Vietato umanizzare

Joyland (DR)

L’11 novembre il ministero dell’informazione ha vietato la proiezione di Joyland nelle sale cinematografiche del Pakistan ritenendolo “ripugnante e contrario ai valori della società del paese”. Il film drammatico, diretto da Saim Sadiq e coprodotto da Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, racconta la relazione sentimentale tra Haider, un uomo sposato della classe media, e Biba, una donna transgender che lavora come performer in un teatro di Lahore.

A maggio la pellicola aveva vinto il premio della sezione Un certain regard del festival di Cannes, suscitando molta curiosità tra gli amanti del cinema pachistani. Come previsto, era stato scelto come candidato ufficiale del paese agli Oscar e ad agosto aveva ottenuto il via libera per la distribuzione in Pakistan. “Ma la retromarcia del governo mette a rischio la possibilità di partecipare agli Oscar, perché essere proiettato nel paese d’origine è una delle condizioni per andare a Hollywood”, scrive il Guardian.

I gruppi religiosi che hanno chiesto la censura sostengono che il film promuove l’omosessualità, ancora illegale in Pakistan. “Ma il vero problema è che Joyland umanizza una donna trans”, spiega Dawn. “Biba è una persona comune. Non è una vittima, lavora, è indipendente e può scegliere. Se fosse stata ritratta in modo negativo, come fanno comunemente i mezzi d’informazione con le persone trans, nessuno avrebbe avuto da ridire”.

La sharia dei taliban

Haibatullah Akhundzada. Afghanistan, 2021 (Rob Welham, Universal images/Getty)

Afghanistan

Il 13 novembre è stato reso noto che Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dell’Afghanistan, ha ordinato ai giudici del paese di applicare le pene in base all’interpretazione taliban della sharia, la legge islamica. “Si tratta del primo intervento ufficiale in questo campo dalla ricostituzione dell’emirato islamico”, spiega Tolo News. Per ora saranno esaminati i fascicoli aperti per i reati di furto, rapimento e sedizione. “Un elenco esatto non c’è ancora, ma un religioso afgano ha dichiarato che le pene possono includere amputazioni, frustate in pubblico e lapidazioni”, scrive la Bbc. Dopo il ritorno al potere nel 2021, i taliban avevano promesso una linea più moderata, ma il giro di vite sui diritti è sempre più duro, soprattutto nei confronti delle donne: solo pochi giorni prima dell’annuncio erano state bandite dalle palestre, dai parchi e dai bagni pubblici di Kabul. ◆

WeChat vuole scuse scritte

Sul web cinese sono spuntate centinaia di autocritiche scritte a mano. Hanno in comune la conclusione: “Spero che Tencent possa darmi una seconda possibilità”. Tencent è l’azienda proprietaria di WeChat, l’app ormai indispensabile per ogni cinese. È un sistema di messagistica, un social network, un sistema di pagamento elettronico e molto altro. Senza, si legge su Mit Technology Review, si è tagliati fuori da tantissime attività. La punizione per aver condiviso contenuti sensibili o aver usato l’app in maniera impropria è la sospensione dell’account. Per riaverlo WeChat chiede una lettera di scuse, scritta a mano.

Trema Legoland, crollano i mercati

SeongJoon Cho, Bloomberg/Getty

Il 44 per cento del parco tematico della Lego è stato finanziato dalla regione coreana di Gangwon con obbligazioni per 150 milioni di euro che, giunte a scadenza, non sono state rimborsate. L’effetto domino sui mercati è stato immediato. Secondo il Financial Times, l’insolvenza su larga scala è improbabile, ma nel 2023 la recessione nel paese è inevitabile.

Battute di cattivo gusto

L’11 novembre il ministro della giustizia giapponese Yasuhiro Hanashi si è dimesso dopo una sua battuta sulla pena di morte, ancora in vigore nel paese. “Durante un convegno del Partito liberaldemocratico (Ldp) ha scherzato sul fatto che i giornali si occupano di lui solo quando autorizza le esecuzioni capitali, e questo lo rende inadatto a ricoprire la carica”, scrive l’Asahi Shimbun. “Hanashi appartiene alla stessa corrente di partito del primo ministro e il suo passo indietro è un altro colpo alla leadership già traballante di Fumio Kishida”. È il secondo ministro costretto a dimettersi dopo il rimpasto di governo deciso ad agosto, quando l’omicidio di Shinzō Abe aveva fatto emergere i legami tra l’Ldp e la setta del reverendo Moon. A ottobre era toccato al ministro dell’economia Daishiro Yamagiwa.

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1487 - 18 novembre 2022
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