Questo articolo fa parte della serie Before it is lost, in cui scrittrici e scrittori di paesi del Pacifico raccontano la lotta contro il cambiamento climatico che minaccia la sopravvivenza delle loro isole.

Il primo ciclone che ho vissuto ha spalancato le tombe sulla nostra isola, ha riportato in superficie le bare e ha disseppellito le ossa dei miei antenati.

Io e le mie sorelle abbiamo trovato un teschio, forse di una donna, a giudicare dalla lunghezza delle ciocche di capelli bianchi ancora attaccate. In un primo momento abbiamo pensato che fosse una roccia corallina, ma ci abbiamo messo poco a capire che un tempo era stata una di noi.

L’abbiamo trovato sulla spiaggia di Tufutafoe, vicino a Falealupo, un idilliaco villaggio sull’isola di Sava’i, appartenente all’arcipelago delle Samoa, nel Pacifico meridionale. È probabilmente da questo posto che il suo spirito si è congedato. Non c’era uno scheletro, solo il teschio su una spiaggia paradisiaca, che la notte prima era stata devastata dal ciclone Ofa.

Quel giorno era ben poco paradisiaco. Il ciclone aveva provocato una frana e spazzato via Falealupo in un colpo solo. Le persone erano state costrette a mettersi in salvo a nuoto per sottrarsi alla furia di Ofa, avevano aperto dei varchi nelle cisterne in cemento per l’acqua e si erano chiuse lì dentro.

Le uniche altre strutture in cemento superstiti che avrebbero potuto proteggerle dalle onde e dai venti erano le tombe che contenevano i resti degli antenati. Per sopravvivere, i vivi hanno cercato rifugio dai morti.

Nel cuore della notte, mentre il vento sradicava gli alberi e spingeva l’oceano contro le coste, le tombe sono state aperte con riluttanza da padri che cercavano disperatamente di salvare le loro famiglie. Tra loro c’era un parente di mia madre Tautali. Mi ha raccontato come hanno portato i neonati nella tomba, dove le madri li cullavano nel tentativo di non disturbare i morti.

Era il 1990, avevo otto anni e questo è il mio primo ricordo di come il clima che cambia può stravolgere una vita in un istante.

Il teschio che abbiamo trovato è stato rimesso nella sua tomba. A noi bambini è stato chiesto di percorrere il perimetro del villaggio e raccogliere tutte le ossa umane che trovavamo, per poterle riportare nelle tombe.

La spiaggia di Tufutafoe è un luogo sacro nella cultura samoana: è la strada verso Fafa o Sauali’i, il luogo in cui gli spiriti samoani si riuniscono, il punto d’ingresso per Pulotu, il mondo degli spiriti. Conosciamo questo posto, c’insegnano che i nostri nonni e i nostri spiriti andranno lì dopo la morte. Come tutte le aree costiere sul livello del mare nelle Samoa, tuttavia, nel corso degli anni la sabbia e la spiaggia si sono ritirate, mentre la costa soccombe all’innalzamento del mare.

Mi chiedo se in futuro i miei figli o i loro nipoti avranno modo di vedere la distesa bianca che conduce a Fafa o Sauali’i. Conosceranno il mistero della sabbia dura sotto i piedi mentre percorrono il sentiero verso l’oceano? E quel sentiero ci sarà ancora?

Una generazione di bambini delle isole del Pacifico potrebbe forse ritrovarsi a camminare nell’acqua, che li priverà delle terre ancestrali e del diritto di stare con le ossa dei loro antenati.

Nella mia cultura i morti vivono sulla nostra terra, a cui appartengono. Con loro si parla come se fossero vivi. Le loro ossa custodiscono e mantengono il mana dei loro spiriti, l’energia soprannaturale che attraversa l’intero universo. Ovunque io abiterò nel mondo, tornerò sempre alle ossa dei miei antenati. So dove sono, si trovano sotto gli alberi di frangipane e le palme da cocco, nel luogo in cui le abbiamo seppellite.

In tutto il Pacifico intere comunità migrano in località con altitudini maggiori e i paesi della regione mettono in conto la possibilità di perdere intere isole. Però la prospettiva di abbandonare le ossa dei nostri amati familiari e dei nostri antenati è insoste­nibile.

Nella cultura samoana pratichiamo il liutofaga, cioè il trasferimento della casa di un morto. Spostare le ossa di un familiare dalla sua tomba a quella di un altro parente è una pratica molto comune.

La prima volta che ho visto questo rito è stato quando le ossa della mia bisnonna sono state riesumate e trasferite nella tomba di mia nonna. Mia madre la ha lavate e oliate, poi sistemate con attenzione con la nonna, così sarebbero potute stare insieme, come avevano sempre desiderato. Onoriamo i loro desideri, anche dopo la morte.

I sentimenti legati alle ossa degli antenati sono indescrivibili. Il mondo degli spiriti attraversa la vita in tutte le nostre pratiche oratorie e culturali, perciò è impossibile spiegare con chiarezza cosa significhi tenere con noi i nostri morti.

Poche settimane fa ero in piedi accanto alla tomba di mio padre, mentre degli uomini dissotterravano le sue ossa. Avevo due anni quando è morto, perciò era un po’ come se lo incontrassi per la prima volta.

Mentre lavavo e cospargevo di olio le sue ossa e il suo teschio, assicurandomi di non tralasciarne neanche un centimetro, provavo al tempo stesso paura e soggezione per le tradizioni stabilite dai miei antenati.

Come desiderava mia madre, le ossa del marito sono state avvolte in una tela e sistemate nella sua tomba, così che potessero stare insieme.

Quando a chi vive negli atolli si dice che potrebbe essere costretto ad andarsene a causa dell’innalzamento dei mari, penso alle ossa di suo padre e di sua madre. Le dissotterreranno? Resteranno a custodirle affondando con loro? Lasciare la propria terra non significa solo andarsene. Significa tagliare un legame essenziale, abbandonare ciò che ci appartiene di diritto.

I mari che si innalzano, i venti forti e l’aumento delle tempeste – la crisi climatica che minaccia i paesi insulari del Pacifico – non ci rubano solo i vivi, ma anche i morti. ◆ gim

Lagipoiva Cherelle Jackson è una giornalista e ricercatrice originaria dell’isola di Sava’i, nelle Samoa. Si occupa di crisi climatica, ambiente, diritti umani, questioni di genere e temi legati allo sviluppo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1494 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati