L’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) avrebbe dovuto suscitare il terrore di politici e cittadini di tutto il mondo. Secondo l’Ipcc alcuni disastri climatici potrebbero verificarsi già nei prossimi quindici anni o addirittura nei prossimi dieci. Invece di reagire, però, i politici continuano a concentrarsi solo sulla guerra in Ucraina. È comprensibile, ma i governi occidentali sono troppo concentrati sul breve periodo. In molti si sono affrettati a ritrattare perfino i blandi impegni sul clima presi pochi mesi fa alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Glasgow.

L’invasione dell’Ucraina e le sanzioni occidentali contro la Russia hanno fatto salire i prezzi del carburante, in un momento in cui il mercato dell’energia si stava già surriscaldando a causa della ripresa economica statunitense ed europea. Invece di considerare l’aumento dei prezzi come un’opportunità per abbandonare più velocemente i combustibili fossili, i governi dei paesi più ricchi hanno cercato di ridurre il problema mantenendo bassi i prezzi nel mercato interno.

I paesi occidentali hanno sostenuto in modo rilevante il settore dei combustibili fossili, ma la quantità complessiva dei sussidi è stata nascosta dai metodi usati per misurarli

Dopo aver pregato senza successo l’Arabia Saudita di aumentare la produzione di petrolio, il presidente statunitense Joe Biden ha promesso di rendere disponibile nei prossimi sei mesi un milione di barili di petrolio al giorno provenienti dalle riserve strategiche degli Stati Uniti. L’Europa, colpita più duramente dalle conseguenze della guerra a causa della sua dipendenza dal gas naturale russo, vuole non solo aumentare l’energia nucleare, ma anche rilanciare quella prodotta con il carbone, il combustibile fossile più inquinante in assoluto. E i paesi occidentali erano quelli che puntavano il dito contro l’India e la Cina per il loro eccessivo uso di carbone.

Questa svolta avrà sorpreso solo chi finora si era bevuto la falsa retorica ecologista dell’occidente. Europa e Stati Uniti hanno sostenuto in modo rilevante il settore dei combustibili fossili, pretendendo al tempo stesso che paesi molto poveri s’impegnassero per ridurre le emissioni. La portata di quel sostegno però è stata nascosta dai metodi usati per misurarla.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) stimano che i sussidi al settore dei combustibili fossili forniti dai governi di 52 economie avanzate o emergenti – che rappresentano circa il 90 per cento della fornitura globale di energia prodotta da fonti fossili – abbiano raggiunto un valore medio di 555 miliardi di dollari (513 miliardi di euro) all’anno dal 2017 al 2019. Questo sostegno è calato a 345 miliardi di dollari (319 miliardi di euro) nel 2020 per il crollo del prezzo del petrolio e il calo di consumi durante la pandemia. Ma già prima della guerra in Ucraina si temeva che il rimbalzo dei prezzi dei carburanti nel contesto della ripresa globale avrebbe determinato un aumento dei sussidi.

Questi timori sono stati confermati. A quanto pare le stime più pessimistiche avevano sottovalutato la portata dei sussidi al settore dei combustibili fossili. In uno studio recente il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha messo a punto un sistema di misurazione più preciso, che include sia i sussidi espliciti, cioè i sistemi per far pagare di meno i costi di fornitura, sia i sussidi impliciti, cioè gli sconti fiscali e sui costi ambientali: secondo l’Fmi i sussidi globali sui combustibili fossili nel 2020 hanno raggiunto i 5.900 miliardi di dollari, vale a dire la stima dell’Ocse e dell’Aie moltiplicata per dieci. Non c’è da stupirsi: i sussidi impliciti sono il 92 per cento del totale.

Sia per il sostegno esplicito sia per quello implicito, l’India sovvenziona pesantemente i combustibili fossili, anche se i paesi a basso reddito possono essere giustificati dagli alti costi della transizione ecologica. Ma le posizioni degli altri stati cambiano molto se si prendono in considerazione i sussidi impliciti. La Russia è il paese che ha dato più sussidi impliciti, ma gli Stati Uniti – con sussidi impliciti stimati in 662 miliardi di dollari nel 2020 e quasi 800 miliardi di dollari nel 2021 – nel complesso ne erogano di più. Nel 2020 la Cina ha erogato la quantità più elevata di sussidi impliciti, con un totale stimato di 2.200 miliardi di dollari.

Queste cifre mostrano fino a che punto l’intervento dei governi stia favorendo l’uso dei combustibili fossili. Mentre nel 2020 i governi sostenevano il settore con sussidi per 5.900 miliardi di dollari, in quello stesso anno i finanziamenti globali per l’economia verde provenienti da fonti pubbliche e private erano di appena 640 miliardi di dollari.

Alla luce di questo nessuno dovrebbe meravigliarsi della resilienza del carbone e del petrolio. Il tempo per limitare riscaldamento entro la soglia di 1,5 gradi ed evitare la catastrofe climatica sta scadendo. Ma il sistema economico globale e molti governi sembrano incapaci di prendere sul serio la minaccia. ◆ gim

Jayati Ghosh
è un’economista indiana. Insegna all’università Jawaharlal Nehru di New Delhi e collabora con diversi giornali indiani. Questo articolo è uscito su Project Syndicate.

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Questo articolo è uscito sul numero 1457 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati