Immaginate che un’azienda privata crei una sua giurisdizione all’interno di un paese. Questa azienda introduce la sua moneta, si scrive le leggi e istituisce tribunali, carceri, forze di polizia e perfino servizi segreti. Fa valere le sue regole in materia di tasse, lavoro e tutela ambientale, a prescindere dalle leggi nazionali. Ora immaginate che quest’azienda adotti il bitcoin come valuta ufficiale e annunci di voler privatizzare i servizi pubblici. Che sostituisca il sistema giudiziario con un “centro di arbitrato” e introduca un modello di cittadinanza a pagamento. Alla fine il governo del paese mette fine a questa follia appellandosi alla legge. Ma invece di prenderne atto, l’azienda fa causa allo stato per miliardi di dollari, chiedendo un risarcimento per le sue probabili perdite finanziarie.

Questo scenario, che sembra tratto da un romanzo distopico, si sta realizzando oggi in Honduras. Il governo è alle prese con sette richieste di International investor-state dispute settlement (Isds, uno strumento del diritto internazionale che garantisce a un investitore straniero la possibilità di avviare un procedimento per la risoluzione delle controversie con un governo). Le richieste sono state presentate da varie aziende. La statunitense Honduras Próspera, che ha sede nel Delaware, ha fatto causa al paese per 10,7 miliardi di dollari, pari ai due terzi del bilancio previsto dallo stato caraibico nel 2023.

Un’azienda statunitense ha fatto causa all’Honduras per 10,7 miliardi di dollari, una cifra pari ai due terzi del bilancio previsto dallo stato caraibico per il 2023

Tutto è cominciato con il colpo di stato militare del 2009, che ha rovesciato il presidente honduregno democraticamente eletto, Manuel Zelaya. Dopo il golpe il nuovo governo ha varato una legge che istituiva delle regioni speciali con le caratteristiche che ho descritto sopra. Nel 2012 la corte suprema dell’Honduras ha dichiarato incostituzionale la legge. In risposta, il parlamento ha messo in stato d’accusa diversi componenti della corte suprema e ha nominato al loro posto dei giudici più malleabili. Questo ha preparato il terreno per l’introduzione nel 2013 della legge Zede (zone per l’occupazione e lo sviluppo economico).

Oggi in Honduras ci sono tre zede: Próspera, Orquídea e Ciudad Morazán. Funzionano come città-stato indipendenti, ispirate alle fantasie di investitori miliardari come Peter Thiel (cofondatore di Paypal) e Marc Adreessen (tra i creatori del browser Mosaic), che da tempo vagheggiano paradisi fiscali basati sulle criptovalute. Una serie di norme ha facilitato l’espropriazione dei terreni ai danni degli abitanti del posto. Nella zede Próspera, il 44 per cento di quello che funziona come un’autorità di governo è nominato dall’azienda, e un ulteriore 22 per cento è eletto dai proprietari terrieri.

Questi sviluppi hanno scatenato un’ondata d’indignazione in Honduras e in tutto il mondo. Nel 2021, dopo la vittoria alle elezioni del partito di sinistra Libre, la nuova amministrazione ha abrogato la legge Zede, con il sostegno dell’opinione pubblica. Ma la Próspera si è opposta e chiede un risarcimento.

Originariamente, l’Isds serviva a prevenire la confisca di patrimoni privati con le nazionalizzazioni. Questa definizione, però, si è allargata al punto da comprendere qualsiasi iniziativa dello stato che secondo gli investitori potrebbe influire sui loro profitti. Le dispute si risolvono attraverso i tribunali arbitrali internazionali. Ce ne sono vari: alcuni pubblici, come l’Icsid della Banca mondiale e la commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite, e altri privati. Questi tribunali, però, danno quasi sempre ragione agli investitori. E possono costringere i governi a pagare enormi risarcimenti senza concedergli di ricorrere in appello. In più, il sistema permette alle aziende di presentare reclami contro gli stati ma impedisce ai governi di fare causa ai privati. Gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo fondamentale nel consolidare questo meccanismo.

Nel 2020 Joe Biden, allora candidato alla presidenza, ha criticato l’Isds, dichiarando di essere contrario a dare “la possibilità alle aziende private di attaccare le politiche sul lavoro, la salute e l’ambiente”. Da allora sta mantenendo la promessa di escludere le clausole che prevedono il ricorso all’Isds dai futuri trattati commerciali. Peccato che l’Isds si applichi ancora a quelli esistenti, come succede in Honduras.

A maggio del 2023 più di 33 politici del congresso statunitense hanno inviato una lettera alla rappresentante per il commercio Katherine Tai e al segretario di stato Antony Blinken, invitandoli a sostenere l’Honduras. Ma l’amministrazione Biden ha permesso che questo osceno processo si svolgesse nei tribunali statunitensi, quindi non solo in quelli internazionali.

L’Isds contro l’Honduras rappresenta un test cruciale per l’amministrazione Biden. Lasciare che prevalga un sistema così ingiusto danneggerebbe irrimediabilmente quello che resta della leadership globale degli Stati Uniti. ◆ fas

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1541 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati