Editoriali

Un pianeta vivibile per tutti

Secondo l’Onu, a novembre del 2022 gli esseri umani sulla Terra saranno otto miliardi, un miliardo in più rispetto al 2010. E il numero di persone che vivono sul pianeta dovrebbe crescere ancora prima di stabilizzarsi, alla fine del secolo, intorno a undici miliardi. E pensare che nel 1950 eravamo 2,5 miliardi. Un aumento che evoca immagini di metropoli sovraffollate, masse affamate, di un pianeta senza ossigeno.

Ma se la popolazione mondiale è cresciuta in modo così vertiginoso è perché le condizioni di vita sono molto migliorate negli ultimi decenni, e questa è sicuramente una buona notizia. L’espansione dell’assistenza sanitaria ha fatto diminuire la mortalità infantile e ci permette di vivere meglio e più a lungo. Anche se i progressi sono distribuiti in modo disuguale, si tratta comunque di una novità da celebrare.

Ma il sistema climatico della nostra vecchia Terra è stato stravolto dal continuo sfruttamento delle sue risorse. Cosa succederà domani? Per salvare il pianeta dovremmo cercare di ridurre drasticamente il numero degli esseri umani che verranno dopo di noi? E dove? Nei paesi industrializzati, in gran parte responsabili delle emissioni di gas serra? In occidente il tasso di fertilità è già basso, in media è di 1,5 bambini per donna. Fino a dove serve scendere per produrre effetti significativi? Nell’Africa subsahariana, principale motore della crescita della popolazione da qui al 2100? Gli esperti di demografia vedono l’andamento della popolazione come una portaerei ormai avviata: è quasi impossibile, nel medio periodo, deviare il suo corso.

Anche se in Africa la fecondità è in calo, la popolazione del continente è estremamente giovane e nei prossimi decenni i suoi bambini raggiungeranno l’età in cui potranno procreare.

Ma se vogliamo incoraggiare le famiglie ad avere meno figli, dobbiamo innanzitutto ridurre la mortalità infantile: qualunque genitore vuole veder crescere i suoi figli. Poi bisogna garantire a tutti l’accesso alla pianificazione familiare. E infine assicurarsi che i giovani possano frequentare la scuola secondaria, che è il modo migliore per limitare le gravidanze precoci. Tre sfide difficili per l’Africa subsahariana.

In ogni caso bisogna considerare che le emissioni prodotte da quella regione sono molto basse. La soluzione quindi è da un’altra parte. Se vogliamo salvare il pianeta abbiamo poca scelta: dobbiamo cambiare le nostre abitudini di occidentali viziati e avidi. Senza indugi. ◆ ff

Non dimenticare i crimini russi

La pausa delle operazioni militari dichiarata dalla Russia una volta completata la conquista della provincia orientale di Luhansk è finita dopo meno di due settimane. Il 16 luglio Sergej Šojgu, il ministro della difesa russo, ha ordinato alle sue forze di riprendere gli attacchi, presumibilmente con l’obiettivo di occupare l’ultima porzione del Donbass ancora controllata dagli ucraini, costituita da metà della provincia di Donetsk. Già prima che il suo ordine diventasse di dominio pubblico, le forze russe avevano ricominciato a uccidere un gran numero di civili ucraini, compresi i bambini.

L’attacco più sconvolgente c’è stato il 14 luglio, quando tre missili lanciati da un sottomarino nel mar Nero hanno colpito la città di Vinnycja, uccidendo almeno 23 persone, tra cui una bambina di quattro anni. Pochi giorni dopo le Nazioni Unite hanno pubblicato il loro ultimo bilancio delle vittime, confermando 5.110 morti e 6.752 feriti tra i civili dall’inizio dell’invasione. Ma le cifre potrebbero essere sottostimate.

Le implicazioni di tutto questo sono chiare: bombardando in modo indiscriminato aree abitate da civili, i russi hanno commesso crimini di guerra su larga scala. È importante ricordarlo in un momento in cui il conflitto si trascina e il dibattito si sposta dal piano umano a quello strategico e geopolitico. Naturalmente la possibilità di negoziare un cessate il fuoco, i probabili effetti della guerra sulla politica interna dei paesi europei e le presunte infiltrazioni di agenti russi nel governo ucraino sono argomenti importanti. Ma la ripresa dei combattimenti farà aumentare inevitabilmente la sofferenza degli ucraini. Non potrà esserci una conclusione giusta del conflitto senza considerare le colpe di Vladimir Putin e la necessità di metterlo davanti alle sue responsabilità. ◆ as

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1470 - 22 luglio 2022
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