05 febbraio 2024 15:58

Più o meno negli stessi giorni in cui in Italia si discuteva del limite di velocità a trenta chilometri orari nelle città, negli Stati Uniti uscivano articoli allarmati sull’aumento delle morti tra i pedoni. È uno di quegli argomenti su cui la società americana si distingue molto da quelle europee. All’inizio degli anni ottanta i decessi causati dalle automobili negli Stati Uniti sono diminuiti costantemente, come nel resto dei paesi sviluppati, ma poi, intorno al 2009, la tendenza ha cominciato a invertirsi. I morti sono da anni molti di più che in altri paesi occidentali. Ecco i dati del 2021 confrontati con la popolazione:

Stati Uniti: 336 milioni di abitanti e 7.300 morti tra i pedoni
Germania: 83 milioni di abitanti e 344 morti
Francia: 67 milioni di abitanti e 401 morti
Regno Unito: 67 milioni di abitanti e 369 morti
Italia: 59 milioni di abitanti e 471 morti

Sono state proposte varie teorie per spiegare i dati. Nessuna è del tutto soddisfacente, ma messe insieme aiutano a farsi un’idea del modo in cui gli americani concepiscono le auto, le strade e le città. Un primo elemento, spiega il New York Times, riguarda il buio, cioè le condizioni sulle strade dopo il tramonto. In genere la sera aumentano sia le persone che vanno a piedi per strada – dopo essere uscite dal lavoro, per andare in palestra, per fare la spesa – sia le automobili. “Al buio i pedoni sono difficili da vedere. In genere non indossano dispositivi o luci riflettenti e i loro vestiti sono spesso scuri. Inoltre, le strade americane non sono state progettate tenendo conto di questo rischio”. Questo elemento può contribuire a spiegare la differenza tra gli Stati Uniti e altri paesi. Ma non spiega perché le morti dei pedoni nel paese abbiano ripreso a crescere dopo il 2009. Cos’è successo in quel periodo?

La città senza automobili
Tokyo è una delle metropoli più grandi del mondo, ma nelle strade il traffico è quasi inesistente. Nonostante le differenze storiche e culturali, anche gli amministratori occidentali possono imparare molto dal suo esempio

Per prima cosa, spiegano i ricercatori, sono stati introdotti gli smartphone – il primo iPhone fu lanciato nel 2007 – e in generale è cambiato il rapporto tra le persone e la tecnologia. Posto che l’abuso di alcol, la velocità media al volante e la stanchezza alla guida non sono cambiati, la tecnologia ha sicuramente avuto un ruolo. Ma gli smartphone, e altre possibili distrazioni online mentre si è al volante, non esistono solo negli Stati Uniti. Quasi tutti i guidatori americani, però, hanno macchine con il cambio automatico, quindi hanno una mano libera con cui usare il telefono. “Solo l’1 per cento di tutte le autovetture nuove vendute nel 2023 negli Stati Uniti aveva il cambio manuale. In Europa il cambio manuale sta diventando meno popolare, ma è montato sul 70-75 per cento delle auto in circolazione. Secondo i dati raccolti da Cambridge Mobile Telematics, gli americani passano quasi il triplo del tempo a interagire con il telefono mentre guidano rispetto agli automobilisti britannici”. A peggiorare la situazione, l’uso dei telefoni alla guida raggiunge il picco nelle ore serali, sommandosi ai fattori di rischio legati al buio di cui parlavo poco fa.

Un altro fattore, sempre legato alle abitudini alla guida, riguarda il consumo di sostanze. I ricercatori notano che l’aumento delle morti sulle strade è coinciso almeno in parte con l’aggravarsi dell’epidemia da oppioidi e con la legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo in molti stati (anche se al momento ci sono pochi studi su come la marijuana condiziona la guida). Sembra che il problema sia peggiorato soprattutto durante la pandemia, quando è aumentato del 15 per cento il numero di guidatori che, sottoposti a controlli della polizia, sono risultati positivi ad almeno una sostanza.

Anche l’aumento dei senzatetto nelle grandi città potrebbe aver influito. Per le strade ci sono sempre più persone vulnerabili, che si muovono di notte spesso vicino a vie di transito pericolose. Nel 2021 a Portland sette su dieci delle persone morte investite erano senzatetto.

Black Bottom era un quartiere popolare di Detroit abitato soprattutto da afroamericani. Alla fine degli anni cinquanta fu demolito e sostituito dal quartiere residenziale di Lafayette Park e da un’autostrada. Le foto mostrano il prima e il dopo. (Michingan department of trasnportation)

Un’altra possibile motivazione riguarda le migrazioni interne. Negli ultimi anni tanti statunitensi sono andati a vivere a sud – in particolare Texas, Arizona e Florida – in città che si sono sviluppate nell’era del boom delle auto, a partire dalla seconda guerra mondiale. In quelle zone le infrastrutture per i pedoni sono scadenti o inesistenti, ci si sposta quasi solo in macchina su strade ad alto scorrimento. In Florida, dove la popolazione è cresciuta del 17 per cento dal 2009, le persone morte dopo essere state investite sono aumentate del 75 per cento. Differenze rilevanti emergono tra posti diversi negli stessi stati: ci sono molti più morti nelle periferie delle città, aree che nascono intorno a strade a scorrimento veloce e dove tendono a vivere famiglie a basso reddito.

Se le cause sono tante e toccano vari aspetti sociali, è chiaro che non si può affrontare il problema con una singola politica o un singolo provvedimento. Un primo indispensabile passo sarebbe introdurre misure che scoraggino la guida veloce e rendano le strade più sicure. Tecnologie con cui i guidatori europei convivono da tempo, come gli autovelox e le telecamere ai semafori, sono ancora poco diffuse negli Stati Uniti. Ha scritto il giornalista Matthew Shaer: “Molti americani sono ancora piuttosto contrari a questi strumenti. A sinistra si tende a condannare i sistemi automatici di applicazione della legge perché colpiscono in modo sproporzionato le persone nere e ispaniche, che spesso finiscono per accumulare debiti a causa delle multe non pagate; a destra spesso si rifiuta qualsiasi sistema che possa essere interpretato come una violazione delle libertà civili”. Negli ultimi anni 18 stati e il Distretto di Columbia hanno legalizzato gli autovelox e 22 stati hanno introdotto le telecamere ai semafori. Ma altri otto stati hanno adottato misure per vietare entrambe queste tecnologie.

Pete Buttigieg, segretario dei trasporti dell’amministrazione Biden, sta provando ad affrontare il problema. In particolare ha lanciato il Safe streets and roads for all, un piano che prevede di distribuire più di 5 miliardi di dollari in cinque anni alle città e ai comuni che hanno particolari problemi di sicurezza stradale.

Allargando lo sguardo, il problema delle morti tra i pedoni si inserisce in un discorso più grande che riguarda il modo in cui si vive in città. Molti centri urbani statunitensi si sono sviluppati, a partire dalla metà del novecento, intorno all’esigenza di facilitare gli spostamenti in macchina dei lavoratori della classe media tra il centro e le zone periferiche. Quell’approccio urbanistico portò a radere al suolo interi quartieri, su cui nacquero grandi arterie stradali, che ovviamente resero più pericolosi gli spostamenti a piedi (il caso di Detroit è il più clamoroso, come mostrano le foto in alto). Ora molti amministratori locali stanno provando a trasformare le città seguendo il paradigma opposto, riducendo le corsie per le auto o perfino distruggendo le grandi strade di accesso al centro urbano, pedonalizzando alcune aree, costruendo piste ciclabili e rafforzando i trasporti pubblici.

Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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