L’elenco delle elezioni che si svolgeranno nel 2023 in tutto il mondo è talmente lungo che i paesi coinvolti, da Andorra allo Zimbabwe, coprono quasi l’intero alfabeto. Non ci sono grandi paesi occidentali, giganti dell’economia o pesi massimi della geopolitica. Ma se anche ci fossero, non cambierei idea su quello che, a mio avviso, è il voto più importante dell’anno. Sto parlando delle elezioni presidenziali previste il 25 febbraio in Nigeria. Nel corso degli anni i lettori della maggior parte dei mezzi d’informazione internazionali sono stati portati a credere che nulla di ciò che succede in Africa influisca sulle loro vite. La maggior parte di queste testate non ha nemmeno un corrispondente in Nigeria.

Nascondere la testa nella sabbia quando si parla di Africa, e in particolare di Nigeria, è sbagliato, oggi più che mai. Il continente assiste ai cambiamenti demografici più rilevanti del mondo, e la Nigeria è al centro dell’azione. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, entro la fine del secolo l’Africa passerà da 1,4 miliardi a circa quattro miliardi di abitanti, che rappresenteranno una fetta molto più ampia della popolazione mondiale. Nello stesso arco di tempo, la Nigeria raddoppierà il suo peso demografico, superando gli Stati Uniti e diventando il terzo paese più popoloso dopo India e Cina, con circa 560 milioni di abitanti.

Produzione quotidiana di petrolio in Nigeria, milioni di barili, media mensile (Fonte: Banca centrale nigeriana/Bloomberg)

Il paragone con la Cina

Questi numeri sono talmente grandi che ad alcuni sembreranno incomprensibili o paralizzanti. Quando ho cominciato a interessarmi a queste tendenze demografiche, circa una decina d’anni fa, alle conferenze accademiche gli studiosi che intervistavo spesso reagivano scrollando le spalle, sostenendo che i numeri sulla popolazione africana dovevano essere del tutto sballati. Da allora, però, queste tendenze sono state confermate.

Elezioni
Pronti a votare
Elettori registrati per votare il 25 febbraio 2023 nelle macroregioni nigeriane, milioni (FONTE: THE ECONOMIST)

Oggi molte persone stanno mettendo da parte il loro scetticismo. Il che porta a interrogarci sulla democrazia nigeriana: sarà finalmente in grado di fare il bene della popolazione? Paradossalmente il modo migliore per cercare una risposta è guardare al passato recente di un altro gigante demografico, la Cina, che non è mai stata una democrazia. Alla morte di Mao Zedong, nel 1976, i dirigenti cinesi si resero conto che l’aumento vertiginoso della popolazione poteva essere un pericolo. Alcuni avvertivano che, anche con tassi di crescita economica sostenuta, non si sarebbe tenuto il passo della popolazione, e questo significava che, su base pro capite, le persone sarebbero diventate progressivamente più povere. Altri prevedevano che centinaia di milioni di nuovi contadini avrebbero “sommerso le città”.

Questo stato d’emergenza politica e intellettuale non dichiarato spinse la Cina ad adottare risposte di straordinaria importanza storica, con conseguenze positive, ma anche con effetti che il paese comincia ad affrontare solo oggi e che si faranno sentire ancora per decenni.

Alcuni politici del Partito comunista cinese si concentrarono su misure rigide di controllo della popolazione. Ma ci furono anche dei riformatori, relativamente più giovani, secondo i quali la popolazione giovane della Cina rappresentava per il paese un’opportunità incalcolabile. Sfruttando il suo ampio bacino di persone in età da lavoro e formate in modo mirato, la Cina riuscì a diventare una fonte di manodopera a basso costo per il mondo industrializzato. “Il tempo e la marea non aspettano nessuno, le opportunità bussano una sola volta”, dichiarò il primo ministro dell’epoca Zhao Ziyang.

Le idee espresse da Zhao, dopo aver dato vita a un intenso dibattito interno, servirono a convincere l’occidente che fosse nel suo interesse trasferire tecnologie alla Cina e segnarono l’ingresso del paese asiatico in una nuova era, durante la quale sarebbero nate su tutto il suo territorio le cosiddette zone economiche speciali, a partire da Shenzhen.

Il resto, semplificando per necessità, è storia. L’impegno della Cina in questa direzione, investendo nelle risorse umane attraverso l’istruzione, ha portato alla situazione attuale, in cui il paese è la prima potenza manifatturiera e il principale partner commerciale per gran parte del mondo.

Lagos, Nigeria, 31 gennaio 2023 (Reuters/Contrasto)

Allo stesso tempo, i timori di Pechino sulla crescita della popolazione erano fondati. La risposta della politica, però, è stata discutibile e potrebbe perfino essere considerata uno dei peggiori errori del novecento. Come documentato dall’antropologa statunitense Susan Greenhalgh, in campo demografico la Cina seguì i consigli di un ingegnere aerospaziale di nome Song Jian, adottando misure di pianificazione familiare sempre più rigide per ridurre la crescita della popolazione, tra cui la più nota è la politica del figlio unico, che portò ad aborti forzati su ampia scala. A causa delle distorsioni della struttura demografica oggi la Cina è alle prese con una crisi d’invecchiamento e un declino delle nascite su una scala mai vista. Questo peserà molto sulla ricchezza e il potere del paese.

Nel modo di affrontare i cambiamenti, la democratica Nigeria si contrappone alla Cina. La Cina è dominata da un partito unico, ha approfittato dei presunti vantaggi dell’autoritarismo, cioè della possibilità di agire in modo rapido e decisivo per gestire la sua numerosissima popolazione. Purtroppo è anche andata incontro a uno dei risvolti più negativi dell’autoritarismo: una soluzione catastrofica e autoimposta, cedendo all’irresistibile seduzione di esercitare il potere dall’alto verso il basso, senza opposizione.

Nessun dibattito

Cosa ci dice la campagna elettorale in corso in Nigeria del futuro del paese, in relazione alla demografia interna e alle altre questioni più importanti? Purtroppo la democrazia continua a essere drammaticamente carente. Nel corso di un recente viaggio nel paese non ho sentito nessuno discutere in maniera seria di come sfruttare il cosiddetto dividendo demografico, cioè il fatto che il numero di giovani in cerca di lavoro supera quello delle persone non attive (i bambini, da un lato, e gli invalidi e i pensionati, dall’altro). In teoria, un presunto vantaggio delle democrazie è che, da un dibattito interno, possono nascere buone idee. Ma in Nigeria nessuno sta parlando di queste opportunità che si presentano una volta sola. La principale argomentazione portata avanti dal candidato Bola Ahmed Tinubu – un ricco ex governatore di Lagos che da tempo aspira alla presidenza – sembra essere: “È arrivato il mio turno”. Lo slogan che i sostenitori attribuiscono all’altro candidato interno al sistema, l’ex vicepresidente Atiku Abubakar, è: “Ho fatto la gavetta”. Il terzo sfidante è un outsider, che ha il sostegno di alcuni strati della popolazione, per esempio dei giovani e intellettuali, ma di cui non si conosce la vera forza: Peter Obi.

Società
La povertà avanza
Variazione del pil pro capite, selezione di cinque paesi africani, percentuale (Fonte: Banca mondiale/Bloomberg)

Obi ha chiesto un confronto con gli altri due candidati – entrambi con alle spalle partiti grandi e consolidati – senza ottenerlo. Abubakar è salito con lui sul palco una volta, Tinubu nemmeno una. Questo potrebbe essere di per sé il riflesso di un disastro in arrivo. Le sfide d’interesse mondiale che la Nigeria si trova a dover affrontare vanno ben oltre quella demografica. Quando io cominciai a lavorare come giornalista il paese era il principale promotore della pace nella sua regione, ma ormai da anni non riesce più a mantenere la sicurezza di ampie aree del suo territorio, soprattutto al nord, dove i ribelli jihadisti hanno compiuto attentati terroristici, rapito centinaia di bambine e bambini e reso i viaggi a lunga percorrenza molto più pericolosi. Su questo tema fondamentale i candidati non hanno presentato proposte dettagliate su come migliorare le cose.

