Dicembre è il momento giusto per lanciare tutta la musica troppo intima e poetica che non può essere urlata. Su questa strada s’inserisce Blizzard, che senza fanfare arriva alla fine dell’anno come un sussurro, una meraviglia di pop-folk da camera. Il primo singolo To the sandals è la riflessione spettrale su una sparatoria durante un matrimonio a Cancún, caratterizzato da rintocchi di chitarra e un sassofono delicato. La voce cambia forma, non si capisce se è maschile o femminile. Nel corso di queste dieci tracce, il cantautore irlandese non si limita a fare eco alle sue influenze, come Jeff Buckley, ma costruisce un’architettura emotiva. La natura è una musa ricorrente: le stagioni, gheppi e falchi sopra le nostre teste, i corvi che cantano avvertimenti inascoltati. Queste immagini non sono solo decorative: ci guidano in un mondo in cui il desiderio è costante ma mai tetro. Una lente d’ingrandimento per la bellezza fragile dell’esperienza umana, per i modi con cui ci aggrappiamo alla memoria e alla speranza. Questo debutto è il culmine di una gavetta nei locali di Manchester, con cui Dove Ellis traduce una presenza magnetica in qualcosa di più grande, ancora da esplorare.
Sahar Ghadirian, Clash

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Questo articolo è uscito sul numero 1644 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati