Giorgia Meloni, leader di un partito di estrema destra che affonda le sue radici nel post-fascismo e favorita per diventare presidente del consiglio dopo le elezioni del 25 settembre, è nota per i suoi crescendo retorici, il timbro di voce assordante e gli attacchi feroci contro la lobby gay, i burocrati europei e gli immigrati irregolari. Ma di recente, durante un’intervista in Sardegna, ha usato toni più morbidi. Le ho chiesto se fosse d’accordo con la lettura storica secondo cui il dittatore fascista Benito Mussolini, al di là delle sfumature, sia stato un danno per l’Italia. Da giovane Meloni ammirava Mussolini, ed era arrivata a definirlo un “buon politico”.

“Sì”, ha risposto in modo quasi impercettibile, tra un sorso di spritz e un tiro a una sigaretta sottile. Quella semplice sillaba la dice lunga sugli sforzi di Meloni per rassicurare un pubblico internazionale, in un momento in cui sembra destinata a diventare la prima politica di discendenza post-fascista a guidare l’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale. Un’impresa che sembrava inimmaginabile fino a poco tempo fa. Per riuscirci Meloni – che passerebbe alla storia anche come la prima donna a guidare l’Italia – deve fare un difficile atto di equilibrismo: da un lato rassicura la sua base elettorale, fatta di “patrioti” d’estrema destra, che lei non è cambiata; dall’altro, a livello internazionale, cerca di convincere gli scettici di non essere un’estremista e che gli elettori italiani, per lo più moderati, si fidano di lei, e quindi dovrebbero farlo anche loro.

Il 25 settembre gli italiani voteranno alle elezioni politiche per la prima volta dal 2018. In questi anni si sono avvicendati tre governi molto diversi tra loro, l’ultimo dei quali era sostenuto da un’ampia maggioranza e guidato da Mario Draghi, tecnocrate simbolo dell’europeismo.

Meloni guida l’unico grande partito, Fratelli d’Italia (FdI), che è rimasto fuori dal governo di unità nazionale, e questo le ha permesso di conquistare consensi tra gli elettori contrari al governo. La popolarità del suo partito è aumentata costantemente, passando dal 4 per cento del 2018 al 25 per cento degli ultimi sondaggi, in un paese in cui anche gli elettori moderati sono diventati insensibili alle accuse di fascismo o comunismo, ma continuano a mostrarsi entusiasti di fronte a nuovi leader potenzialmente provvidenziali.

Problema Salvini

Meloni sostiene che la crescita di consensi per FdI non significa che l’Italia si sia “spostata agli estremi”, ma semplicemente che gli italiani la considerano una politica affidabile, anche alla luce del suo tentativo di adottare una posizione più in linea con la politica istituzionale europea. Meloni, il cui slogan elettorale è “Pronti”, è diventata una convinta sostenitrice della Nato e dell’Ucraina, e dice di appoggiare l’Unione europea e l’euro.

I mercati internazionali e l’establishment europeo rimangono diffidenti. “Mi preoccupa il programma sociale e morale della destra” italiana, ha dichiarato di recente Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea.

Fino al mese scorso Meloni proponeva un blocco navale contro i migranti. In passato ha detto che l’Unione europea è complice del “progetto di sostituzione etnica dei cittadini europei voluto dai grandi capitali e dagli speculatori internazionali”. In passato ha definito l’euro la “moneta sbagliata”. Ha espresso sostegno nei confronti del primo ministro ungherese Viktor Orbán, di Marine Le Pen in Francia e delle democrazie illiberali dell’Europa orientale. Si è scagliata contro i “burocrati di Bruxelles” e gli “emissari” di George Soros, uno degli spauracchi preferiti della destra nazionalista e dei complottisti, secondo cui il mondo è controllato dai finanzieri ebrei.

Rimane il timore che, una volta al potere, Meloni svesta l’abito da pecora europeista e tiri fuori i suoi artigli da nazionalista, tornando su posizioni economiche protezionistiche, cedendo ai suoi partner di coalizione molto vicini al presidente russo Vladimir Putin, indebolendo i diritti degli omosessuali e minando le norme della democrazia liberale.

Comincia a sospettare che nessuno dei suoi due alleati, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, voglia una donna al comando

Meloni, che in privato è affabile e accomodante, dice che gli investitori internazionali e i leader degli altri paesi sbagliano ad avere paura. Anche nel bel mezzo di un’accesa campagna elettorale, ha rifiutato di abboccare all’amo del leader di una sinistra divisa e in difficoltà, che ha lanciato un “allarme per la democrazia italiana”. “Mi accuseranno di fascismo per tutta la vita”, dice Meloni. “Ma non m’importa perché tanto gli italiani non gli credono piu a ’ste cavolate”.

