01 luglio 2022 14:13

Lanhee Chen è una sorta di antiTrump. Nel 2012 è stato capo dei consulenti politici nella campagna presidenziale di Mitt Romney, e a novembre correrà per la carica di state controller della California, un incarico tecnico, il cui obiettivo è garantire che il denaro stanziato dal governo statale sia speso adeguatamente. “Ho collaborato molto con i democratici”, spiega Chen. “Ciò che mi rende adatto a questo ruolo non ha alcun legame con l’ideologia”. Una frase che pochi conservatori pronuncerebbero. Se dovesse essere eletto, Chen diventerebbe il primo repubblicano a ricoprire l’incarico in California dal 2006. Di origini taiwanesi, Chen incarna anche una delle più audaci ambizioni del partito repubblicano: conquistare il voto degli asiatici.

Gli statunitensi di origine asiatica, spesso designati dalla sigla Aapi, Asian american and pacific islanders, votano tradizionalmente per i democratici. Due su tre hanno scelto Joe Biden come presidente. Questa percentuale li rende più vicini ai democratici rispetto ai latini, il cui sostegno per i candidati democratici alla presidenza si è ridotto di oltre dieci punti percentuali tra il 2012 e il 2020.

In rapida crescita
Con oltre 11 milioni di elettori (circa il 5 per cento del totale) gli asiatici rappresentano il gruppo etnico di elettori che cresce più rapidamente. In passato concentrati a New York e in California, oggi vivono in alcuni dei distretti più concorrenziali del paese. L’Ohio centrale ospita la più grande comunità buthanese fuori del sudest asiatico, mentre circa 600mila asiatici americani vivono all’interno e intorno a Houston e altri 600mila sono residenti a Dallas. Quattrocentomila asiatici popolano la periferia di Atlanta.

Secondo la società specializzata in analisi dei dati Targetsmart, in Georgia l’aumento di elettori asiatici nel 2020 rispetto al 2016 è stato cinque volte maggiore rispetto al margine di vittoria di Biden nello stato. I democratici hanno conquistato entrambi i seggi al senato: la vittoria della presidenza e della camera alta non sarebbe stata possibile senza l’aumento dei voti degli asiatici.

Gli elettori asiatici oggi si sentono delusi dai democratici, e condividono il disagio nazionale a proposito dell’operato del presidente

L’affluenza di questo gruppo è cresciuta del 50 per cento tra le elezioni di metà mandato del 2014 e quelle del 2018, e di quasi un terzo dal 2016 al 2020. Si tratta del più consistente incremento di voti da parte di un gruppo etnico, oltre che di una delle principali cause delle vittorie dei democratici. “Siamo passati da un’esistenza ai margini al margine di vittoria”, spiega Judy Chu, parlamentare democratica della California.

Ma il 2020 è stato un anno insolito. La corsa presidenziale si è svolta nel contesto di attacchi razzisti diffusi contro gli asiatici. L’organizzazione Stop Aapi hate, Fermate l’odio contro gli Aapi, riferisce di aver ricevuto quasi undicimila denunce di episodi di discriminazione e odio contro gli asiatici americani tra il marzo 2020 e il dicembre 2021. Tra i fatti più violenti ci sono diverse sparatorie, tra cui quella in un salone di bellezza della Koreatown di Dallas e quelle nei centri benessere di Atlanta (dove sei vittime su otto erano di origine asiatica). Molti asiatici americani ritengono che l’insistente riferimento di Donald Trump al “virus cinese” abbia alimentato i sentimenti antiasiatici. “Ci ha fatto capire che il voto è la nostra unica possibilità di esprimerci”, spiega Stephanie Murphy, nata in Vietnam e rappresentante al congresso di un distretto della Florida. Il razzismo persiste anche se nel 2022 il nome di Trump non è più presente alle urne.

Tuttavia gli elettori asiatici oggi si sentono delusi dai democratici, e condividono il disagio nazionale a proposito dell’operato del presidente. I sondaggi di Economist/YouGov indicano che il gradimento di Biden tra gli asiatici è precipitato dal 66 per cento del luglio 2021 al 42 per cento del marzo 2022, prima di registrare un lieve incremento. Il declino, comunque, è stato più sensibile rispetto a quello registrato tra i neri e i latini. Durante lo stesso periodo anche la percentuale di asiatici convinti che gli Stati Uniti stiano percorrendo la strada sbagliata è aumentata più sensibilmente rispetto agli altri gruppi.

I sondaggi producono risultati altalenanti, ma diverse elezioni del passato evidenziano una tendenza comune. Nel novembre 2021 Glenn Youngkin, repubblicano, ha ottenuto la carica di governatore della Virginia. Gli amministratori della sua campagna elettorale hanno attribuito la vittoria anche alle preoccupazioni degli Aapi rispetto all’economia.

Un feudo conteso
Nel febbraio 2022 gli elettori di San Francisco hanno forzato la rimozione di tre esponenti progressisti dal consiglio scolastico, evidenziando la frustrazione degli Aapi per le politiche discriminatorie all’interno degli istituti che favoriscono gli alunni neri e latini a scapito degli asiatici (i cui punteggi scolastici sono migliori). A New York, città dominata dai democratici, nel 2021 un repubblicano si è candidato alla poltrona di sindaco basando la sua campagna sulla lotta contro il crimine. Il candidato ha perso nettamente le elezioni, ma ha conquistato quattro distretti dove si registra una forte concentrazione di cittadini di origine asiatica. “Il nostro partito farebbe meglio a interessarsi di più degli elettori #Aapi”, ha scritto su Twitter Grace Meng, deputata democratica del Queens. Queste tendenze lasciano prevedere che nel 2022 gli asiatici americani potrebbero favorire una rimonta dei repubblicani. Resta da capire se un guadagno marginale possa presagire un cambiamento più vasto. Gli asiatici si dimostreranno una componente affidabile della coalizione democratica, come lo sono gli ebrei americani? O si avvicineranno ai repubblicani come stanno facendo gli italoamericani?

