C’erano molti più giornalisti che militanti ad aspettare Giorgia Meloni nelle sale dell’albergo romano scelto come suo quartier generale la notte delle elezioni del 25 settembre. Ed è stato in piena notte, alle due e mezza, che la leader di Fratelli d’Italia è arrivata per parlare con i giornalisti, sorridente e sulle note di Ma il cielo è sempre più blu, il successo di Rino Gaetano dell’estate 1975. Le stesse note che l’hanno accompagnata durante la sua campagna elettorale.

La canzone non mente: il blu è il colore tradizionale della coalizione di destra, da quando ha debuttato alle elezioni del 1994. E indubbiamente l’Italia uscita da questo voto è molto più blu di prima. Fratelli d’Italia, con il 26 per cento dei voti, ha avuto il successo eclatante che i sondaggi prevedevano da mesi, e la coalizione di destra di cui fa parte ha ottenuto quasi il 44 per cento delle preferenze quindi potrà contare su una maggioranza netta sia alla camera sia al senato. Giorgia Meloni ha fatto un discorso senza trionfalismi e con un inedito tono grave e misurato, rivendicando il diritto ad avere “un governo guidato da Fratelli d’Italia” per la prossima legislatura.

Dopo aver denunciato la campagna “violenta” e “aggressiva” che secondo lei il suo partito ha subìto, Meloni ha fatto appello al “rispetto reciproco”, per poi avvertire i suoi sostenitori che a partire dal giorno dopo bisognava “mostrare il nostro valore” e che la sfida per il futuro sarebbe stata quella di “unire gli italiani”. Ha aggiunto un riferimento leggermente criptico alle origini torbide del suo movimento, erede della complessa storia del fascismo nel dopoguerra. “Dedico questa vittoria a tutte le persone che non ci sono più e che meritavano di vivere questa notte”. Poi una citazione attribuita a san Francesco d’Assisi per chiudere un discorso durato meno di dieci minuti, e la grande trionfatrice della serata era già andata via. Promettendo al suo uditorio un seguito per il giorno successivo.

Consolidare l’alleanza

Pur avendo per la prima volta un ruolo così rilevante sulla scena politica nazionale, a 45 anni Giorgia Meloni è già una parlamentare di lungo corso. Eletta alla camera dei deputati ininterrottamente dal 2006, sta per cominciare il suo sesto mandato e sa bene che le vere difficoltà arriveranno dopo la vittoria. Con più di un quarto dei voti, Fratelli d’Italia è il primo partito della prossima legislatura. Questo però non vuol dire che il potere le cadrà tra le braccia come un frutto maturo.

La sfida più urgente è il consolidamento dell’alleanza di destra, di cui ha assunto la guida e che è attraversata da contraddizioni profonde destinate sicuramente a emergere nei prossimi giorni. Forza Italia e la Lega rischiano infatti di renderle le cose più difficili. Il partito di Silvio Berlusconi con più dell’8 per cento dei voti, ha raggiunto un risultato pressoché insperato dopo una campagna confusa, complicata dalle precarie condizioni di salute del suo leader. Da quando a luglio sono state annunciate le elezioni anticipate, Berlusconi ha continuato a martellare sul fatto che Forza Italia, liberale e moderata, sarebbe stata una garanzia contro gli eccessi dei suoi due alleati e che votare per lui avrebbe significato scegliere il miglior baluardo contro le tentazioni euroscettiche di Fratelli d’Italia e della Lega. Quindi non mancherà di chiedere garanzie, costringendo Meloni a moderare le sue invettive contro l’Europa. Per quanto riguarda la Lega, la situazione è ancora più complicata e incerta. Il partito guidato da Matteo Salvini, conquistando poco meno del 9 per cento dei voti, ha subìto un duro contraccolpo. Il risultato è disastroso se comparato al 17 per cento delle politiche del 2018. Se poi si paragona al 34 per cento ottenuto alle europee del 2019, è un’ecatombe.

Per Salvini è una pesante sconfessione della sua politica. Dopo aver avuto molti consensi, abbandonando la linea regionalista e autonomista delle origini e scegliendo un posizionamento più “lepenista”, contro gli immigrati e l’euro, il leader della Lega si è screditato da solo con le sue uscite, mentre i continui elogi al presidente Vladimir Putin sono diventati sempre più imbarazzanti, soprattutto dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Peggio ancora, i suoi eccessi negli ultimi mesi hanno contribuito a “normalizzare” Meloni che, nonostante le radici inquietanti del suo partito, è sembrata in confronto a lui più coerente e quasi moderata.

Nelle ultime settimane Salvini sembra essere stato abbandonato dalla maggior parte dei dirigenti del suo partito, che si sono addirittura dimenticati di sostenerlo in prima persona durante la campagna elettorale. Altrimenti non si spiega come la Lega abbia ottenuto meno del 15 per cento dei voti in Veneto, dove alle europee del 2019 aveva avuto il 50 per cento. Luca Zaia, governatore della regione e dirigente del partito, nel 2020 ha vinto le elezioni regionali con più del 70 per cento dei voti. Perfino in questa roccaforte la Lega è stata superata, e di molto, da Fratelli d’Italia, che ha ottenuto più del 32 per cento. Il partito postfascista aveva avuto fino a oggi risultati deludenti nella regione, anche perché la sua vocazione centralista mal si sposa con le rivendicazioni autonomiste del Veneto, che tra i suoi abitanti sono largamente maggioritarie. Dopo una sconfitta di queste proporzioni, riuscirà Salvini a conservare la carica di segretario della Lega? Non ci sono certezze e un cambiamento di leadership nel partito troppo rapido sarebbe un problema per Giorgia Meloni: rischierebbe di trovarsi davanti a un alleato con cui dovrà cercare per forza un compromesso. Fratelli d’Italia ha di fronte un paradosso: il partito è forte della sua vittoria elettorale e allo stesso tempo indebolito dai risultati deludenti dei suoi alleati.

Sull’altro versante la situazione è molto più chiara. Con il 26 per cento dei voti la coalizione di centrosinistra ha un distacco di 17 punti da quella di destra. Sempre alla guida del paese dal 2011 (fatta eccezione per la parentesi del primo governo Conte, nel 2018-2019), il Partito democratico (Pd), dal 2021 guidato da Enrico Letta, ha avuto enormi difficoltà a far emergere il suo programma (salario minimo, parità di diritti, ambiente) in una campagna dominata dalle preoccupazioni sul potere d’acquisto e dalle questioni identitarie.

Inoltre, ha dovuto fare i conti con la concorrenza del terzo polo, guidato dall’ex presidente del consiglio Matteo Renzi e dall’ex ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. La loro campagna elettorale era rivolta agli elettori di centro e hanno ottenuto un risultato più che dignitoso (di poco inferiore all’8 per cento), soprattutto nel nord del paese e nelle grandi città, portando avanti una linea politica liberale ed europeista, concentrando gran parte dei loro attacchi contro il Pd.

Campagna elettorale al sud

Il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte ha incassato il 15 per cento dei voti e questo risultato è considerato quasi una vittoria, nonostate il partito avesse sfiorato il 33 per cento dei voti alle elezioni del 2018. Dopo una campagna elettorale condotta quasi esclusivamente al sud, puntando sulla difesa del reddito di cittadinanza e sulla contrarietà nei confronti delle sanzioni contro la Russia, l’ex presidente del consiglio Conte ha limitato i danni, dando a questo partito, fino a poco tempo fa indecifrabile, un chiaro ancoraggio ideologico e geografico.

Enrico Letta, criticato all’interno del Pd per aver rifiutato di trovare un accordo con i cinquestelle, rinunciando così a qualsiasi possibilità di limitare il distacco dalla coalizione di destra, ha detto che al prossimo congresso non si ricandiderà alla guida del partito. Il Pd ha conservato il secondo posto, che sembrava minacciato dalla rimonta del Movimento 5 stelle. Il 19 per cento dei consensi ottenuto dai democratici resta però un risultato deludente. E comunque nel partito i regolamenti di conti dopo le elezioni sono una tradizione ben radicata. ◆ gim

Da sapere
Matteo Salvini all’angolo

◆ Il risultato della Lega, poco meno del 9 per cento, mette in crisi la leadership del segretario Matteo Salvini. Il Guardian definisce il risultato “terribile per un partito che alle europee del 2019 aveva poco meno del 40 per cento dei voti”. Il quotidiano britannico riporta quanto scritto sul quotidiano il Foglio da Roberto Maroni, ex leader della Lega ed ex governatore della Lombardia: “È tempo di un nuovo leader”. Mentre Roberto Castelli, ex ministro della giustizia, afferma: “L’era della guida leghista di Salvini è finita”. “Ex dirigenti leghisti e migliaia di sostenitori accusano Salvini di aver snaturato il partito e le sue radici regionali nel tentativo di farne una forza nazionale”, scrive il Guardian.


Italia
I risultati delle elezioni
Dati aggiornati al 27 settembre 2022. Affluenza 63,9 per cento (nel 2018 era il 72,9 per cento) (Fonti: ministero dell’interno, YouTrend, Corriere della Sera*Sono esclusi i senatori a vita)
Dati aggiornati al 27 settembre 2022. Affluenza 63,9 per cento (nel 2018 era il 72,9 per cento) (Fonti: ministero dell’interno, YouTrend, Corriere della Sera*Sono esclusi i senatori a vita)

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Questo articolo è uscito sul numero 1480 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati