Grande quanto quattromila campi da calcio, costata più di 19 miliardi di dollari e costruita da quarantamila persone, la raffineria di Dangote, inaugurata alla fine di maggio alla periferia della metropoli nigeriana di Lagos, sembra pensata per battere ogni record. Prende il nome da Aliko Dangote, l’uomo che l’ha voluta, il più ricco d’Africa, che con quest’opera vorrebbe aiutare l’economia della Nigeria a rimettersi in piedi.

Anche con il pil più alto del continente, la Nigeria ha un’economia che funziona male. Il suo problema più grande è che da anni le tre raffinerie statali sono praticamente inattive e il paese non può trasformare in carburante il petrolio che produce. Questo viene esportato e in cambio la Nigeria importa benzina, gasolio e cherosene. Nel 2022 il governo ha speso 23 miliardi di dollari per le importazioni di carburante, più di quanto stanzia per l’istruzione e la sanità.

Ma ora le cose dovrebbero cambiare. Il 22 maggio, alla cerimonia d’inaugurazione dell’impianto, Dangote ha detto che la sua raffineria dovrà mettere fine alla “tragedia” della dipendenza dalle importazioni. Accanto al presidente nigeriano Muhammadu Buhari, il più convinto sostenitore della raffineria sul piano politico, hanno preso parte alla cerimonia diversi altri capi di stato africani. Solo una settimana dopo, tuttavia, Buhari ha passato il testimone al suo successore, così l’inaugurazione è stata anche un regalo d’addio al presidente.

La raffineria di Dangote è un monumento in acciaio. L’imprenditore, 66 anni, è diventato miliardario grazie al cemento e allo zucchero. Negli anni settanta la sua piccola azienda crebbe al punto di diventare il più grande gruppo industriale africano. Dangote ha avviato il progetto della raffineria sette anni fa, ma l’inizio dei lavori è stato posticipato più volte, anche a causa della pandemia di covid-19. Ancora oggi non è pienamente operativa: nei video promozionali del gruppo Dangote, accanto a serbatoi e oleodotti luccicanti si vedono anche molte gru. Aliko Dangote ha annunciato l’entrata in funzione completa per luglio o agosto, ma gli esperti considerano il piano molto ambizioso.

Al massimo della sua capacità la raffineria potrà garantire 650mila barili di carburante al giorno, coprendo così l’intero fabbisogno della Nigeria, un paese con più di duecento milioni di abitanti, mentre circa il 40 per cento della produzione potrà essere esportato.

Scarsa manuntenzione

La Nigeria è il più grande produttore di greggio dell’Africa. Da questo settore dipende circa il 90 per cento delle entrate legate alle sue esportazioni. Ma il paese è afflitto da un problema tipico di molte economie africane: esporta solo la materia prima non lavorata, anche se potrebbe ovviamente guadagnare molto di più raffinandola. Le infrastrutture petrolifere della Nigeria sono carenti a causa della corruzione e della scarsa manutenzione: un finanziamento di alcuni miliardi di dollari avrebbe dovuto rimettere in sesto le raffinerie statali, ma una parte del denaro è scomparsa senza lasciare traccia. Il parlamento nigeriano ha appena annunciato un’indagine sull’accaduto.

Anche il furto e il contrabbando di petrolio rallentano l’industria petrolifera nigeriana. Più del 10 per cento del volume di greggio viene rubato e spesso i ladri lo spillano direttamente dagli oleodotti, provocando ogni anno perdite per miliardi di dollari allo stato. Con i furti si arricchiscono migliaia di persone: dai piccoli ladri di petrolio nel Delta del Niger, la regione di produzione di gran lunga più importante, ai politici corrotti e alle organizzazioni criminali internazionali. È soprattutto colpa dei furti se, per pochi mesi, la Nigeria è retrocessa al ruolo di secondo produttore di petrolio del continente africano dopo l’Angola.

Il progetto di Aliko Dangote dovrebbe permettere di migliorare la situazione. La raffineria è un punto di svolta, ha affermato il presidente uscente Buhari nel discorso tenuto all’inaugurazione. Di fatto, il settore petrolifero ha già subìto drastici cambiamenti, che però non riguardano la raffineria. Una settimana dopo l’apertura dell’impianto, in Nigeria è entrato in carica il nuovo presidente Bola Tinubu, che nel suo discorso d’insediamento ha annunciato la fine dei sussidi per il carburante. Questi aiuti in Nigeria mantengono artificialmente basso il prezzo della benzina dagli anni settanta. Nel 2022 sono costati allo stato quasi dieci miliardi di dollari. Molti politici ed economisti concordano sul fatto che i costosi sussidi dovrebbero essere aboliti, ma la popolazione non è disposta a farne a meno. L’ultimo governo che ha tentato di rimuoverli, nel 2012, ha dovuto fare marcia indietro di fronte alle proteste.

Ora il nuovo governo ha deciso di riprovarci. L’annuncio di Tinubu, però, ha scatenato il panico. In poche ore le stazioni di servizio di molte località del paese hanno raddoppiato o triplicato i prezzi della benzina. Davanti ai distributori si sono create lunghe code di persone in fila con taniche di plastica per assicurarsi quanto più carburante possibile prima della fine delle sovvenzioni.

Anche gli autobus locali e i pullman di lunga percorrenza hanno aumentato le tariffe, colpendo duramente milioni di cittadini nigeriani: la maggioranza della popolazione spende più della metà del proprio reddito per pagare i trasporti e il cibo. I mezzi d’informazione nigeriani hanno mostrato i pendolari che, a Lagos, erano costretti ad andare al lavoro a piedi a causa delle tariffe più alte e dei rallentamenti del traffico causati dalle code alle stazioni di servizio.

L’aumento dei prezzi dei trasporti ha fatto a sua volta rincarare i prodotti alimentari, proprio mentre l’inflazione è già a livelli record e, secondo l’ufficio statistico nazionale, due terzi della popolazione – cioè 133 milioni di persone – vivono in condizioni di povertà. Il più grande sindacato del paese ha minacciato uno sciopero generale ed è intervenuto perfino l’ufficio nigeriano di Amnesty international: “La decisione del presidente Tinubu ha terrorizzato milioni di persone”, si legge in un comunicato.

In altre parole, poco dopo il lancio del più grande progetto industriale del paese, quello che avrebbe dovuto segnare una svolta epocale, l’economia nigeriana è precipitata in una crisi drammatica. E molti cittadini non possono certo aspettare che la raffineria entri in funzione. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 115. Compra questo numero | Abbonati