Amare un mostro – perfino il più malvagio, perfino il più brutto – è possibile, e quando succede non lo si ama a metà, ma alla follia. Il Messico è decisamente un mostro. È feroce, è incommensurabile, può essere repulsivo o di una bellezza sfolgorante. Qui è tutto all’insegna del contrasto: nelle città, le villas miseria confinano con l’opulenza dei quartieri più ricchi; a nord si estendono deserti abitati da fantasmi come quelli che descrisse Juan Rulfo, mentre il sud racchiude mari color turchese, selve, boschi pieni di nebbia. I messicani sono capaci delle azioni più eroiche, come rischiare la vita per salvare gli anziani sepolti sotto le macerie di un terremoto, e delle più terribili, come quelle spesso raccontate dai mezzi d’informazione internazionali. I popoli nativi hanno subìto per più di cinque secoli l’emarginazione e le politiche repressive, ma la loro è una presenza costante e conferisce alla nostra cultura un sapore molto speciale. Oggi i migranti che arrivano da tutto il mondo la arricchiscono ancora di più. Ciò che unisce questi 120 milioni di persone è la fortissima identità nazionale, un’autoinfatuazione, artificiale come tutti i nazionalismi e insieme profondamente radicata. Negli ultimi due decenni le donne messicane hanno acquisito un ruolo fondamentale in tutti gli ambiti professionali e artistici, al punto che, per la prima volta nella storia, il nostro paese è guidato da una presidente donna.
I testi di questo numero sono stati scritti da uomini e donne fra i trenta e i sessant’anni. Alcuni sono conosciuti in tutto il mondo. È il caso di Fernanda Melchor, che è stata finalista all’International Booker Prize con il memoir Stagione di uragani (Bompiani 2018), e di Cristina Rivera Garza, che nel 2024 ha vinto il premio Pulitzer con il romanzo L’invincibile estate di Liliana (Sur 2023). Melchor è anche autrice di alcune inchieste giornalistiche che hanno avuto una grande eco. La seconda è una docente universitaria riconosciuta in Messico e negli Stati Uniti.
Anche Yuri Herrera ha insegnato negli Stati Uniti. Il suo Aztlán, D.C. propone questioni fondamentali in un momento in cui i migranti messicani – irregolari o no – sono demonizzati e deportati dal governo di Washington come se fossero dei criminali e non il motore dell’economia statunitense. In Un sorso d’olio Antonio Ortuño descrive benissimo le enormi disuguaglianze economiche del Messico, le sue tensioni sociali e le dinamiche di abuso tra classi diverse. La Boda romana di Julián Herbert si rifà a una cultura che popola l’immaginario letterario messicano da decenni: quella del narcotraffico. Esplora questo universo e le sue contraddizioni con una sensibilità non comune.
Molti dei racconti che pubblichiamo parlano di problemi seri con umorismo. In Il paese labirinto, Juan Pablo Villalobos ricorda la sua infanzia a Lagos de Moreno, nello stato di Jalisco, dall’acqua che mancava a casa sua (evento abituale in molte abitazioni messicane) all’onnipresente corruzione. Un romanziere più giovane ma già affermato è Daniel Saldaña París. Dai tempi di L’ombelico della luna (Il Saggiatore 2000), indimenticabile romanzo di Carlos Fuentes, molti scrittori messicani hanno cercato di descrivere l’incommensurabile e affascinante Città del Messico. Anche il testo di Saldaña París pubblicato qui è un riflesso dello sgomento che spesso proviamo noi abitanti di questa megalopoli poco prima di atterrarci. Yael Weiss descrive in modo molto efficace le vie, i locali e i quartieri della capitale messicana. I denti del dinosauro affronta i rapporti di coppia concentrandosi sull’ambiguità, sulla fugacità del desiderio e sulle sue dinamiche di potere. Weiss non è ancora riconosciuta come merita a livello internazionale, ma secondo me è la gemma nascosta di questa selezione.
Figlia di un noto psichiatra e neuroscienziato, Elisa Díaz Castelo crea una miscela perfetta tra letteratura e scienza. Il suo universo rimanda spesso all’infanzia, alla malattia, a una vita quotidiana che l’autrice riempie di magia e di mistero. Nate negli anni novanta, Clyo Mendoza e Inés Estrada, che si firma Inechi, rappresentano una generazione che stiamo appena cominciando a scoprire. Nel suo racconto Orizzonte dei fatti, la prima affronta la violenza del desiderio, l’ingiustizia sociale e la malattia mentale con una scrittura vitale e carica di erotismo. Inés Estrada, che si è formata negli ambienti del punk e delle fanzine, nella sua graphic novel Alienation racconta una coppia che cerca di ridefinire l’intimità in un mondo dove la tecnologia è onnipresente e la realtà virtuale un modo di sfuggire alle devastazioni della crisi climatica. Queste catastrofi sono sempre più presenti nella nostra letteratura. Prigione all’aperto, il magnifico racconto futuristico di Laia Jufresa, ne è un esempio.
Quasi tutti i popoli nativi dell’America Latina venerano la natura, e l’emergenza ecologica ha dato un nuovo senso a questo legame. Le fotografie di Maya Goded raccontano una spiritualità presente nel nostro paese da tempi immemori, una visione pluridimensionale del mondo, più vicina allo sciamanesimo che alla religione imposta dagli spagnoli. Il sentiero della serpe è un riflesso personalissimo della vita e della visione dell’universo di questa fotografa, e insieme una denuncia degli abusi ai danni dell’ecosistema commessi ogni giorno dal governo e dalle multinazionali.
Tutti questi testi ci dicono che l’intimità è spesso un riflesso della società, e la dimensione locale un riflesso di quella universale. Ci auguriamo che queste storie su mondi e problemi così diversi compongano un collage eloquente del Messico e aprano una finestra sul nostro paese. ◆ Traduzione di Federica Niola
I racconti e gli articoli di questo numero sono stati scelti dalla scrittrice messicana Guadalupe Nettel. Tra i suoi romanzi e raccolte di racconti, in Italia sono stati pubblicati dall’editore La nuova frontiera Bestiario sentimentale (2018), Petali (2019), La figlia unica (2020), Il corpo in cui sono nata (2022) e La vita altrove (2023). È stata direttrice della Revista de la Universidad de México, il più importante giornale letterario del paese.
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Questo articolo è uscito sul numero 1646 di Internazionale, a pagina 11. Compra questo numero | Abbonati