Come nella Cina del dopo Mao, i bisogni educativi di numerosissimi giovani nigeriani non vengono soddisfatti. Anche dal punto di vista economico il paese si è retto per troppo tempo sulla stessa ricetta, basata sui ricavi sempre meno consistenti delle esportazioni di petrolio, che sono spartiti in modo opaco e corrotto, e quindi si assottigliano ancora di più. La Nigeria è uno dei pochi paesi africani con un grande mercato interno. Ma la strada per uscire dalla povertà, che passa per l’espansione del settore manifatturiero e va verso processi ad alto valore aggiunto e una maggiore padronanza delle tecnologie, è ancora sostanzialmente bloccata.

Cogliete l’attimo

Durante il mio recente soggiorno in Nigeria alcuni intellettuali mi hanno detto che le strategie di Tinubu e Abubakar si concentrano sulla compravendita dei voti, una tradizione elettorale radicata ormai da anni in Nigeria. Mi sono chiesto come sia possibile che ancora funzioni, visto che nessun governo nigeriano di cui si abbia memoria ha mai articolato un programma in grado di migliorare, anche solo in teoria, le sorti del paese. La risposta che ho ricevuto da uno di questi intellettuali è stata illuminante: “La maggior parte delle persone che ricevono questi pagamenti non ha mai visto diecimila naira (20 euro) in un volta sola. Per loro è una cifra enorme”.

All’inizio di gennaio Olusegun Obasanjo, già due volte presidente e ancora oggi una delle figure più importanti nel panorama politico nigeriano, ha dichiarato il suo appoggio a Peter Obi, criticando l’uso di argomentazioni come “è arrivato il mio turno” e “ho fatto la gavetta” . “Il vigore, l’energia, l’agilità, il dinamismo e lo slancio richiesti per governare oggi la Nigeria non possono venire da chi ha più di settant’anni. Lo so per esperienza”, ha scritto. “Giovani della Nigeria, tocca a voi. Cogliete l’attimo, per favore. Ora o mai più”.

Economia
Entrate in calo
Produzione quotidiana di petrolio in Nigeria, milioni di barili, media mensile (Fonte: Banca centrale nigeriana/Bloomberg)

Comunque non ci sono ragazzini nella corsa per guidare uno dei paesi più giovani del mondo. L’età media dei tre candidati considerati più forti è 69 anni. Obi, il meno anziano, ne ha 61. Se aggiungiamo Muhammadu Buhari, il presidente uscente, la media si alza a 72 anni. All’inizio della mia carriera, seguii Buhari la prima volta che salì al potere, come dittatore militare, tra il 1983 e il 1985.

Grazie a quell’esperienza e al periodo in cui mi occupai del governo militare dell’ex presidente nigeriano Sani Abacha, a metà degli anni novanta, posso affermare che la dittatura ha reso alla Nigeria un servizio decisamente peggiore della democrazia.

Magari non sarà Obi a risolvere i problemi della Nigeria, ma a un certo punto bisognerà fare gli interessi dei ragazzi e delle ragazze nigeriane. Se il paese non è in grado di sostenere il dibattito su come portare avanti gli interessi del paese e offrire opportunità migliori ai suoi giovani, allora rischia di dover affrontare gravi crisi, molto più gravi di quelle che la Nigeria ha conosciuto nella storia recente.

Questo riguarda il resto del mondo molto più di quanto potremmo pensare. La Nigeria è abbastanza grande da poter influenzare, con il suo successo o il suo fallimento, le sorti dell’intera regione. Se dovesse collassare, lentamente o all’improvviso, potrebbe far affondare tutti i paesi vicini.

Il numero di abitanti che potrebbe perdere, sotto forma di emigrati istruiti o di profughi disperati, è sufficiente ad alterare gli equilibri di paesi in Europa o in Nordamerica in termini di mercati del lavoro e crisi migratorie. Le elezioni in Nigeria, in altre parole, sono un evento globale, anche se il mondo ne sa poco o niente. ◆ gim

Howard French è un giornalista statunitense che ha lavorato a lungo in Africa e in Cina. Insegna giornalismo alla Columbia university di New York.
Il suo ultimo libro è Born in blackness (Liveright 2021).

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Questo articolo è uscito sul numero 1499 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati