 40 per cento rispetto al 2021. Il calo non riguarda solo l’Italia e arriva nel peggior momento possibile per l’Unione europea, già messa in difficoltà dall’aumento dei prezzi dell’energia e dalla necessità di usare ogni fonte disponibile per sostituire il gas russo. In Portogallo a giugno le dighe hanno prodotto un quarto dell’energia idroelettrica rispetto allo stesso mese del 2021.

Con i mercati mondiali dei prodotti alimentari già al limite, la siccità spaventa gli agricoltori europei. La Commissione europea prevede che il raccolto totale di cereali sarà inferiore del 2,5 per cento rispetto all’anno scorso. Il calo della produzione potrebbe aggravare i problemi dei paesi poveri, alle prese con una crisi alimentare aggravata dalla guerra in Ucraina. L’Europa potrà comunque contare su un surplus di quaranta milioni di tonnellate di cereali destinate all’esportazione. Ma per gli agricoltori delle aree più colpite è una magra consolazione. Il 13 luglio il ministero dell’agricoltura ungherese ha dichiarato di aver già ricevuto 8.413 notifiche di danni dovuti alla siccità per un totale di 322mila ettari di terreni agricoli, il triplo rispetto al massimo registrato finora nei primi sei mesi dell’anno.

In Italia la prospettiva è ancora più tetra. “Prevediamo un calo della produzione attorno al 30 per cento, forse anche di più, specialmente per i cereali”, spiega Alessandra De Santis, coordinatrice dell’ufficio di Bruxelles della Confederazione italiana agricoltori. “Questo è il momento in cui le piante hanno più bisogno d’acqua per crescere. Se non possiamo irrigarle ora significa che perderemo parte del raccolto”.

La cronaca
Fuoco in tutta Europa

◆ A partire dalla metà di luglio una nuova ondata di calore ha investito l’Europa, facendo crollare diversi record storici di temperatura. I picchi più elevati sono stati registrati nella penisola iberica, dove il termometro ha raggiunto i 47 gradi e almeno mille morti in eccesso sono state attribuite al caldo estremo, ma il fenomeno non ha risparmiato nemmeno le regioni settentrionali del continente, come il Regno Unito, dove sono stati superati per la prima volta i 40 gradi. Il caldo, arrivato dopo mesi di siccità, ha favorito lo sviluppo di un numero insolitamente elevato di grandi incendi, che in molti casi sono sfuggiti al controllo dei vigili del fuoco. Il paese più colpito è la Spagna, dove i roghi hanno già distrutto un’area di almeno 70mila ettari, più del doppio della media annuale del decennio precedente. Il più grave, sulla Sierra de la Culebra, nella provincia di Zamora, ha provocato la morte di un vigile del fuoco e di un pastore e l’interruzione del traffico ferroviario. Le fiamme hanno raggiunto anche il nord del Portogallo, provocando almeno quattro vittime. Nella Gironda, sulla costa atlantica della Francia, due grandi incendi hanno devastato le foreste di pini marittimi intorno alla località turistica di Arcachon. Almeno 19mila ettari di vegetazione sono stati distrutti e 37mila persone sono state evacuate, tra cui migliaia di turisti. In Grecia i roghi hanno colpito la regione del Penteli, vicino ad Atene, e quella di Rethymno, a Creta. Altri incendi sono scoppiati vicino a Zara in Croazia, a De Haan in Belgio e sulle montagne di Larache nel nord del Marocco. Bbc


Richieste ignorate

Le siccità locali sono un fenomeno ricorrente in estate, soprattutto in Europa meridionale. Tuttavia la portata di quella che quest’anno ha colpito il continente è del tutto eccezionale. Dall’Ungheria alla Germania fino alla penisola iberica, la terra diventa sempre più secca. Il livello della maggior parte dei fiumi europei è al di sotto della media. “È chiaro che la situazione sta degenerando ovunque”, spiega Wanders.

Ormai è tardi per applicare le misure più efficaci per la gestione della siccità, molte delle quali prevedono la creazione di riserve strategiche. L’Unione europea ha chiesto di preparare un piano per la siccità per tutti i grandi bacini fluviali, ma molte capitali europee hanno fatto finta di niente. “Per mettere in atto questi piani non bastano poche settimane”, spiega Wanders. “Servono anni se non decenni per preparare un paese alla siccità”.

Se le attuali tendenze meteorologiche si confermeranno per il resto dell’estate, la siccità potrebbe assumere proporzioni storiche. Gli scienziati non devono risalire troppo indietro per trovare un paragone. Appena quattro anni fa l’Europa ha vissuto una siccità come ne dovrebbero capitare una volta ogni cinquecento anni. Attualmente, però, la portata del Reno è ancora più bassa rispetto al luglio 2018. In generale la situazione non è grave come quattro anni fa, spiega Andrea Toreti, scienziato del Centro comune di ricerca della Commissione europea, per poi aggiungere: “Non ancora”.

Non è chiaro fino a che punto il cambiamento climatico stia causando o aggravando la siccità attuale. Un’analisi di questo tipo è complicata, spiega Friederike Otto, professoressa dell’Imperial college London e tra le principali esperte mondiali nella ricerca sugli effetti del surriscaldamento globale sul nostro clima. Tuttavia Otto crede che il cambiamento climatico sia all’origine dell’aumento dei periodi di siccità in tutta Europa e soprattutto nell’area del Mediterraneo. Gli esseri umani hanno aggravato le cose sfruttando eccessivamente le risorse idriche, spiega Otto. “Gran parte del problema deriva dal prosciugamento del suolo”.

Wanders spiega che negli ultimi vent’anni la portata annua del Reno si è ridotta di 3,29 chilometri cubi rispetto alla media storica. “La tendenza è innegabile”, dice.

Secondo Toreti anche se gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra avessero successo, siccità come quella del 2018 potrebbero diventare un fenomeno comune alla metà del secolo.

Ci sono due dinamiche fondamentali nel rapporto tra il surriscaldamento del pianeta e le siccità in Europa. In primo luogo, un continente più caldo significa non solo una maggiore evaporazione, ma anche un anticipo della stagione vegetativa, che a sua volta comporta un consumo maggiore di acqua. “Le nostre falde acquifere, i nostri laghi e i nostri fiumi si riempiono in inverno”, spiega Hattermann. “Dato che gli inverni si stanno accorciando, le piante cominciano a crescere prima e usano più acqua. Quindi anche se le precipitazioni rimanessero inalterate, la terra sarebbe più secca”. Inoltre, il riscaldamento globale ha alterato l’andamento del clima e dei venti in Europa. I sistemi di alta pressione restano bloccati, e questo può creare lunghi periodi senza precipitazioni, come sta succedendo quest’anno.

A lungo termine ampie aree del continente diventeranno sempre più secche. Anche se quest’estate la siccità sarà interrotta, il sollievo per il suolo e le acque di superficie non basterebbe a riportare le falde acquifere e i bacini ai livelli che in passato erano normali, spiega Hattermann. “Per quello ci vorrebbero parecchi anni di piogge abbondanti”. ◆ as

Gli autori di questo articolo sono Karl Mathiesen, Eddy Wax, Antonia Zimmermann e Zia Weise.

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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati