31 gennaio 2020 16:20

Questo articolo è stato aggiornato il 24 febbraio 2020.

Cos’è un coronavirus?

I coronavirus sono una famiglia di virus comuni, chiamati così per le punte sulla loro superficie che formano una specie di corona. Possono causare malattie che vanno dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più gravi come la Mers (sindrome respiratoria mediorientale) e la Sars (sindrome respiratoria acuta grave). Nel 2003 la Sars infettò più di ottomila persone, e 774 ne morirono. L’attuale epidemia, scoppiata a Wuhan, una città cinese di undici milioni di abitanti nella provincia dello Hubei, è causata da un coronavirus finora sconosciuto.

Come si chiama il nuovo virus?

Il virus era stato provvisoriamente chiamato 2019-nCoV, ma l’11 febbraio 2020 il gruppo di studio sul coronavirus (Csg) della Commissione internazionale per la tassonomia dei virus (Ictv) gli ha assegnato il nome Sars-CoV-2, perché è molto simile al virus responsabile della sindrome respiratoria acuta grave (Sars) del 2002-2003. Lo stesso giorno l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha chiamato Covid-2019 (acronimo di coronavirus disease 2019) la malattia causata dal nuovo coronavirus. Il nome evita intenzionalmente riferimenti a luoghi, animali o persone.

L’Oms ha dichiarato alla rivista Science che nelle sue comunicazioni pubbliche non userà il nome Sars-CoV-2 per il virus perché, evidenziando il legame con la Sars (che aveva un tasso di letalità più elevato), rischia di alimentare inutilmente la paura, soprattutto in Asia. Privilegerà espressioni come “virus responsabile del Covid-19” o “virus del Covid-19 “. Ma nessuna di queste espressioni è intesa come sostituto del nome ufficiale scelto dal gruppo.

Quali sono i sintomi del nuovo virus?

Soprattutto febbre e tosse, e in alcuni casi difficoltà respiratorie. I sintomi sembrano manifestarsi tra i due giorni e le due settimane dopo che la persona è stata esposta al virus. Una ricerca, pubblicata sulla rivista medica The Lancet, ha analizzato i dati relativi a 99 pazienti ricoverati all’ospedale Jinyintan di Wuhan tra il 1 e il 20 gennaio.

Si è visto che 49 erano stati al mercato di Huanan, da cui inizialmente si pensava fosse partita l’epidemia. L’età media dei pazienti era di 55,5 anni, tra cui 67 uomini e 32 donne. Poco più della metà aveva una malattia cronica preesistente. Tra gli altri sintomi segnalati: dolori muscolari (11 pazienti), confusione mentale (9) e mal di testa (8). Solo quattro avevano anche il raffreddore. Diciassette pazienti hanno sviluppato una sindrome da distress respiratorio acuto (Ards) e, tra questi, 11 sono peggiorati rapidamente e sono morti.

Secondo la commissione nazionale per la salute cinese, l’80 per cento dei contagiati morti finora aveva più di 60 anni e il 75 per cento aveva patologie preesistenti, come malattie cardiovascolari o diabete.

Al momento sembra che pochi bambini abbiano sviluppato sintomi gravi di Covid-19. L’ipotesi è che, anche se vengono contagiati, tendono ad avere forme più lievi della malattia. La stessa cosa era stata osservata con le epidemie di Sars e di Mers, anch’esse causate da coronavirus.

Come viene diagnosticato e trattato il virus?

Le autorità sanitarie cinesi hanno isolato il virus in laboratorio (lo hanno cioè separato dai tessuti o dai fluidi dell’organismo infettato), hanno sequenziato il suo genoma e condiviso la sequenza con la comunità scientifica internazionale. Il virus è stato isolato anche da altri gruppi di ricerca, tra cui uno italiano. Avere campioni del virus è fondamentale per poterlo studiare a fondo, e per sperimentare farmaci e vaccini.

Per una diagnosi certa si usano dei test che permettono d’individuare la presenza di materiale genetico virale nei campioni prelevati dai malati attraverso un tampone faringeo. A metà febbraio la Cina ha modificato i suoi criteri di diagnosi: non considera più come confermati solo i casi rivelati dal test del dna, ma anche quelli accertati attraverso le radiografie ai polmoni e la sintomatologia.

Al momento non ci sono farmaci specifici contro l’infezione, solo trattamenti sintomatici o antivirali di solito usati per altre infezioni. Non esiste neanche un vaccino, ma gli scienziati hanno identificato il virus rapidamente e messo a punto un test diagnostico in meno di un mese. I progressi della tecnologia potrebbero consentire di testare un vaccino contro il Covid-19 entro tre mesi. Tuttavia passare dai test a una produzione di massa può richiedere anni.

Come si trasmette?

Molto probabilmente il nuovo virus si trasmette come una normale influenza, soprattutto per via aerea (tosse, starnuti) o attraverso il contatto diretto (mani contaminate su occhi, naso o bocca) o con superfici e ambienti contaminati. Non è escluso il contagio da persone infettate senza sintomi o durante l’incubazione, che sembra variare da 1 a 14 giorni con una media di 5-6 giorni.

Quanto è contagioso il virus?

Non è ancora chiaro. Si sa che si trasmette da persona a persona. I calcoli preliminari sul numero di riproduzione di base – cioè il numero medio di contagi che ogni persona infetta può causare, noto come R0 (“R zero” o “R naught”) – indicano un valore tra 1,8 e 3,3. La normale influenza stagionale di solito ha un R0 di circa 1,3.
Si tratta di un valore che varia nel tempo. Se R0 è pari a 1 significa che ogni persona ne contagia un’altra. Se è maggiore vuol dire che i contagi aumentano, se è minore che l’epidemia è in calo.

Da dove viene il virus?

L’Oms sta ancora lavorando su questo aspetto. Molti dei primi casi confermati (ma non tutti) riguardavano persone che, nel dicembre 2019, erano state in un mercato di Wuhan dove si vendono anche animali vivi.

L’analisi genetica del virus suggerisce che venga dai pipistrelli e che sia passato agli esseri umani attraverso un altro animale, forse il pangolino, un mammifero in via di estinzione, oggetto di un intenso traffico internazionale, soprattutto perché usato nella medicina tradizionale cinese. Secondo Kristian Andersen, biologo dell’istituto di ricerca Scripps, che ha analizzato le sequenze del nuovo virus, il primo contagio potrebbe essere avvenuto a novembre o anche a ottobre del 2019, e il virus sarebbe arrivato al mercato in un secondo momento.

Gli esseri umani hanno sempre preso malattie dagli animali, infatti la maggior parte delle nuove malattie infettive proviene dalla fauna selvatica. La sopravvivenza evolutiva dei batteri e dei virus dipende dall’infezione di nuovi ospiti, e saltare da una specie all’altra è un modo per farlo. Ma i cambiamenti climatici stanno accelerando questo processo. Inoltre l’aumento degli spostamenti e delle persone che vivono in città fanno sì che quando una nuova malattia emerge, si può diffondere più rapidamente.

Dove si è diffuso il virus finora?

Degli oltre 79mila casi confermati, più del 98 per cento si trova in Cina, soprattutto nella provincia dell’Hubei, di cui Wuhan è il capoluogo. Si stima che oltre ai casi registrati ci siano altre decine di migliaia di persone infette, generalmente con forme più lievi della malattia. Nel resto del mondo si contano circa duemila contagi (di cui 691 a bordo della nave da crociera Diamond Princess) in ventinove paesi, tra cui l’Italia, dove sono stati registrati 219 casi: sei pazienti sono morti. La maggior parte delle persone contagiate in tutto il mondo erano di Wuhan o di altre città cinesi. Alcuni casi di trasmissione da persona a persona sono avvenuti anche al di fuori della Cina, come in Vietnam, Giappone, Germania, Francia, Stati Uniti.

Quanto è mortale?

Finora 2.626 morti sono state collegate al virus, il che suggerisce un tasso di letalità intorno al 2 per cento. In realtà il tasso potrebbe essere inferiore, perché potrebbero esserci molte persone infettate dal virus che non hanno avuto sintomi abbastanza gravi per andare in ospedale e quindi non sono state conteggiate. In confronto, la normale influenza ha un tasso di mortalità dello 0,14 per cento (circa una persona su mille). Il tasso di letalità della Sars è dell’11 per cento, quello della Mers è del 30 per cento. Ogni anno nel mondo la normale influenza stagionale colpisce milioni di persone. Fra i tre e i cinque milioni hanno complicazioni e tra le 250mila e le 500mila muoiono.

Perché l’Oms ha decretato l’emergenza sanitaria globale?

L’Oms ha proclamato l’epidemia del nuovo coronavirus un’emergenza sanitaria globale (Public health emergency of international concern o Pheic). La preoccupazione è, in particolare, che il coronavirus possa diffondersi in paesi con sistemi sanitari deboli. La dichiarazione ha l’obiettivo di alzare il livello di attenzione e migliorare il coordinamento internazionale. Permette all’Oms di raccomandare misure su viaggi, commercio, quarantena, screening, cure. Per il momento l’organizzazione non consiglia di introdurre misure restrittive su viaggi e commercio (che hanno un’efficacia limitata e possono essere controproducenti), ma le raccomandazioni non sono vincolanti per gli stati.

Come viene contenuta l’epidemia?

Il governo cinese ha preso misure senza precedenti per arginare i contagi: ha prolungato le vacanze del capodanno, chiuso la borsa e le scuole. Le zone più colpite dal virus sono state messe in quarantena: sono stati sospesi i trasporti pubblici e il traffico privato. I provvedimenti hanno riguardato più di cinquanta milioni di persone in almeno 17 città. Da metà febbraio alcune fabbriche hanno riaperto, ma le quarantene e le strade bloccate impediscono a milioni di lavoratori di tornare al lavoro.

Il comune di Pechino ha annunciato che chiunque entri nella capitale deve essere sottoposto a quarantena, per quattordici giorni. Una misura destinata soprattutto a limitare l’afflusso di circa sei milioni di pechinesi che non sono ancora tornati dalle località dove hanno trascorso le celebrazioni del capodanno lunare. Nella capitale le misure di controllo variano da un quartiere all’altro. In alcuni grandi condomini o quartieri solo i residenti possono entrare; in altri, le uscite sono limitate a tre a settimana per famiglia. La stessa situazione si ritrova a Shanghai e in gran parte del paese.

Come proteggersi?

Se non si è stati di recente in Cina o a contatto con qualcuno infettato dal virus non c’è motivo di allarme. Anche se il virus sembra poter sopravvivere alcune ore sulle superfici, ricevere pacchi dalla Cina non è pericoloso, perché il virus non sopravvive a lungo nell’ambiente. Nel caso di tosse o altri sintomi come dolori al petto è consigliabile chiamare il proprio medico e non andare di persona.

In caso di dubbi si può consultare la pagina del ministero della salute con le domande più frequenti. Il ministero ha inoltre attivato un numero di telefono di pubblica utilità: 1500.

Per ridurre il rischio d’infezione, anche della normale influenza stagionale, l’Oms raccomanda di:

  • lavarsi spesso le mani, con acqua e sapone per 20 secondi o con soluzioni alcoliche;
  • starnutire o tossire in un fazzoletto o nell’incavo del gomito;
  • evitare di toccarsi gli occhi, il naso o la bocca senza essersi lavati le mani;
  • evitare contatti ravvicinati con persone malate o che mostrano sintomi di malattie respiratorie;
  • rimanere a casa se si hanno sintomi;
  • fare attenzione a quello che si mangia (evitare carne cruda o poco cotta, frutta e verdura non lavate);
  • pulire e disinfettare oggetti e superfici che potrebbero essere stati contaminati.

Le mascherine servono?

Molti esperti di malattie infettive affermano che le mascherine usa e getta economiche, che coprono il naso e la bocca, possono aiutare a prevenire i contagi se indossate e usate nel modo corretto. Ma ammettono che non ci sono molte prove scientifiche di qualità sulla loro efficacia al di fuori delle strutture sanitarie. La maggior parte degli studi riguarda infatti l’uso delle maschere chirurgiche in ambito ospedaliero. Gli esperti temono che la mascherina dia un falso senso di sicurezza. Inoltre la maggior parte delle persone non la cambia tutti i giorni e non la usa correttamente: mette la mano sotto la maschera per grattarsi il viso o strofinarsi il naso portando i contaminanti a contatto con le narici e la bocca o la toglie, per esempio, se riceve una telefonata. Le mascherine tendono a bloccare le goccioline di saliva più grandi, ma non quelle nebulizzate, che possono essere prodotte dalla normale respirazione della persona infettata. La precauzione più importante rimane quella di non toccarsi il viso con le mani, lavarle spesso ed evitare il contatto con i malati.

Fonti: Oms, New Scientist, Le Monde, Science, The Guardian, The New York Times.

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