Se votassero in base ai loro interessi socioeconomici, gli asiatici americani dividerebbero quasi equamente i loro voti

Esistono due motivi per ritenere che il partito repubblicano possa ottenere grandi benefici dal voto asiatico. Prima di tutto gli asiatici sono un gruppo molto vario: provengono da molti paesi, parlano più di cento lingue e praticano religioni diverse. Fino a poco tempo fa riconoscevano l’espressione “asiatici americani” unicamente come categoria per il censimento, in realtà si considerano giapponesi americani, coreani americani o vietnamiti americani. Gli asiatici di origine vietnamita, tra l’altro, costituiscono un gruppo a se stante vicino ai repubblicani, come i cubani tra i latini.

Secondo il Pew research centre, il 10 per cento più ricco degli asiatici americani guadagna più del decile più facoltoso degli altri gruppi. I migranti provenienti da India e Cina rappresentano una percentuale sproporzionata dei dipendenti del settore tecnologico e vantano tra i loro ranghi i capi di Adobe, Google, Microsoft e Zoom. Al contempo, però, il 10 per cento più povero degli Aapi sta leggermente peggio della media. Inoltre, il divario tra gli asiatici più ricchi e quelli più poveri si allarga più rapidamente rispetto al totale della popolazione. Il divario nel reddito è ancora più ampio tra i cinesi americani. Se votassero in base ai loro interessi socioeconomici, gli asiatici americani dividerebbero quasi equamente i loro voti. Nel 1992 una leggera maggioranza degli asiatici aveva votato per George W. Bush.

In secondo luogo, la comunità asiatica è l’unica tra i grandi gruppi razziali degli Stati Uniti composta in gran parte da immigrati: oltre il 60 per cento è nato all’estero (contro il 35 per cento degli ispanici, il 12 per cento degli afroamericani e il 4 per cento dei bianchi). Al ritmo attuale, nel 2060 ci saranno 46 milioni di asiatici americani, più di quanti siano oggi gli afroamericani. I repubblicani sembrano avere buone possibilità di conquistare il voto di molti dei nuovi arrivati.

Tuttavia gli immigrati tendono a schierarsi dalla parte della forza politica sostenuta dalla famiglia e dai vicini di casa (o in alternativa a ignorare la politica). Questo aspetto concede ai democratici un vantaggio iniziale. Durante gli anni tra il 2000 e il 2020, quando si è registrato un forte afflusso di asiatici, il partito delle minoranze è stato più presente rispetto ai repubblicani, vincolati dalle correnti xenofobe e nativiste. Secondo l’istituto di sondaggi Aapi Data, i democratici superano i repubblicani all’interno di quasi tutti i gruppi di asiatici, fatta eccezione per i vietnamiti-americani. Complessivamente gli asiatici americani che si identificano con i democratici sono il doppio rispetto a quelli schierati con i repubblicani.

Secondo Karthick Ramakrishnan, dell’università della California di Riverside, la svolta a sinistra degli asiatici cominciata nel 1996 costituisce il più grande cambiamento di orientamento politico da parte di un gruppo razziale negli Stati Uniti. Secondo Aapi Data il 43 per cento degli asiatici americani vorrebbe un maggiore intervento del governo e più servizi, mentre solo il 19 per cento chiede di ridurre la presenza dello stato e dei servizi. Oltre tre quarti degli asiatici americani sono favorevoli a un incremento dell’attività federale per contrastare il cambiamento climatico, mentre quattro quinti sostengono leggi più restrittive per l’accesso alle armi. Varun Nikore, dell’organizzazione per la raccolta fondi Aapi victory fund, ritiene che nonostante gli asiatici americani siano il gruppo etnico più eterogeneo del paese, in realtà votino e si organizzino in modo omogeneo come un blocco di inclinazione democratica.

Altre tendenze suggeriscono che i repubblicani incontreranno grandi difficoltà nel loro tentativo di dividere questo blocco. Gli asiatici americani in media sono più istruiti: più di metà è in possesso di un diploma di laurea, e tra gli indiani americani la percentuale sale al 75 per cento (la media nazionale è del 38 per cento). Il completamento della carriera universitaria è uno degli elementi che tendono a identificare un elettore democratico.

Gli asiatici americani sono leggermente più giovani rispetto alla media, ma l’età media degli Aapi nati negli Stati Uniti è di appena 19 anni, contro il 36 per cento della popolazione complessiva. Gli elettori più giovani tendono a votare a sinistra. Un sondaggio effettuato da Circle, un gruppo di ricerca legato all’università Tufts, ha riscontrato che un sorprendente 78 per cento degli asiatici americani di età compresa tra 18 e 29 anni ha votato per Biden nel 2020, venti punti percentuali in più rispetto ai giovani americani nel loro complesso. Gli Aapi nati negli Stati Uniti sono più vicini ai democratici rispetto ai nuovi arrivati. Dunque è probabile che la percentuale di elettori democratici tra gli asiatici americani aumenti nel corso del tempo.

In un momento in cui l’incidenza degli asiatici americani aumenta, entrambi i partiti devono impegnarsi per conquistare i loro voti. “Dobbiamo capire la loro posizione sui temi politici, senza affidarci alle politiche identitarie”, spiega Murphy. “Il partito repubblicano non è sempre stato accogliente nei confronti delle persone di tutte le etnie”, ammette Chen con imbarazzo. I repubblicani stanno prendendo di mira il blocco degli asiatici americani. Ma ancora non sono riusciti a scalfirlo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sull’Economist. Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede negli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.

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