La leader di FdI sta cercando di accontentare la sua base elettorale (l’immigrazione di massa è “uno strumento nelle mani delle grandi potenze” per indebolire i lavoratori, ha detto durante il comizio di Cagliari) e di ricucire le fratture con gli altri leader della coalizione. Il suo principale alleato, Matteo Salvini, è diventato il preferito dell’estrema destra nel 2018, quando ha trasformato il suo partito, un tempo secessionista e radicato nel nord del paese, in una forza nazionalista. Ma Meloni sostiene che gli elettori di destra sono “tornati a casa, perché io vengo da quella cultura, quindi nessuno può interpretarla meglio di me”. Tuttavia, Salvini sta già creando problemi a Meloni, soprattutto per aver messo in discussione le sanzioni contro la Russia. Meloni dice che l’altro suo alleato di coalizione, l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi – famoso anche per aver ricevuto in regalo un letto da Putin – l’ha messa “in difficoltà come donna” all’epoca dei suoi scandali sessuali, in cui erano coinvolte giovani donne. Erano i tempi del cosiddetto bunga bunga e Meloni faceva parte del governo Berlusconi. La leader di Fratelli d’Italia sospetta che nessuno dei due alleati voglia una donna al comando. “Mi piacerebbe dire ‘non è un problema che io sia una donna’, ma non ne sono più sicura”.

Come donna in politica, Meloni non si è mai tirata indietro. La sua patina di autenticità, il suo accento romano e il suo stile incalzante e impetuoso sono entrati nel panorama politico e culturale italiano.

Nel 2019, dopo che si è schierata a favore della famiglia tradizionale e contro il matrimonio e l’adozione di figli per le coppie gay – pur avendo avuto lei stessa una figlia senza essere sposata –, due dj hanno remixato in chiave comica uno dei suoi furiosi comizi: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana”. È diventato virale. Meloni se ne è servita e ha intitolato la sua autobiografia _Io sono Giorgia _(Rizzoli 2021).

Senza paura

Meloni è cresciuta senza il padre, che quando era piccola si trasferì nelle isole Canarie. Dopo che lei e sua sorella hanno appiccato accidentalmente un incendio, la madre ha trasferito la famiglia nel quartiere popolare e di sinistra della Garbatella, a Roma. Meloni era sovrappeso e introversa, ma da quindicenne appassionata di libri fantasy (e di Michael Jackson, da cui dice di aver imparato il suo buon inglese) trovò quella che ha definito una seconda famiglia nel Fronte della gioventù, un movimento d’estrema destra legato al Movimento sociale italiano.

Si considerava una soldata nelle continue, spesso violente e talvolta mortali guerre ideologiche di Roma tra militanti di estrema sinistra e neofascisti, in un contesto in cui tutto, dalle partite di calcio alle scuole superiori, era politicizzato. Il leader del suo partito andò in Israele per condannare i crimini del fascismo proprio nel periodo in cui lei era in rapida ascesa. In seguito sarebbe diventata la più giovane ministra della storia della repubblica.

Ma quando il populismo ha travolto l’Italia, nell’ultimo decennio, Meloni ha adottato toni più duri e ha creato l’ennesima formazione dell’estrema destra, Fratelli d’Italia. Dice di non sopportare che gli esponenti del partito siano dipinti come “imbecilli nostalgici”, perché lei ha lavorato duramente per epurare i fascisti e costruire una nuova storia.

Come Salvini, ha usato i suoi profili sui social network per solleticare gli umori dell’opinione pubblica. Ha denunciato il rischio di un “impero” di “invasori” composto dal presidente francese Emmanuel Macron, dalla tedesca Angela Merkel, da Soros e da Wall street. Nel 2018 ha ospitato in una conferenza Steve Bannon, ex consigliere del presidente statunitense Donald Trump, dicendo di sostenere il suo tentativo di “costruire una rete che vada oltre i confini europei” e di guardare “con interesse al fenomeno Trump” e al “fenomeno Putin”. Aggiungendo poi: “E quindi, più la rete si allarga, più sono felice”. Ma una volta arrivata alla soglia del potere, Meloni ha cambiato idea. Oggi definisce Putin un aggressore e dice che è “assolutamente” favorevole all’invio di armi all’Ucraina.

I suoi critici però sono convinti che abbia rivelato la sua vera natura durante un recente discorso a sostegno del partito spagnolo di destra Vox. “Non c’è mediazione possibile. Sì alla famiglia naturale. No alle lobby lgbt”, ha urlato in spagnolo. “No alla violenza islamista, sì a confini più sicuri, no all’immigrazione di massa, sì al lavoro per i nostri cittadini. No alla grande finanza internazionale”.

“Il tono era molto sbagliato”, dice al New York Times. “Ma mi succede quando sono molto stanca”, spiega, aggiungendo che il suo modo di parlare appassionato “diventa isterico”.

Ci sono cose a cui non rinuncerà, tra cui la fiamma tricolore che ha ereditato come simbolo del suo partito. Molti storici sostengono che sia un richiamo alla fiamma sulla tomba di Benito Mussolini. Secondo lei “non ha nulla a che fare con il fascismo, ma è un riconoscimento del cammino compiuto dalla destra democratica nella nostra storia repubblicana”.

“Non spegnere la fiamma, Giorgia”, le ha urlato un sostenitore durante il comizio di Cagliari, dove ha riservato la sua invettiva più tagliente agli attacchi della sinistra che, a suo dire, ha cercato di dipingerla come “un mostro”. “Non mi fanno paura”, ha urlato sopra i cori di “Giorgia, Giorgia, Giorgia”. “Non mi fanno paura”. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1479 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati