13 febbraio 2020 10:12

Finora, in Cina, più o meno un quarto delle persone contagiate durante l’epidemia del nuovo coronavirus ha sviluppato gravi infezioni respiratorie, ed è morto circa il 3 per cento di loro. Con i numeri che crescono a una velocità allarmante, molti gruppi di ricerca stanno accelerando i tempi per individuare delle cure contro il virus.

Un vaccino che impedisca il contagio sarebbe ovviamente meglio di qualsiasi cura, ma per questo servirà ancora tempo. “Preparare un vaccino richiederebbe almeno un anno, se non di più”, conferma Jonathan Ball, virologo della University of Nottingham, nel Regno Unito.

La buona notizia è che nel frattempo alcuni farmaci già esistenti potrebbero aiutare a salvare delle vite, e che nuove terapie potrebbero essere sviluppate in meno di sei mesi.

Antivirali e risposta immunitaria
Esistono due strade per curare le infezioni virali. Una è quella di individuare delle small molecules (cioè composti prodotti con molecole piccolissime) che interrompano la replicazione dei virus interferendo con le loro proteine. Gli antivirali di solito sono facili da sintetizzare e possono essere assunti sotto forma di pillole, due elementi positivi.

Ma, spiega Ball, il 99 per cento dei potenziali farmaci basati sulle small molecules non funziona. Quindi sviluppare un nuovo antivirale a partire da zero potrebbe richiedere anni.

La seconda strada è quella di usare le stesse armi del nostro organismo: gli anticorpi, grandi proteine che si legano ai virus innescandone la distruzione.

Quando una persona viene contagiata da un nuovo virus, può impiegare anche due settimane per produrre un numero di anticorpi sufficiente a sconfiggerlo. Inoculare nel paziente degli anticorpi prodotti da cellule coltivate in vitro può tenere i virus sotto controllo finché l’organismo non sviluppa completamente la risposta immunitaria.

È meno probabile che gli anticorpi abbiano degli effetti collaterali rispetto alle small molecules, perché essi agiscono in modo specifico sui virus, mentre i farmaci attaccano anche molto altro. Questo significa che andrebbero individuati in fretta degli anticorpi sicuri ed efficaci contro il coronavirus del 2019/2020. Il problema sarà avviare una produzione di massa in tempi abbastanza rapidi.

Testare gli anticorpi
In realtà, un gruppo di ricercatori in Cina ha già sperimentato degli anticorpi contro il coronavirus che causò l’epidemia di Sars nel 2002, e ha scoperto che uno di questi si può usare anche con il nuovo coronavirus. Ma Tianlei Ying, il responsabile del team della Fudan university, ha dichiarato a New Scientist che potrebbero essere necessari uno o due mesi solo per ottenere gli anticorpi sufficienti a cominciare i test su animali e persone.

Esistono due anticorpi utilizzati per trattare il coronavirus della Mers che sono già stati testati sulle persone. Secondo la Regeneron, l’azienda biotecnologica statunitense che li produce, è improbabile che funzionino contro il nuovo coronavirus, ma li testerà insieme ad altre tipologie di anticorpi. Quando stava sviluppando quelli per l’ebola, l’azienda ha avuto bisogno di sei mesi per dare il via alla sperimentazione sugli esseri umani.

L’azienda cinese WuXi Biologics ha annunciato ai mezzi d’informazione che sta creando un’équipe di cento ricercatori dedicata allo sviluppo di terapie a base di anticorpi contro il nuovo coronavirus. E sostiene che sarà in grado di avviare una produzione di massa nel tempo record di quattro o cinque mesi.

Per quell’epoca, è possibile che l’epidemia sarà terminata o che milioni di persone siano state contagiate, e in quel caso non sarà facile avere anticorpi a sufficienza: le aziende che li producono non sono molte, spiega Ball, e sono già focalizzate sul trattamento del cancro e di altre malattie.

Potrebbe esserci una scorciatoia. Anziché coltivare anticorpi in vitro, l’azienda statunitense RenBio inietta i geni codificanti degli anticorpi nei muscoli delle gambe. La produzione degli anticorpi all’interno dell’organismo va avanti per settimane o anche per mesi, quindi le iniezioni potrebbero essere somministrate alle persone per prevenirne il contagio, ma anche per curare chi ha già contratto il virus. “Sono entrambe delle possibilità”, dice Neal Padte, responsabile della RenBio. Ma finora questo metodo è stato testato solo sugli animali, quindi le autorità sanitarie potrebbero essere restie a provarlo sugli esseri umani.

Farmaci antivirali
Esistono alcuni farmaci a base di small molecules che potrebbero andar bene. Per esempio il galidesivir, un antivirale sviluppato per curare l’ebola: secondo l’azienda statunitense BioCryst Pharmaceuticals, che lo produce, è efficace anche contro i coronavirus. E ha superato la sperimentazione clinica sugli esseri umani.
“L’azienda dialoga con le principali autorità sanitarie pubbliche degli Stati Uniti per garantire loro la disponibilità del galidesivir”, dice John Bluth della BioCryst, anche se non specifica con quanta rapidità sia possibile intensificare la produzione.

Due farmaci per il trattamento dell’hiv – il lopinavir e il ritonavir – sembrerebbero più promettenti: approvati per la somministrazione nell’essere umano, in base ad alcuni test sembrerebbero in grado di ridurre la gravità della patologia e i decessi degli individui contagiati dai coronavirus della Sars o della Mers.

I medici di Wuhan, focolaio del coronavirus 2019/2020, hanno già avviato degli studi controllati randomizzati di lopinavir e ritonavir. “Viste le dimensioni dell’epidemia in Cina, si spera di ottenere dei risultati in tempi ragionevolmente brevi per capire se questi farmaci funzionano”, dice Ball. “Sono già in produzione, e sono facilmente reperibili”.

(Traduzione di Davide Musso)

Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale New Scientist.

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