I laureati cinesi hanno difficoltà a trovare lavoro in un mercato che attraversa una crisi come non si vedeva da anni, a meno che non abbiano una laurea in marxismo. Anche se è l’ideologia dominante in Cina, il marxismo è stato per decenni una disciplina sconosciuta alla maggior parte degli studenti. Oggi, tuttavia, sta vivendo un nuovo interesse grazie al presidente Xi Jinping, che ha invitato i quadri del Partito comunista cinese a “tenere a mente la missione originaria” mentre lui si prepara a inaugurare un inedito terzo mandato.

Secondo YingJieSheng, un importante sito di annunci di lavoro per laureati, nel secondo trimestre del 2022 (periodo in cui di solito si registra il picco delle assunzioni) c’è stato un aumento del 20 per cento delle offerte di lavoro per chi aveva una laurea in marxismo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Gli esperti di marxismo sono richiesti da numerosi datori di lavoro, dagli uffici governativi ai grandi gruppi privati.

Secondo gli analisti, la loro popolarità dimostra il tentativo di Xi di rafforzare l’educazione ideologica mentre s’intensifica la rivalità tra la Cina e gli Stati Uniti e le due potenze hanno linee radicalmente diverse su qualsiasi questione, dall’invasione russa dell’Ucraina alla gestione della pandemia di covid-19. “L’obiettivo di questo percorso di studi è addestrare la polizia del pensiero a fare il lavaggio del cervello all’intera popolazione”, sostiene Ming Xia, docente di scienze politiche alla City university di New York.

Le università cinesi che offrono lauree in marxismo inculcano negli studenti il pensiero di Karl Marx, ma nell’interpretazione di Xi e del suo idolo rivoluzionario Mao Zedong. Il piano di studi di una laurea triennale in marxismo in un’università della provincia dell’Henan, nella Cina centrale, comprende un modulo sui “princìpi e i metodi dell’educazione del pensiero” e diciotto ore di studi dei discorsi di Xi sull’istruzione.

Alla fine del 2012, prima dell’ascesa al potere dell’attuale presidente, i corsi sul marxismo faticavano ad attirare studenti in un paese che, nel trentennio di riforme lanciato da Deng Xiaoping nel 1978, aveva posto l’accento sul benessere economico. All’epoca di Deng il partito aveva reso popolari slogan come “diventare ricchi è glorioso” e assicurava agli imprenditori che non c’era niente di male se “alcune persone si arricchivano prima di altre”. Jiang Zemin, il successore di Deng, invitò pubblicamente gli uomini e le donne d’affari del settore privato a entrare nel Partito comunista.

Xi, invece, ha dichiarato di voler guidare una “nuova era” più rigida dal punto di vista ideologico, che darà priorità alla “prosperità comune”, a norme più restrittive per i grandi gruppi del settore privato e a ridurre il fortissimo divario tra ricchi e poveri nella società cinese, ormai una delle più disuguali del mondo.

Il governo di Xi ha messo a tacere i giovani che applicano in modo troppo critico l’analisi marxista agli abusi sul posto di lavoro, su cui il sistema cinese del capitalismo di stato chiude spesso un occhio. E ha incentivato la richiesta di insegnanti di marxismo, che ora giocano un ruolo chiave nell’educazione dell’opinione pubblica alle ragioni della superiorità del regime comunista cinese sul resto del mondo.

In una circolare del 2018, lo stesso anno in cui il partito ha eliminato il limite di due mandati per la carica di presidente, il ministero dell’istruzione suggeriva alle università di assumere almeno un docente di marxismo ogni 350 studenti. Dopo quella circolare è immediatamente cresciuta la richiesta di questo profilo professionale. Negli ultimi quattro anni il numero di docenti universitari di “ideologia e politica” è aumentato almeno del 60 per cento.

Questa materia è a prova di recessione. In Cina la disoccupazione giovanile ha raggiunto il picco storico del 18,4 per cento e le opportunità d’impiego offerte ai laureati di altre discipline si sono ridotte. Secondo i dati di YingJieSheng, tuttavia, i salari e i vantaggi di cui godono gli insegnanti di marxismo stanno raggiungendo i livelli di quelli offerti a persone con lauree un tempo ritenute più prestigiose. Nella provincia settentrionale dello Shaanxi, dove i lavoratori dei centri urbani guadagnano in media 52mila yuan all’anno (7.540 euro), l’università di scienze e tecnologia di Xi’an offre agli esperti di marxismo un salario annuale di base di duecentomila yuan (29.420 euro), oltre all’alloggio gratuito e a un bonus di ventimila yuan (2.940 euro) al momento della firma.

“È un’epoca d’oro per le lauree in marxismo”, afferma un funzionario dell’università, che ha chiesto di non essere identificato perché non è autorizzato a parlare con i mezzi d’informazione stranieri. Tutte le scuole, da quelle per l’infanzia alle superiori, stanno assumendo laureati in marxismo, rispondendo a direttive che impongono lo studio del “pensiero di Xi” a partire dai dieci anni. Nell’isola meridionale di Hainan una scuola superiore
d’élite offre agli insegnanti di marxismo salari annuali di 150mila yuan (22mila euro), molto alti per gli standard locali. “Lo studio del marxismo e del pensiero di Xi deve cominciare fin dalla più tenera età”, ha affermato un funzionario della scuola superiore Pku Haikou.

Buoni risultati

Anche le aziende private stanno assumendo laureati in marxismo, nel tentativo di dimostrare la loro lealtà al partito dopo il giro di vite che ha colpito il settore tecnologico e quello immobiliare. “È utile avere alle nostre dipendenze qualcuno che parli la lingua del partito”, afferma David Tong, che possiede una fabbrica di macchine utensili nella città orientale di Ningbo, vicino a Shanghai. “Ora il governo avrà più fiducia in noi”.

Di recente Tong ha assunto un esperto di marxismo per aiutare la sua azienda a comunicare con le autorità locali. La scelta ha prodotto subito risultati soddisfacenti. Poco dopo il suo arrivo, il marxista ha mostrato a Tong un articolo “inappropriato” sulla rivista interna dell’azienda. Il pezzo criticava la censura dei film da parte di Pechino. L’imprenditore ha mostrato al Financial Times un messaggio del dipendente che diceva: “Va bene che ognuno abbia la sua opinione sul modo in cui il governo controlla l’informazione, ma pubblicandola sulla rivista della nostra azienda daremo l’impressione sbagliata di essere a favore di idee contrarie alla linea ufficiale”. Tong ha apprezzato molto il consiglio e ha immediatamente rimosso l’articolo. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati